«Nelle rinnovabili mancano almeno 500.000 addetti ma le aziende riunite nella nostra associazione non trovano giovani». Parola di Veronica Pitea, presidente di ACEPER (Associazione dei Consumatori e Produttori di Energie Rinnovabili), l’associazione che riunisce 10.000 impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, pari a oltre 7.000 associati per una potenza installata complessiva che supera i 2 GWp: «Le aziende riunite nella nostra associazione non trovano giovani addetti. Fanno fatica tutti a trovare personale. Al di là dei settori che fanno più fatica in assoluto, ovvero ristorazione, agricoltura o metalmeccanica, nelle rinnovabili mancano almeno 500.000 addetti. Le figure più ricercate – prosegue Pitea – sono quelle di posatori di pannelli solari, progettisti ed elettricisti. Dal Sud non abbiamo candidature nonostante vi siano università e scuole assolutamente eccellenti e riconosciute e giovani sicuramente molto preparati: il motivo penso sia un mix tra rimanenze del Reddito di Cittadinanza, il fatto che la vita costa meno e la mentalità del “posto fisso”. Tuttavia gran parte dei giovani, non certo solo al Sud, si aspetta il “posto fisso”, lo stipendio senza responsabilità alcuna del risultato. Si fa il colloquio, si presentano loro le opportunità e le possibilità specificando però che c’è bisogno dall’altra parte di disponibilità, di proattività, di curiosità, di tenacia, di team work, poi non si presentano più. Noi in ACEPER – continua la Presidente – per nostra scelta da due anni lavoriamo 6 ore al giorno, sabato e domenica i dipendenti non lavorano e quasi tutti i venerdì finiscono all’una del pomeriggio. Nonostante questo tipo di orari di lavoro, nonostante le ferie per tutto agosto e tre settimane a Natale, nonostante tutti questi “benefit”, anche noi facciamo fatica a trovare. C’è bisogno sicuramente di tante di quelle “soft skills” di cui però i giovani in Italia faticano a capire la necessità. Banalmente, secondo loro, l’unica roba che devono fare è alzarsi al mattino e presentarsi fisicamente al lavoro, e basta».
Secondo la Presidente di ACEPER la responsabilità è anche della scuola italiana: «I nostri ragazzi non sanno scrivere neanche un curriculum, è gravissimo. Negli altri Paesi al liceo il CV è oggetto di esame, in Italia non se ne parla neanche a scuola. Andiamo verso l’era del digitale ma nelle scuole il computer non si utilizza ancora o si utilizza poco. Ci sono studi pubblicati secondo cui il 54% dei giovani non ha mai utilizzato un computer, non è possibile. È assurdo finire il liceo e non avere utilizzato in maniera seria un computer. Ci sono persone che arrivano a fare i colloqui e non sanno cosa vuol dire parlare in pubblico, non hanno mai fatto una presentazione in PowerPoint. Purtroppo la domanda non è tarata sull’offerta, se continuiamo così mai lo sarà: rimarrà un mismatch tra quello che le aziende chiedono e quello che il mercato offre», conclude Veronica Pitea, Presidente di ACEPER.