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Rigassificatore a Gioia Tauro, progetto fermo da 2012 ora riparte l’iter

A rilanciare il progetto era stato il 7 marzo scorso, visitando il porto di Gioia Tauro, il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, alla luce dell’esigenza di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico del Paese dopo le sanzioni alla Russia conseguenti alla guerra in Ucraina, poi il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha informato il Consiglio regionale che i contatti per la costruzione del rigassificatore a Gioia Tauro con Sorgenia, uno dei soci di Lng Medgas Terminal insieme a Iren, sono stati riavviati. Riparte, dunque, l’iter del progetto per la realizzazione dell’impianto nella città calabrese simbolo della mancata industrializzazione della Calabria fin dagli anni Settanta, quelli in cui si discusse l’illusoria ipotesi di impiantare il quinto centro siderugico nazionale. L’impianto si aggiungerebbe a quelli già funzionanti in Italia a La Spezia, Livorno e Rovigo. “Abbiamo tre rigassificatori che lavorano a circa il 60% della loro capacità di esercizio per via del bilancio energetico globale: questi possono a breve essere portati a un’efficienza superiore, quindi produrre più gas” ha spiegato recentemente il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, aggiungendo che altre infrastrutture saranno costruite nei prossimi 12-24 mesi. Si tratta di riportare allo stato gassoso il propellente reso liquido per consentirne il trasporto in navi cisterna. Riguardo al rigassificatore calabrese, la Regione non risponde alla richiesta di dati specifici. Il governatore si è limitato a informare il Consiglio che l’impianto “significa 1,3 o 1,8 miliardi di investimenti per la Calabria” e che sarebbe l’occasione fare della sua regione “un hub che produce un terzo dell’energia importata dalla Russia”, senza entrare nel merito. Ma il progetto, autorizzato nel 2012 dal ministero dello Sviluppo economico dopo aver acquisito i pareri necessari, è già noto e l’AGI è in grado di fornirne i dettagli. Andrà aggiornato, ma per grandi linee è quello già presentato. Le autorizzazioni acquisite a suo tempo sono ancora valide.

La Lng, società proponente, prevede la costruzione dell’impianto su un’area di circa 47 ettari che interesserà i comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno. La capacità di rigassificazione di gas naturale liquefatto (Gnl) sarà di 12 miliardi di metri cubi all’anno. Sono previsti a 4 serbatoi di Gnl di capacità unitaria di 160.000 metri cubi, mentre la lunghezza delle condotte criogeniche a doppio contenimento in acciaio speciale, per il trasporto del Gnl dal pontile all’impianto, sarà di circa 4 chilometri. La piattaforma di scarico sarà realizzata a circa 500 metri dalla costa con possibilità di ricevere navi fino a 270.000 metri cubi e si estenderà per 7 chilometri il gasdotto di collegamento con la rete della Snam. Secondo la società proponente, la possibilità di fare rifornimento rappresenterebbe un forte elemento di attrazione per le navi alimentate a Gnl che potrebbero preferire Gioia Tauro ad altri scali. Il progetto gode del consenso dei sindacati, allettati dalle possibili ricadute occupazionali. La Lng si impegna, infatti, a mettere a disposizione di frigorie per la piastra del freddo e per lo sviluppo di attività nell’area industriale retrostante al porto, quella che avrebbe dovuto ospitare il centro siderurgico rimasta praticamente inutilizzata. Ci sarebbero poi il rifornimento di Gnl a tutti i mezzi di movimentazione di terra e di mare (rimorchiatori) funzionali all’attività del porto con la distribuzione del gas liquefatto attraverso piccole navi metaniere che da Gioia Tauro potrebbero andare a rifornire altri depositi costieri. I tempi di realizzazione previsti quando il progetto fu presentato erano di circa 4 anni. In fase di costruzione dell’impianto si prevede l’impiego di circa 1.000 addetti, mentre a regime saranno impiegate 125 unità lavorative, con un indotto di 500 lavoratori.

La realizzazione della piastra del freddo renderebbe, inoltre, possibile la creazione di una filiera che potrebbe rilanciare la zona industriale valorizzando la vocazione agroalimentare della Piana di Gioia Tauro. Il segretario generale della Uil calabrese, nei giorni scorsi, parlando con l’AGI, aveva prospettato la possibilità di fare del comprensorio una sorta di Silicon Valley italiana. Il sindaco di Gioia Tauro, Aldo Alessio, si è detto favorevole, mentre quello di San Ferdinando, Andrea Tripodi, contesta il metodo seguito da Occhiuto, sebbene non opponga obiezioni di principio. Vorrebbe che i sindaci interessati fossero consultati, facendo rilevare che i Comuni di Gioia Tauro, San Ferdinando e Rosarno fornirono parere positivo mentre erano retti da commissioni straordinarie dopo lo scioglimento dei consigli per infiltrazioni mafiose. Restano le perplessità delle associazioni ambientaliste, secondo cui la piana di Gioia Tauro potrebbe ospitare altri sistemi di produzione energetica considerate più in linea con l’esigenza di tutela dell’ambiente. I tempi saranno comunque lunghi. Del progetto si discuteva già nel 2006. Presidente della Regione era Agazio Loiero che lo prospettò al Consiglio regionale nel mese di settembre dello stesso anno. “Se avesse avuto l’accelerazione che la giunta Loiero avrebbe voluto imprimere – ha ricordato nei giorni scorsi Pantaleone Sergi, portavoce dell’allora governatore – oggi la dipendenza così marcata dalle forniture di gas della Russia forse non ci sarebbe stata o almeno sarebbe stata nettamente minore”.

(AGI)

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