“Oggi si parla tanto di AV, di nuove connessioni alle reti TEN-T CORE, di intermodalità delle basi logistiche sullo scacchiere europeo e mediterraneo, di imprimere una forte velocizzazione al collegamento tra la Calabria (o almeno alcune parti di essa) e le principali aree di mobilità del Paese. Poco, se non per nulla, di contro, si discute della necessità di armonizzare le correlazioni fra le aree insite al contesto regionale. Una visione più coerente delle dinamiche socio-economiche che potrebbero crearsi dalla interdipendenza strutturale tra ambiti affini e omogenei, andrebbe fatta. Almeno per rompere steccati ideologici, superati dalla storia e dai fatti, che vogliono gli abitanti di un determinato territorio conoscere a stento le contingenti problematiche dell’area in cui vivono. Lungo l’Arco Jonico, poi, i richiamati steccati acquisiscono una valenza ancor più marcata. Non sarebbe azzardato, infatti, sostenere che, quasi a cadenza giornaliera, il brogliaccio delle inutilità acquisisce ulteriori capitoli che concorrono efficacemente alla stesura del libro dell’assurdo. Da un lato si trova il tempo per discutere di un quarto aeroporto, a fronte di una demografia regionale che non giustificherebbe neppure i tre attualmente presenti. Dall’altro si tace riguardo al terzo restyling sulla tratta A2 Cosenza-Altilia o del raddoppio della Santomarco che porterà i tempi di percorrenza dal centro di Cosenza a Paola a circa 7 minuti, mentre nulla si dice del definanziamento delle opere complementari (sottopassi e cavalcavia) alla velocizzazione del binario jonico o dei paventati progetti di ammodernamento della Statale 106 finiti nel limbo del dimenticatoio. Tanto nella Sibaritide quanto nel Crotonese, ormai, trionfano atteggiamenti compassati e remissivi. Gli unici momenti di passione politica, invero, si riducono a effimere attestazioni di fedeltà alle relative scuderie di appartenenza. Poco importa, poi, se quelle scuderie vengono cambiate e ricambiate alla velocità della luce. Del resto, ormai, i partiti si stanno trasformando sempre più in comitati elettorali che guardano con attenzione solo alle prossime campagne elettorali e poco si interessano della pianificazione politica o di fornire prospettive di crescita nelle aree in cui operano, ma tant’è.
Calabria: un sistema di collegamento tra aree inefficiente e inefficace
L’unica logica finora utilizzata nei processi di mobilità che hanno caratterizzato la Calabria ha risposto soltanto a deviate visioni centraliste che hanno favorito le comunicazioni tra determinati ambiti, condannandone all’isolamento altri. Tale dato, se raffrontato a quello di altre Regioni meridionali, dimostra una discrasia tra la punta dello stivale e altri Enti amministrativi. Nei casi campani e pugliesi, pur essendo maggiore (rispetto la Calabria) il distacco tra le aree componenti i relativi mosaici sistemici regionali, si riducono i tempi di tragitto tra un ambito e l’altro. In Calabria, invece, seppur in presenza di minori distanze tra contesti, si dilatano gli intervalli di percorrenza. Quanto esposto rende la nostra Regione un ecosistema di cloni ed accozzaglie in cui ogni territorio, talvolta senza neppure i minimi requisiti demografici per definirsi tale, vorrebbe ogni servizio sotto casa. Ciò detto, a giustifica della difficoltà a spostarsi da un ambito all’altro e, soprattutto, considerata la mancata conoscenza capillare del territorio regionale nel suo insieme. Giocoforza, la sfida di propagare i rapporti di funzione geografica delle aree omogenee rivestirebbe un ruolo fondamentale per portare questa Regione ad essere competitiva sullo scacchiere nazionale, internazionale e, soprattutto, nei nuovi equilibri geo-politici mediterranei.
L’organizzazione dei servizi di mobilità per ambiti ottimali, omogenei e demograficamente rappresentativi
La concentrazione dei servizi e dei sistemi di mobilità sostenibile, quindi, andrebbe armonizzata in maniera tale che gli agglomerati demografici compresi tra i 350 ed i 450mila abitanti rappresentino i distretti di riferimento per il cittadino. Sanità, giustizia, mobilità, logistica, non possono continuare ad essere disposti in maniera spesso ripetitiva e duplicata in alcune aree e rappresentare invece chimere per altre. Tutto ciò, fra le tante, contribuisce anche a congestionare e ingessare detti servizi nelle capitali storiche del centralismo, non fornendo, neppure dove presenti, un sistema organizzato e rispondente alle esigenze della popolazione. Motivo per cui, tale impianto, risulta percepito come inefficiente, improduttivo, inutile e funzionale solo all’ingrassamento delle burocrazie malate e deviate che gozzovigliano come avvoltoi sulle spalle del Sistema Paese.
Va tenuta in debita considerazione, altresì, che la popolazione della Regione si attesta intorno a 1.8Ml d’abitanti: una cifra ridicola se parametrata a quella di altre realtà, anche, contermini alla nostra. Quanto esposto non invoglia e non invoglierà mai i mercati a considerare la nostra terra come un buon investimento. Sommando, anche, la mancanza di una pianificazione industriale-aziendale e la costante emorragia demografica, la Regione appare sulla via della deriva.
La Calabria e i contesti regionali del nord: l’inefficienza contro l’organizzazione
Le Regioni del nord, negli anni, hanno costruito reti di interdipendenza tra le aree che le compongono. Nel caso del Veneto, l’Ente, ancor prima di porsi il problema della globalizzazione interregionale, si è mobilitato riguardo la necessità di armonizzare, senza duplicare, i servizi e le peculiarità in ambito regionale. L’area lagunare si è specializzata nei servizi turistici, mentre nel Trevigiano è stata favorita la piccola media impresa nel settore vitivinicolo. A Padova, invece, si è sviluppato un distretto sanitario di qualità e l’ambito bellunese ha risposto con la creazione di un’offerta peculiare degli sport invernali. Ecco, quindi, una biogeocenosi che è riuscita a mettere in connessione tutte le aree regionali, in sussidiaria interdipendenza, attirando flussi anche da aree extraregionali e costruendo con le Regioni contermini politiche di sviluppo comuni.
In Calabria, invece, vige ancora un sistema semifeudale, demograficamente ridicolo, qualitativamente incomparabile ad altre Regioni e intriso di atteggiamenti anacronistici e di facciata. In questo sconquassato ambiente geo-politico, i termini utilizzati nella nomenclatura delle Aree appaiono totalmente inappropriati e ridicolmente ingigantiti. Utili, forse, a giustificare un’ostentata superiorità insita solo nelle piccole menti di chi la pensa.
È la correlazione e il bilanciamento tra aree a interesse comune che restituisce grandezza ad un sistema regionale, non il contrario.
Il ruolo della Politica e la necessità di svecchiare un sistema amministrativamente improduttivo
Il Governo dell’Ente calabrese dovrebbe interrogarsi su quali vantaggi abbia portato un apparato amministrativo interno caratterizzato da diffusi fenomeni centralisti e spicciati processi diseconomici tra aree della stessa Regione. Andrebbe posto rimedio a una condizione scriteriata che ha generato povertà nelle aree joniche, potenzialmente fra le più produttive dell’intero Mezzogiorno. Superare l’attuale paradigma degli Enti intermedi, impostato su visioni antiquate e inefficienti, riallacciando i rapporti economici con aree affini e contermini anche di altre Regioni, sarebbe il minimo sindacale da cui partire. Operazioni d’apertura e rottura degli steccati, artatamente costruiti dai dettami centralisti, aiuterebbe notevolmente la Calabria ad uscire dalla condizione di cenerentola che si è costruita negli anni.
Se si vorrà tamponare la dilagante forza centrifuga in atto dalla Regione e spiccatamente dai contesti jonici, sarà necessaria una forte presa di posizione e il coraggio di riformare un sistema inadeguato, malato, deviato e attento solo alla forma, pur nella consapevolezza di essere totalmente deficitario nella sostanza”.
Così in una nota il Comitato Magna Graecia.