In Italia, oltre 1 donna (28,3%) e 1 minore (29,9%) su 4 vivono in regioni con uno scarso accesso ai diritti fondamentali. Le donne registrano la performance peggiore (42,4 su 100), confermandosi il gruppo sociale più vulnerabile ed esposto a marginalizzazione e violazione dei diritti umani.
Le più penalizzate sono le donne con figli del Sud Italia, con un tasso di occupazione che non supera il 69,5% rispetto a quello delle donne senza figli. Maglia nera alla Sicilia, dove la percentuale scende al 61%.
E’ quanto emerge dalla quarta edizione di WeWorld Index Italia 2025 che analizza la condizione di donne, bambine, bambini e giovani e assegna all’Italia appena la sufficienza. Le donne registrano la performance peggiore (42,4 su 100), confermandosi il gruppo sociale più vulnerabile.
I dati del WeWorld Index Italia 2025 confermano anche il profondo divario tra Nord e Sud. Le regioni meridionali risultano le più carenti nell’implementazione di diritti fondamentali, come educazione e salute, ma anche in termini di condizione economica e partecipazione politica femminile.
Le madri del Sud sono le più colpite, non solo per le basse opportunità lavorative: la copertura dei servizi socioeducativi è ferma al 17,3% (contro l’obiettivo europeo del 45%), rendendo ancora più difficile conciliare lavoro e famiglia. Tuttavia, anche il Nord Italia non raggiunge livelli ottimali.
In cima alla classifica, la Provincia Autonoma di Trento si conferma leader, con un punteggio di 67,3, seguita da Friuli-Venezia Giulia (64,9) Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna (63,6), tutte in miglioramento rispetto al 2018. La Toscana, con un salto dal nono al quinto posto, raggiunge il 63,3.
Situazione critica per le regioni del Sud: Sicilia (38,3), Campania (39,4) e Calabria (41,8) si piazzano agli ultimi posti. Puglia e Basilicata al 17° e 18° posto con punteggi di 43 e 42,4.
Se i dati ricordano che l’Italia non è un Paese a misura di donne e minori, questa edizione evidenzia che non è nemmeno a misura di padri ma è un Paese a misura di uomini. Il rapporto mostra come il congedo di paternità e il congedo parentale per i padri restino per pochi: il primo è troppo breve, il secondo ha una retribuzione insufficiente.
“Le famiglie reali, fatte di madri che lottano per conciliare lavoro e vita privata, di padri che vorrebbero ma non possono essere presenti, di bambini e bambine privi di servizi essenziali, restano fuori – afferma Dina Taddia, consigliera Delegata di WeWorld – dalle priorità del Paese. Per non parlare delle famiglie non tradizionali, monoparentali, con background migratorio, omogenitoriali, i cui bisogni restano completamente ai margini. Il WeWorld Index Italia 2025 lo conferma: l’Italia non sta investendo abbastanza su infanzia e famiglie. Servono politiche strutturali, non misure spot, che garantiscano pari opportunità a donne, bambine e bambini, a partire da un accesso equo ai servizi educativi e sanitari e da un impegno concreto per redistribuire il lavoro di cura”.
La presentazione del rapporto è stata anche l’occasione per consegnare ai rappresentanti istituzionali le oltre 70.000 firme, raccolte su change.org con la petizione promossa da WeWord e ‘Mammedimerda’ per rimodulare il calendario scolastico italiano.