La Fabbrica Tessile Bossio è una piccola azienda artigiana con sede a Calopezzati, nel Cosentino, ed è un esempio concreto delle potenzialità della ginestra, una pianta utilizzata un tempo per realizzare i tessuti e poi soppiantata da altre fibre come il cotone e la seta. Dalla ginestra odorosa l’azienda Bossio, che opera fin dagli anni Sessanta producendo tessuti secondo tecniche tradizionali, ricava “il lino dei poveri”. È una pianta autoctona che cresce spontaneamente senza bisogno di particolari cure. Si calcola che in tutta la Calabria ci siano 20.000 ginepreti spontanei.
La ginestra ha un passato industriale: negli anni ’30 del secolo scorso, nella regione si producevano, ogni anno, da 100.000 a 150.000 tonnellate di ginestra, su 700.000-1.200.000 realizzate nel paese, grazie anche alla spinta dell’economia autarchica. Al suo interno ci sono fibre simili a quelle del lino; il tessuto che se ne ricava, utilizzato anticamente dai Greci e dai Romani, è resistente agli agenti atmosferici, anche all’acqua. Soprattutto, non ha bisogno di cure particolari, richiede poca irrigazione e non c’è bisogno di pesticidi per proteggerla. Dunque, un prodotto ecologico. Il tessuto di ginestra ha richiamato l’attenzione di un marchio prestigioso come Fendi a cui la piccola azienda calabrese ha fornito il materiale da cui sono state ricavate borse esclusive e altre case di moda hanno manifestato interesse.
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“Fendi – dice all’AGI Vincenzo Bossio, Ceo dell’azienda – ci ha contattati chiedendoci di vedere il nostro tessuto di ginestra e il processo che seguiamo per realizzarlo. Il procedimento è quello tradizionale, risalente al 1920. Non impieghiamo – spiega ancora Vincenzo Bossio – nessuna fonte inquinante, nessun prodotto chimico. I nostri elementi sono il fuoco e l’acqua. La lavorazione avviene unicamente a mano, con l’ausilio di antichi filatoi e telai. Le colorazioni sono ricavate dalla bollitura e le tinte più brillanti dai petali del fiore”. Gli antichi telai non hanno bisogno di corrente elettrica: “Tutto – dice Bossio – passa dalle nostre mani”.
Fendi ha inserito il prodotto calabrese nel suo progetto “Hand in Hand” per realizzare uno dei suoi prodotti identitari, l’iconica borsa “Baguette”. Il progetto della casa di moda coinvolge l’artigianato delle regioni italiane e l’Azienda Tessile Bossio è stata scelta per la Calabria. “La baguette – dice ancora Vincenzo Bossio – per noi e’ motivo di grande orgoglio. Noi abbiano fornito il tessuto, loro gli hanno applicato i manici e le rifiniture in pelle”. L’obiettivo, a cui lavora da qualche anno l’Università della Calabria che ha realizzato un laboratorio in un suo capannone, è ricreare una filiera. Il tessuto della ginestra può avere una vasta gamma di impieghi. Oltre che nel settore della moda, in quello edile, grazie ai pannelli che se ne possono ricavare, ed in quello automobilistico.
“Il sistema della moda italiano – ha detto Giuseppe Chidichimo, docente dell’Unical che segue il progetto e che ha illustrato recentemente le potenzialità della pianta nel corso di un’iniziativa della Uil – ha un turnover pari a 100 miliardi di euro che è secondo soltanto a quello del settore metalmeccanico. Anche se le fibre di ginestra non sono presenti ancora sul mercato, a eccezione di qualche minuscolo settore artigianale di nicchia, è facilmente pronosticabile che il mercato accetterà con entusiasmo l’introduzione di queste fibre”. La sostenibilità e la protezione dell’ambiente sono le carte vincenti della ginestra. “Ciò – ha sottolineato Chidichimo – favorirà senza dubbio la produzione di una fibra tessile che non richiede insetticidi e pesticidi o grandi quantità di acqua per la coltivazione del vegetale. Al contrario, fibre come il contone sono responsabili per il 25% dell’uso globale di erbicidi ed insetticidi”. Sono una decina, fra enti di ricerca e realtà produttive, i soggetti che hanno manifestato interesse per questo tessuto. Fra essi aziende della pannellistica e dell’alta moda, fra cui, oltre a Fendi, Prada. In tutta Italia, la lavorazione della ginestra, secondo le stime del docente, potrebbe creare 3.000 posti di lavoro.
Chi crede fortemente nel progetto, lavorandovi alacremente, è Anna Rita Mancuso, segretaria generale della Uiltec Calabria. “La mia organizzazione sindacale – dichiara all’AGI – è impegnata da tempo nel recupero e nella valorizzazione di questa antica risorsa del territorio. Abbiamo messo in campo, con il coordinamento Pari Opportunità, una serie di iniziative che hanno già coinvolto l’Università della Calabria e la Regione, oltre che la segreteria nazionale e la nostra confederazione. Crediamo di dover continuare in questa direzione, a sostegno di politiche di recupero di risorse del territorio che, attraverso processo innovativi, possano generare nuove filiere di produzione industriale, fondate su circolarità economica, riciclo, sviluppo sociale ed economico sostenibile, di cui la Calabria ha tanto bisogno. Con questa finalità – continua – la Uilte propone un programma formativo sulla lavorazione della ginestra, antica risorsa della nostra terra, con l’obiettivo di coinvolgere, attraverso gli istituti scolastici, i ragazzi, le ragazze e le aziende tessili calabresi”. È per questo che la Uiltec si rivolge alle scuole. L’Istituto “Piria” di Rosarno – 1.200 studenti nel Reggino – ha subito aderito al progetto coinvolgendo gli studenti in un piano di formazione.
“Abbiamo partecipato con i ragazzi – spiega la dirigente, Maria Rosaria Russo – a diversi seminari con la Uiltec. Abbiamo un progetto che prevede il recupero degli antichi filati che potrebbero essere impiegati nel sistema moda”. Secondo lo studio dell’Università della Calabria, un impianto di produzione di fibra tessile da 400 tonnellate l’anno impiegherebbe 32 persone e avrebbe un utile di 250.000 euro. Per la Calabria terra di clamorosi fallimenti industriali, insomma, la risposta alla crisi occupazionale potrebbe venire dall’artigianato tradizionale. È il sogno di un “business”.
(AGI)