“La ricerca non è una spesa, è un investimento sul futuro ed è un grande elemento di supporto per la protezione civile che non è solo protezione ma anche prevenzione. Noi abbiamo messo sulla ricerca un miliardo e mezzo circa, 436 milioni di fondi italiano per la scienza e credo 90 e rotti milioni di euro per le infrastrutture. Il fondo di finanziamento ordinario, che comprende anche la ricerca, di quest’anno è aumentato di 336 milioni rispetto all’anno scorso”. Lo ha detto la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini intervenendo, all’Università della Calabria a Rende (Cosenza) all’iniziativa inaugurale della Settimana nazionale della Protezione civile 2025 a cui partecipano anche il capo della Protezione civile Fabio Ciciliano e il rettore Nicola Leone.
“Noi – ha aggiunto – viviamo in un Paese meraviglioso, stupendo, ma fragilissimo, dove abbiamo molti rischi che possiamo non solamente tentare di comprimere e supportare nel momento in cui si manifestano, ma soprattutto prevenire e contenere. Quindi prevenzione o diagnosi precoce di rischi come frane, alluvioni, e, purtroppo, terremoti. La forza della protezione civile è avere un grande aggancio con la ricerca che consente di comprendere prima, magari predisporre prima strumenti che facciano impattare meno o addirittura evitino eventi traumatici che purtroppo sono parte di questa meravigliosa, bellissima, ma fragilissima Italia”.
“L’invito ai comportamenti responsabili – ha detto la ministra – è rivolto a tutti, anche a me stessa. Mi attendo, come formatrice, come organizzatrice di un gruppo di formatori, un comportamento responsabile. I primi a essere responsabili devono essere i docenti. Gli studenti a volte possono permettersi di non conoscere le cose, ma i docenti, il ministro, devono essere responsabili, devono orientare, devono avere la capacità e la forza di spiegare le cose come stanno, non dare mai nulla per scontato, spiegare alle studentesse e agli studenti che stiamo vivendo un tempo complicato ma bellissimo, in cui stiamo formando per competenze, mestieri, lavori che in parte ancora non esistono, con tecnologie che si vanno formando strada facendo. Quindi dobbiamo essere noi stessi, per primi, elastici, flessibili. Dobbiamo saperli orientare, dire loro la verità, spiegare loro, per quanto ne possiamo sapere noi stessi, qual è il mondo che li aspetta, essere soprattutto multidisciplinari e capaci di intrattenere relazioni con il mondo. Questa secondo me è la prospettiva giusta e nessuno meglio della protezione civile può essere partner di questo orientamento”.