Solo il 15% dei bambini in Italia accede alle cure palliative e la terapia del dolore non è monitorata nel Nuovo Sistema di Garanzia dei Lea. Le cure palliative sarebbero necessarie per quasi 600mila persone l’anno (nell’84% dei decessi), ma la copertura risulta ancora insufficiente (secondo i dati del ministero della Salute più recenti circa una persona su 3) anche per i soli pazienti oncologici.
E non è un dato che riguarda solo la popolazione anziana: tra i minori solo il 15% di chi ne ha bisogno (circa 30.000) le ottiene. Lo rileva Salutequità che, attraverso il suo Osservatorio, anche alla luce anche della vicenda di Indi, vuole riportare l’attenzione sul tema della difficolta’ per molti malati in Italia di accedere di cure palliative.
Tutte le Regioni avrebbero dovuto realizzare la Rete di cure palliative, secondo quanto previsto dalla legge 38/2010, ma a distanza di 13 anni due regioni a dicembre 2021, secondo le rilevazioni dell’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, non avevano l’avevano istituita: Abruzzo e Marche. Tutte le reti esistenti dichiarano di prendere in carico pazienti oncologici e non oncologici; 14 non avevano attivato la procedura di accreditamento.
La situazione è sensibilmente peggiore per le cure palliative pediatriche, che non risultava istituita in otto Regioni: Abruzzo, Calabria, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Umbria, Valle d’Aosta. Per la terapia del dolore invece, in assenza di dati istituzionali, viene in soccorso il censimento SIAARTI, la societa’ scientifica degli anestesisti e rianimatori, che nel 2021 ha rilevato 305 centri di terapia del dolore non oncologico, anch’essi collocati in modo eterogeneo sul territorio: 164 al Nord, 64 al Centro e 77 al Sud.
“I dati sulle cure palliative pediatriche – commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità – sono irricevibili per un Ssn che dichiara di mettere al centro l’umanizzazione dell’assistenza. Su un fatto così grave, dopo l’acquisizione del dato ci aspettiamo interventi concreti e risolutivi in tempi brevi, perché quelle famiglie tempo da perdere non ne hanno”.