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“Il controllo dell’informazione”, a Catanzaro un convegno sui pericoli nell’era digitale

I pericoli che possono derivare da un’informazione monopolizzata nell’era digitale dei social network e le trappole che si celano dietro la categoria del “politicamente corretto” sono stati gli argomenti messi al centro del dibattito a più voci che ha coinvolto illustri esponenti del mondo della comunicazione. Uno scenario quello delineato durante il convegno “Il controllo dell’informazione” che a Catanzaro, nella Sala delle Culture di Palazzo della Provincia, ha richiamato l’attenzione di oltre 150 partecipanti sull’effetto che il flusso delle informazioni che vengono messe in rete o diramate dagli organi di stampa possano condizionare le relazioni sociali, modificare i comportamenti e i processi decisionali.

“Quasi tutto quello che ci viene detto non corrisponde alla realtà. L’introduzione di strumenti legislativi come Digital Services Act o Media Freedom Act cela la volontà di riscrivere i fatti. Le istituzioni suonano l’allarme che c’è bisogno di media certificati e di notizie verificate. Ma da chi? Ecco che i media di regime possono risolvere il problema, mentre la rete dove gira una grande qualità di informazioni deve essere controllata. L’intervento sulle opinioni però non rientra nei casi di ingiurie e diffamazioni ma semmai nella censura. L’ansia di regolamentare i contenuti online e, dall’altra parte, la beatificazione dei media mainstrem, che fanno da cassa di risonanza del potere, ha obiettivi ben precisi” ha spiegato la giornalista Martina Pastorelli nel suo intervento.

A vestire i panni dei “censori post- moderni” ci sono i Fact Checkers che con il loro operato disincentivano ogni pensiero dissonante. Su questo si è soffermato il filosofo Diego Fusaro. “La società liberale che evoca le libertà facendo unicamente riferimento alla libertà del mercato, in nome della quale è sempre pronta a sacrificare la libertà degli individui, è quella più chiusa dell’intera storia umana in cui si impone un ordine simbolico rispetto al quale non è lecito evocare il senso della critica e della discussione. La categoria del complottismo è una delle armi più vibrate dai gestori dell’ordine simbolico contro chi dissente svolge la funzione di disincentivare ogni dubbio rispetto alla narrazione egemonica. I censori sono esistiti sempre e nelle varie epoche hanno agito in nome delle istituzioni politiche o militari. Oggi stiamo assistendo alla privatizzazione della censura. Sono gruppi privati che operano censurando opinioni giudicate divergenti”.

Fusaro ha accennato poi alla questione delle fake news i cui autori sono sanzionati dal sistema. “Ma cosa sono le fake news? È una questione politica. Perché ogni visione politica è dissenziente rispetto a quelle dominanti. Chi può dire ad esempio che il teorema neo-liberale è alienante è falso è una fake news? È un’interpretazione e come tale ha il sacrosanto diritto di esistere nello spazio della discussione pubblica. Invece in nome dei fake checkers solo una lettura della realtà diventa possibile e le altre sono ostracizzate come fake news. Stiamo andando incontro a un totalitarismo digitale” conclude.

Dal canto suo il giornalista Francesco Borgonovo durante il dibattito moderato da Miriam Gualandri, ha portato la riflessione ancora oltre: “Se è vero che esistono piccoli gruppi che detengono il potere economico, politico e quindi controllano l’informazione è anche vero che in Italia esistono media alternativi su cui puntare ma rimangono di nicchia. Perché? Perché noi italiani siamo affetti da una forma di pigrizia mentale e non sappiamo uscire dai confini che ci vengono imposti. Non c’è il pubblico interessato a contenuti diversi da quelli convenzionali”.

Altro neo è quello delle tematiche valoriali orientate come ha sottolineato Jacopo Coghe, portavoce di “ProVita e Famiglia”: “Questo incide sulla libertà educativa delle persone e rimette al centro un giornalismo che vada alla ricerca della verità e non sia orientato politicamente”.

L’iniziativa rientra nel più vasto tavolo di confronto di “Se questo è l’uomo”, animato anzitutto da Cinabro Edizioni, ProVita e Famiglia e dalla rivista Fuoco, in continuità con gli appuntamenti che si sono svolti negli ultimi anni in diverse città italiane.

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