Ad aprire il dibattito della seduta di Consiglio comunale sull’autonomia differenziata è stato il capogruppo del PD Francesco Alimena che, come primo firmatario dell’ordine del giorno in discussione, ha dato lettura, in apertura di seduta, del documento presentato alla Presidenza.
Un documento nel quale si è chiesto al Sindaco Franz Caruso e al Presidente del Consiglio comunale Giuseppe Mazzuca, anche in esecuzione della deliberazione approvata dallo stesso Consiglio, di intraprendere ogni iniziativa politica utile e necessaria volta a costruire un fronte unitario di amministrazioni maggiormente orientate verso una forma solidale di federalismo che possa interloquire con il Governo per arrivare ad incardinare un dibattito parlamentare che dia concreta cittadinanza a tutte le diverse opinioni espresse. Nel documento illustrato da Alimena si è anche avanzata la richiesta di verificare, insieme all’ANCI, l’effettiva costituzionalità del disegno di legge Calderoli, tenendo conto delle intrinseche contraddizioni tra lo stesso ddl e lo spirito perequativo e solidale insito nella Carta Costituzionale.
Al Sindaco e al Presidente del consiglio comunale è stato, inoltre, chiesto, di farsi portavoce con ANCI della necessità dell’organizzazione di un fronte unitario dei sindaci della provincia di Cosenza e di investire la delegazione parlamentare calabrese al fine di elaborare una proposta politica di non mera contrapposizione, ma di vero rilancio del superamento del divario Nord-Sud che garantisca un sufficiente plafond di risorse non tanto per compensare i danni del federalismo, quanto per riallineare gli attuali livelli di sviluppo della Calabria alle restanti Regioni d’Italia.
Le richieste che Alimena, anche a nome degli altri consiglieri che hanno apposto la loro firma al documento, ha avanzato nel corso della seduta, sono state supportate da una serie di motivazioni esplicitate nel testo dello stesso documento. Si fa riferimento ai “rischi legati a un processo secessionista applicato in maniera rigida e unilaterale, senza l’opportuno previo confronto con le assemblee legislative degli enti locali nelle sedi istituzionali preposte, così come alla mancanza di unanimità in sede di Conferenza Stato -Regioni visto il voto contrario di 4 regioni, di cui due del Nord, alcune delle quali inizialmente interessate a condividere il processo federalista.
Nel documento anche il riferimento alla indeterminatezza degli obiettivi e delle ricadute attese nella fissazione dei LEP per come oggi programmata, e cioè affidata a una cabina di regia di sola maggioranza e a un commissario meramente tecnico, che non può sostituire le funzioni del Parlamento in tale materia. Per Alimena e gli altri firmatari “le regioni del Sud patirebbero dall’applicazione del ddl Calderoli, per come oggi strutturato, una forte situazione di divario”.
E “fortemente leso sarebbe il carattere fondante del principio solidaristico, atteso lo spirito della Carta Costituzionale che prevede la Repubblica come unica e indivisibile”. Nel documento si tiene anche conto della necessità che lo sviluppo del paese passi dal colmare il divario Nord -Sud al fine di non circoscrivere le sorti delle popolazioni del Sud a un mero calcolo matematico, bensì agganciandolo a slanci di ben più elevata caratura materiale e morale, premesso, inoltre, che l’attuale indeterminatezza ed indeterminabilità dei LEP ricondurrebbe di fatto al criterio della spesa storica, non garantendo l’innalzamento dei servizi ma, di contro, la cristallizzazione degli stessi ai livelli storici dei vari territori fortemente differenziati tra Nord e Sud d’Italia”.
Subito dopo è intervenuto il consigliere comunale Giuseppe Ciacco. “C’è qualcuno, qui in Calabria – ha esordito – che da un alto podio istituzionale, parlando di autonomia differenziata, ha tronfiamente dichiarato: “dico con determinazione ‘no’ a un Sud che scappa in ritirata davanti alle sfide”. Una mistificazione per davvero, pacchiana. Il Sud non scappa in ritirata. Il Sud dice “no” a una partita truccata.
E, quella, in atto, è una partita truccata” – ha aggiunto il consigliere Ciacco.
Ciacco si è detto “molto legato all’idea di un Paese che si sviluppa, anche attraverso le autonomie territoriali, benefiche e provvide forme di autogoverno delle comunità. Ci vuole, però, una buona autonomia”. Quindi ha rimarcato come il ddl Calderoli sia “intriso di beceri rigurgiti eversivi e secessionisti”. “Il disegno di legge del leghista Calderoli – ha sottolineato ancora -non introduce semplici modifiche. Viceversa, disegna una complessiva riorganizzazione delle responsabilità, su tutte le principali politiche, economiche e sociali. In definitiva, quel disegno di legge trasforma, radicalmente, gli assetti di potere. E li trasforma, destituendo il Parlamento, facendo divampare un fragoroso corto circuito eversivo”.
Il Consigliere Ciacco ha detto che c’è di più perché “a norma della Costituzione, le Regioni possono chiedere le competenze previste dall’articolo 116, ma sta al Parlamento, considerando l’interesse nazionale, decidere se e quali competenze concedere. Con il disegno Calderoli – ha detto ancora Giuseppe Ciacco – le Regioni possono chiedere tutte le competenze, senza spiegarne le ragioni e senza che il Parlamento possa interloquire. In sintesi, significa cambiare la Costituzione senza il processo rinforzato previsto dall’articolo 138”.
Insomma, per Ciacco “la proposta Calderoli frantuma l’unità e la coesione del Paese”. “Individuare i meccanismi di finanziamento delle Regioni e, ancor più, determinare i “livelli essenziali delle prestazioni”, significa definire quali sono i reali diritti sociali, esigibili da ogni cittadino italiano. Da ogni cittadino italiano. Dal cittadino calabrese, così come dal cittadino lombardo. Significa destinare risorse, adeguate e proporzionate, per far sì che questi livelli siano raggiunti in tutto il paese. Da Aosta a Trapani.
Insistere sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni previsti nell’articolo 117 della Costituzione e finora mai precisati, – ha detto ancora il consigliere Ciacco nel suo intervento -è davvero un provvedimento caritatevole nei confronti dei meridionali? O non è, invece – si è chiesto – uno dei pilastri della definizione della cittadinanza in un moderno Paese europeo con forme di decentramento? Nelle esperienze di tutti i Paesi, non c’è decentramento, senza perequazione delle basi fiscali e senza l’idea che quando si nasce si gode di diritti fondamentali, in materia di salute, di istruzione, di assistenza, in quanto italiani, e non perché si ha la ventura di nascere a Reggio Emilia invece che a Reggio Calabria”. Secondo il consigliere Ciacco “l’autonomia regionale differenziata è questione politica enorme e riguarda il ruolo e il funzionamento dello Stato, come i principi delle politiche pubbliche e i diritti di cittadinanza. Non riguarda la compassione verso il Mezzogiorno”.
Ciacco guarda con grande diffidenza al progetto contenuto nel ddl Calderoli. “Se passasse il progetto delle destre cambierebbe il disegno generale del paese che sarà irriconoscibile e diverso da qualsiasi altro nel mondo, con un potere statale ridotto al lumicino, le città schiacciate dalle regioni e le Regioni-Stato che andrebbero ciascuna per conto proprio. Le regioni avrebbero poteri, del tutto, simili a quelli di uno stato sovrano. Ci sono materie- ha sottolineato Giuseppe Ciacco – sulle quali una democrazia unitaria non può negoziare. Le competenze sulla sanità, sull’energia, sulla scuola, sulle infrastrutture, sull’ambiente, sul lavoro non possono diventare oggetto di declinazione regionale. Il regionalismo differenziato può essere emancipativo se rafforza l’unità della Repubblica e se consente al Parlamento di conservare un sostanziale ruolo di decisione. Il disegno di legge Calderoli è, invece, eversivo e secessionista. Perciò deve essere cestinato”.
Contributi significativi al dibattito sono venuti anche dalla società civile, dal sindacato e da altri rappresentanti istituzionali.
Subito dopo il consigliere Ciacco, è intervenuta Rosa Principe del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, associazione nazionale che si propone di contribuire all’attuazione della Costituzione oltre che alla sua difesa, attraverso diverse iniziative. “Oggi – ha detto Rosa Principe – stiamo portando avanti la battaglia contro l’autonomia differenziata, contro il DDL Calderoli, un disegno di legge per l’attribuzione di una maggiore autonomia per le regioni che la richiedono”.
Principe ha sottolineato, inoltre, che “il progetto del ddl Calderoli segna la fine dello Stato delineato dalla Costituzione per far nascere un’Italia di” 20 piccole signorie” attraverso una vera e propria “secessione dei ricchi” secondo la ormai famosa definizione dell’economista, Prof. Gianfranco Viesti. Non più quindi la Repubblica “una e indivisibile” come recita l’art. 5 Cost. ma una frammentazione dello Stato, nello stravolgimento completo dello spirito della Costituzione nella quale l’autonomia ha il senso di avvicinare i cittadini alle istituzioni”. Per Rosa Principe “la riforma è rimasta nei cassetti per 20 anni, ma oggi ha avuto un’accelerazione preoccupante.
Il Veneto ha chiesto la competenza esclusiva su 23 materie, la Lombardia su 20, l’Emilia Romagna 16. Oggi tutti noi, istituzioni e cittadini – ha detto inoltre la rappresentante del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale – dobbiamo decidere quale tipo di stato vogliamo! Dobbiamo essere coscienti che l’autonomia differenziata aprirà le porte alla privatizzazione dei servizi pubblici e alla fine del welfare. I ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri: la forbice si allarga e la diseguaglianza diventa legge”.
Ogni regione – ha aggiunto – avrà la sua sanità e abbiamo visto, durante la pandemia il disastro della gestione regionale della sanità ed in particolare del modello Lombardia. Ogni regione avrà la sua scuola asservita alle esigenze del proprio territorio. Questo è gravissimo! La scuola crea l’identità del Paese, crea le coscienze e i cittadini!”.
La strenua opposizione al DDL Calderoli il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale lo ha esplicitato attraverso un disegno di legge di iniziativa popolare, redatto dal gruppo dal gruppo di costituzionalisti italiani (al quale ha partecipato anche il Prof. Silvio Gambino), presieduto dal Prof. Massimo Villone che propone la modifica degli artt. 116 , 117 della Costituzione e “che il Parlamento – ha detto ancora Rosa Principe nel suo intervento -dovrà discutere obbligatoriamente, stante l’ultima modifica in tal senso del regolamento del Senato, costringendo, in ogni caso, le forze politiche a prendere una posizione netta e chiara in merito. I punti salienti del DDlL Villone sono quelli di riportare nella potestà esclusiva dello Stato materie strategiche per il Paese come sanità, scuola e Università, trasporti, porti e aeroporti, infrastrutture, lavoro, previdenza; ridefinire i livelli “essenziali” di prestazioni come livelli “uniformi” di prestazioni per garantire gli stessi da Nord a Sud superando il criterio della spesa storica; restituire la centralità al Parlamento che dovrà approvare la legge, potendola discutere ed emendare; prevedere la possibilità di un referendum costituzionale data la modifica della costituzione e la possibilità di un referendum abrogativo per restituire sovranità ai cittadini e al popolo sovrano.
Per fare tutto questo abbiamo bisogno di raccogliere 50.000 firme ma speriamo di andare oltre. E’ questa – ha concluso Rosa Principe – una battaglia che dobbiamo portare avanti tutti insieme, cittadini ed istituzioni, consiglieri di maggioranza e di minoranza al di là delle appartenenze politiche! E’ in gioco il nostro futuro, il futuro della Calabria, il futuro dell’Italia!”. La parola è poi tornata ai consiglieri comunali con Gianfranco Tinto.
“Il problema cruciale – ha esordito Tinto – è che la proposta Calderoli potrebbe assicurare molti più finanziammenti alle regioni del Nord che già dispoongono di maggiori risorse rispetto a quelle del Sud. Uno dei punti più contestati è quello relativo – ha aggiunto Gianfranco Tinto – al finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Purtroppo, secondo il disegno di legge, che assegna al Governo un anno di tempo per decidere i LEP, le Regioni potranno raggiungere un’intesa anche senza il decreto del Presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire l’entità degli stessi Lep, distribuendo così i finanziamenti in base alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia”. Per Tinto tutto questo “assicurerebbe maggiori finanziamenti alle regioni del Nord, in quanto hanno più risorse e una spesa storica più alta, e meno a quelle del Sud la cui spesa storica è più bassa. E questo non farebbe altro che accentuare il divario, già esistente, tra regioni del Nord e quelle del Sud. Con ripercussioni sui diversi settori, a partire dalla scuola per continuare con la sanità, la mobilità ecc.”.
Gianfranco Tinto ha ritenuto utile chiarire, una volta per tutte, che “il disegno di legge non specifica neanche le modalità con cui attivare le richieste di autonomia, lasciando al Governo il compito di elaborare l’intesa tra Stato e Regione, per poi inviarla alla Regione per essere approvata. Il Parlamento non avrebbe alcuna voce in merito, perché il Consiglio dei ministri dovrebbe presentare alle Camere solo un disegno di legge per approvare l’intesa, insuscettibile di modifiche ad opera dei deputati e senatori, di fatto esautorando l’organo legislativo”.
Per tutte le ragioni che ha esposto il consigliere Tinto ha chiesto, infine, al Sindaco Franz Caruso, di dare voce al dissenso e di opporsi con forza al disegno di legge Calderoli.
Nell’intervento immediatamente successivo, il Sindaco di Acri Pino Capalbo ha portato il suo contributo al dibattito “per dare qualche suggerimento, evitando di far apparire la discussione come una contrapposizione di carattere politico”.
Capalbo ha ricordato che il Consiglio comunale di Acri si è pronunciato sull’argomento il 6 marzo scorso, approvando un documento all’unanimità che è andato al di là delle appartenenze politiche. “Vanno superati gli steccati politici – ha aggiunto – perché si sta attuando un disegno che viene da lontano e che disegna due Italie a velocità diverse”.
Voce fuori dal coro quella del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Francesco Spadafora. “Al contrario di quello che hanno sostenuto i consiglieri Ciacco e Tinto – ha detto Spadafora – la proposta del ddl Calderoli non può che essere un’opportunità. Il Governo da mesi avviato un percorso per eliminare i divari che oggi esistono tra territori e garantire a tutti i cittadini e in ogni parte d’Italia gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi”. Quindi, Francesco Spadafora ha evidenziato che “la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Questo provvedimento declina il principio di sussidiarietà e dà alle regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi. D’altra parte – ha aggiunto il consigliere di Fratelli d’Italia – oggi non è più possibile fare intese con le Regioni se prima non si definiscono i LEP, i diritti sociali e civili, garantiti secondo fabbisogni standard. Lo dice chiaramente l’art.4 nel nuovo testo, che tradotto sta a significare: non si fa l’autonomia differenziata se prima non si definiscono i LEP”.
Per Francesco Spadafora “occorre quindi un dibattito costruttivo che non può avere solo connotati politici, ma che deve essere accompagnato da riflessioni di carattere culturale soprattutto qui dove si fanno ancora i conti con un regionalismo mai effettivamente compiuto. E’ indubbio che il tema centrale deve essere quello di non sacrificare sull’altare di una grande riforma diritti e perequazione del Sud del Paese. Ed è per questo – ha aggiunto Spadafora – che realizzare un federalismo regionale non deve essere un tabù. Certamente occorre lavorare ad un federalismo efficiente e solidale, rispettoso della Costituzione, superando, ad esempio, il criterio della spesa storica, soprattutto in materia socio-assistenziale. Ma la grande intuizione, invece, potrebbe essere quella di far maturare nuove opportunità rispetto ad una riforma che nel dibattito pubblico sembra dare per spacciata la nostra regione”. Francesco Spadafora si appella alla forte sinergia istituzionale “per far maturare una riforma che corregga errori, squilibri tra territori e penalizzazioni per il Meridione. “Se non si cambia ora – ha concluso – quando si cambia per la Calabria?”
Nel successivo intervento il consigliere comunale Aldo Trecroci ha messo in luce “le evidenti contradddizioni nelle quali cade il disegno di legge Calderoli, soprattutto quando parla dei LEP che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Occorre – ha precisato -eliminare diseguaglianze e differenze”.
E’ stata poi la volta del segretario generale della Uil Cosenza Paolo Cretella. “E’ importante affrontare questo argomento – ha detto – perché questa è una riforma che impatta sul Paese. C’è, però, bisogno di superare la contrapposizione partitica e concentrarsi su cosa sia il ddl Calderoli e su cosa preveda, entrando nel merito”. Per Paolo Cretella “il ddl Calderoli non sembra faccia ciò che ci viene raccontato, perché esautora il Parlamento e divarica ulteriormente il Paese. Avremo sempre un’Italia di serie A e una di B. Il Paese non cresce, se non cresce anzitutto il Sud. Ci dispiace- ha concluso Cretella – che il Presidente della Regioe Calabria Occhiuto si sia espresso in un certo modo nella Conferenza Stato-Regioni. E’ un disegno di legge mal concepito, perché è manchevole di tutta la parte perequativa”.
E’ poi intervenuta la consigliera comunale Bianca Rende che ha parlato subito di “giornata importante perché il Consiglio comunale affronta un problema politico cruciale per il presente e il futuro del Paese. Siamo qui per esprimere – ha aggiunto – una linea politica in vista dell’incontro che il Sindaco di Cosenza avrà il 17 marzo a Napoli insieme agli altri Sindaci del Mezzogiorno e di altre realtà d’Italia. Il Consiglio deve offrirgli la propria posizione, approfondendo gli aspetti di natura politica”. Bianca Rende ha espresso condivisione su quanto detto dal Sindaco di Acri Capalbo.
“L’obiettivo deve essere quello di evidenziare le criticità della riforma perché bisogna arrivare all’unanimità delle visioni. Noi dobbiamo proporci – ha aggiunto Bianca Rende – di spaccare il fronte della destra isolando quella destra salviniana che da sempre alimenta il proprio consenso su temi antimeridionalisti da quello che è il resto della coalizione di centrodestra. Ci sono nel ddl – ha rimarcato Rende – delle criticità di natura giuridica e almeno tre elementi di dubbia costituzionalità”. E Bianca Rende ha messo in luce i limiti più evidenti: anzitutto nella definizione dei LEP perché è una definizione indeterminata. Non tutte le prestazioni e i servizi diritti e sociali sono misurabili e traducibili in livelli e una volta definti questi livelli bisogna capire se quello che viene definito è un punto di arrivo o di partenza.
Questi termini di essenzialità sono particolarmente evidenti in settori come la sanità e la scuola. Nella scuola in particolare – ha aggiunto la consigliera Rende – si rischierebbe di avere un sistema non più unitario, ma nel quale il rischio è non solo quello che riguarda gli stipendi dei lavoratori della scuola che rappresenta la prima fabbrica d’Italia, ma anche di creare condizioni differenti con una miriade di sistemi d’istruzione che potrebbero aggredire al cuore il Dna culturale del Paese perché è nella scuola che si formano le coscienze civili. Andremmo quindi ad inoculare una forma di separatismo nei programmi scolastici. Verrebbe bypassato il ruolo del Parlamento perché grande enfasi viene data alla cabina di regia che è costituita da nomine di tipo ministeriale che hanno tempo 6 mesi superati i quali si accede alla nomina del commissario”.
Rende ha definito la riforma propugnata dal ddl Calderoli una riforma portata avanti a colpi di maggioranza. Un altro punto di dubbia costituzionalità – secondo Bianca Rende – è quello che sottopone il finanziamento di queste prestazioni al residuo fiscale e cioè ad una sorta di autonomia nella gestione di quello che è il residuo all’interno di ogni regione. Questa questione del regionalismo differenziato si inserisce in una dimensione ben più ampia e ben datata che riguarda la funzione stessa del regionalismo. La verità è che le regioni, da quando sono state istituite, non hanno mai funzionato.
Aver fatto degli errori in passato – ha aggiunto Bianca Rende – non significa continuare a farne degli altri. Significa invece chiedere e rivendicare quello che è un bisogno di equiparare dei settori di sviluppo. Per fare questo dobbiamo partire dal funzionamento delle regioni. Anche Il PNRR si è tradotto in un inganno perché sono venute solo in parte nel Mezzogiorno, mentre dovevano esserlo in maniera preponderante e poi perché i comuni sono in ginocchio e non hanno la forza di competere e cogliere le opportunità offerte dal PNRR perché non hanno staff di progettazione adeguati.
Quello che noi dovremmo chiedere oggi – ha concluso Bianca Rende – è ricostituire una nuova Cassa per il mezzogiorno. Non sembri un argomento desueto, ma lo ritengo fondamentale perché ciò che manca è una capacità di progettisti di elevata profesionalità che possano supportare le regioni del Sud a spendere i fondi europei e questo vi dico perché ci sono oltre 70 miliardi da spendere e le centrali di spesa risultano ingolfate”. Al termine del suo intervento, la consigliera Rende ha dato pieno mandato al Sindaco e al Presidente del consiglio di rappresentare in ogni sede associativa e istituzionale le istanze che si sono levate dall’aula del Consiglio a difesa della Costituzione.
E’ poi intervenuta nella discussione, in rappresentanza della CGIL, l’avv.Teresa Aiello che ha parlato di un ddl “assolutamente scellerato”. “L’elemento uguaglianza è stato completamente sradicato – ha detto – e questo non è proprio di un Paese civile. Non ci si può dividere sui diritti e i servizi essenziali. Già il Meridione viaggia a velocità più bassa. Noi dobbiamo stare insieme e dalla stessa parte e il Sud non ha bisogno di divisioni” Ed ha, infine, lanciato l’idea di promuovere una manifestazione che parta da Cosenza e che chiami a raccolta le forze sane del Paese.
Per il prof.Walter Nocito, dell’Università della Calabria ed altro rappresentante del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, intervenuto subito dopo, “il ddl-Calderoli in approvazione al Parlamento è una cattiva attuazione della autonomia costituzione differenziata in quanto applica in favore delle regioni ricche una norma di eccessiva flessibilità rispetto alla distribuzione delle competenze stabilite nell’articolo 117 della costituzione che è regola abbastanza rigida. Rispetto al 117 la differenziazione regionale – ha proseguito il Prof.Nocito – deve essere giustificata e motivata e deve coinvolgere le autonomie locali anche negli aspetti della partecipazione e della fiscalità.
Il ddl-Calderoli non garantisce la perequazione dei bisogni e neanche quella delle capacità fiscali. Il testo di cui si chiede il ritiro esclude il Parlamento dalla decisione sostanziale facendone una sede di ratifica della intesa fra gli esecutivi. Rispetto a questi aspetti negativi – ha concluso Nocito – la proposta del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale CDC e della Legge di iniziativa popolare recuperano il ruolo del parlamento, dell’interesse nazionale e delle esigenze unitarie nella garanzia della perequazione fiscale. Inoltre centralizzano le materie più delicate come la salute, l’energia e la tutela del Lavoro”.
Il consigliere Mimmo Frammartino ha nel suo intervento messo in evidenza la sinergia tra i diversi contributi, quelli dei consiglieri comunali e quelli arrivati dall’esterno.
“Le regioni del Sud – ha detto Frammartino – devono vincere la scommessa, ma non giova il clima della contrapposizione politica. Anche la sinistra deve fare autocritica, basti pensare alla legge Del Rio che è stata aberrante con le province. Un atteggiamento bipartisan – ha consigliato Frammartino – consentirebbe di poter risalire la china. Non viviamo in questa fase un clima sereno, nè economicamente, nè socialmente, ma quella che dobbiamo combattere è una battaglia che va condotta con forza”.
Frammartino ha poi espresso apprezzamento per la deliberazione del Comune di Acri illustrata dal Sindaco Capalbo “perché testimonia il valore dell’unità”. Poi ha espresso meraviglia per l’assenza dall’aula degli esponenti di Forza Italia. “Una discussione – ha aggiunto -va affrontata con maturità e consapevolezza. C’è un dato inoppugnabile ed è che negli ultimi 20 anni al Sud sono state sottratte risorse per 90 miliardi di investimenti. E’ qui che si deve vedere la maturità delle forze politiche”. E porta un esempio emblematico: se a Milano dovessero tagliare una scuola, nessuno se ne accorgerebbe ma se la tagliano a Longobucco, un ragazzo di quella comunità sarebbe sottoposto ad un cammino enorme per arrivare a scuola. La prima cosa è, dunque, non tradire i principi di solidarietà internazionale”.