di Claudio Cordova – Una montagna che ha prodotto un topolino, o quasi. Arriva (finalmente) la sentenza sullo scandalo Rimborsopoli del Consiglio Regionale della Calabria, scoppiato ormai una decina d’anni fa. Ma, a fronte del grande clamore dell’epoca, sono poche, pochissime, le condanne in primo grado.
Il Tribunale presieduto da Silvia Capone ha infatti condannato gli ex consiglieri regionali Luigi Fedele (5 anni di reclusione), Gianni Nucera (4 anni), Pasquale Maria Tripodi (3 anni e 6 mesi), Alfonso Dattolo (4 anni e 8 mesi). Condannato anche l’ex senatore Gianni Bilardi a 4 anni e 8 mesi, nonché il suo fido scudiero, Carmelo Trapani, l’uomo immortalato con il televisore tra le braccia per i corridoi di Palazzo Campanella.
Finalmente, dunque, un punto giudiziario sull’inchiesta “Erga Omnes”, il maxi-fascicolo sulla gestione irregolare dei rimborsi in Consiglio Regionale, ribattezzato come “Rimborsopoli calabrese”.
L’inchiesta, coordinata dai magistrati Ottavio Sferlazza, procuratore aggiunto, Matteo Centini e successivamente Francesco Ponzetta, con la collaborazione della Guardia di Finanza, mise sotto la lente d’ingrandimento i bilanci pubblici regionali a partire dal 2010, portando alla luce presunte spese personali effettuate con fondi pubblici da parte di decine di esponenti politici. Il processo, dunque, con tempi elefantiaci, ha posto una prima pietra, con la verosimile prospettiva che, in futuro, si arrivi alla prescrizione per tutti.
La lista degli imputati rappresentava l’intero spettro politico calabrese del passato e non. Particolarmente emblematico il caso di Carmelo Trapani, uomo di fiducia di Bilardi, noto per aver tentato di “restituire” un televisore acquistato con fondi regionali in una surreale scena in Consiglio. Lo stesso Bilardi, nonostante fosse inizialmente protetto dall’immunità parlamentare, ha dovuto affrontare la richiesta di processo, con il Tribunale del Riesame che ha infine respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Procura.
Un altro nome rilevante era Diego Fedele, figlio dell’ex assessore regionale Luigi Fedele (nella giunta Scopelliti), coinvolto in un filone parallelo che riguarda l’uso di fondi pubblici per pranzi e cene in locali della zona, tra cui il noto ristorante “Le Macine” di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Salvato dalla prescrizione.
Ma, come detto, è lunga la sfilza delle assoluzioni: Giovanni Antonio Raso, Alfonsino Grillo, Nino De Gaetano, Ferdinando Aiello, Enzo Ciconte, Nicola Adamo, Emilio De Masi, Pietro Amato, Demetrio Battaglia, Bruno Censore, Mario Franchino, Mario Maiolo, Carlo Guccione, Antonio Scalzo e Francesco Sulla.
Assolti pure l’ex governatore, Agazio Loiero, l’attuale sindaco di Rende, Sandro Principe e l’ex presidente del Consiglio Regionale, Giuseppe Bova, quest’ultimo difeso dall’avvocato Francesco Mortelliti. Bova, in particolare, rispondeva come allora presidente del Gruppo Misto che, tuttavia, per la sua stessa natura, era gruppo a sé, dove non spettava al vertice il controllo sui singoli consiglieri provenienti da varie anime politiche.