Un libro particolarmente intenso, tra la spy-story e il romanzo psicologico e interiore, e che cerca, senza pretese di esaustività, di dare un contributo di immaginazione e insieme di credibilità ad un mistero che si è sempre più infittito negli ultimi 85 anni e che riguarda la misteriosa scomparsa o sparizione del fisico Ettore Majorana, uno dei ragazzi di via Panisperna il cui mentore assoluto era Enrico Fermi.
Il libro è “L’atomo inquieto”, edito da Solferino e a scriverlo è stato Mimmo Gangemi, il noto scrittore di Santa Cristina d’Aspromonte che ha regalato ai suoi lettori pagine interessanti in pubblicazioni come “25 nero”, “Il passo del cordaio” (suo primo grande successo), “Il giudice meschino” dal quale venne tratta la celebre fiction con Luca Zingaretti, “La signora di Ellis Island”, “Marzo per gli agnelli” e il più recente “Il popolo di mezzo”. La sua ultima fatica letteraria, “L’atomo inquieto” è stata presentata a Villa Rendano nell’ambito della programmazione condivisa dall’Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Franz Caruso con la Fondazione “Attilio e Elena Giuliani”, come ha ricordato il Presidente della stessa Fondazione Walter Pellegrini nel suo indirizzo di saluto. Obiettivo della sinergia è quello di dare, in occasione del decennale della Fondazione, nata il 13 luglio del 2013, un contributo fattivo alla definizione di un vero e proprio Piano strategico di sviluppo culturale al quale si sta già lavorando (il prossimo incontro è fissato per il 10 marzo) con il coinvolgimento delle associazioni culturali del territorio. Walter Pellegrini ha ricordato, inoltre, la figura di Sergio Giuliani, “al quale – ha detto – dobbiamo dire grazie per l’atto donativo straordinario compiuto a suo tempo e che è nostro impegno portare avanti in sinergia con tutta la città”. Ad introdurre l’autore Mimmo Gangemi ed il suo libro è stata Antonietta Cozza, consigliera delegata alla cultura del Sindaco Franz Caruso. “L’atomo inquieto” prende le mosse dalla vicenda che ha riguardato il fisico Ettore Majorana che scomparve nel mistero il 26 marzo del 1938, all’età di 31 anni. Quella sera Majorana si imbarcò su un piroscafo Palermo-Napoli e da allora non si ebbero più notizie certe su di lui. Carattere ombroso, Majorana era ordinario di fisica all’Università di Napoli. Nel lasciare Napoli invia una lettera al prof. Antonio Carelli, professore di Fisica Sperimentale presso la sua stessa Università e nella missiva adombra l’ipotesi di togliersi la vita gettandosi in mare. Ma il giorno seguente Carelli riceve prima un telegramma e poi una seconda lettera di Majorana nella quale il fisico scrive che il mare lo aveva rifiutato. Attorno al mistero che ancora oggi avvolge la scomparsa di Majorana sono state formulate molte ipotesi e tra queste quelle contenute nel saggio di Leonardo Sciascia “La scomparsa di Majorana”, del 1975, nel quale lo scrittore di Racalmuto prospettava lo scenario che il fisico si fosse nascosto, cambiando vita, nella Certosa di Serra San Bruno, dopo aver intuito che le scoperte cui erano pervenuti i Ragazzi di via Panisperna per arrivare al primo reattore nucleare, potessero avere sviluppi nefasti per l’umanità.
Nei precedenti libri, Mimmo Gangemi si esprime sempre in terza persona, ma mentre scriveva il nuovo libro qualcosa lo lasciava insoddisfatto, tant’è che, dopo diversi tentativi durante i quali il libro si arenava dopo le prime quindici pagine, cambia registro ed utilizza la prima persona. Una modalità che sembra funzionare e avvincere, legando il lettore alla pagina.
L’autore si è detto orgoglioso di aver scritto il primo romanzo su Majorana, rivelando le fonti alle quali ha attinto: leggende, verità, mezze verità. Di Majorana dice che Fermi lo aveva indicato come un grande genio, forse il più dotato del gruppo dei ragazzi di via Panisperna, tant’è che lo aveva paragonato a Galileo Galilei e ad Isaac Newton. “Le sette vite di Majorana – avverte Gangemi – non sono staccate ma sono collegate tra loro e mantengono una conseguenza logica”. Il libro si apre con la figura di un clochard, sorta di reietto, colto, nel 1960, sulle rive del Mar Ionio calabrese e poi prosegue in un lungo flashback, dal 1960 a ritroso, fino agli attimi che ne precedono la scomparsa, nel 1938. Gangemi mantiene l’ipotesi dell’identità acquisita da Majorana all’interno della Certosa di Serra San Bruno “per una sorta di rispetto – confessa – nei confronti di Sciascia che per primo l’aveva teorizzata”, ma è l’ipotesi che gli piace meno delle altre. “Ogni avvenimento che accade, durante i diversi momenti che ci restituiscono di Majorana, un’identità ogni volta diversa, e che non hanno una pretesa di verità – dice Gangemi – è appeso a storie e testimonianze che hanno una loro credibilità”. Nel profilo tracciato dallo scrittore reggino, il fisico è un ossessivo-compulsivo che non sa vivere e che appartiene ad una famiglia agiata tra i quali si annoveravano anche alcuni ministri del Regno. Ed è per questo che Mimmo Gangemi non crede all’ipotesi del suicidio. “Non si suicida in mare uno che sa nuotare. Come non può decidere di farla finita chi, un attimo prima, ha in tasca 5 mesi di stipendio e, in più, una eredità paterna che sta per essere riscossa”. E allora, forse, in ciò che è avvenuto e nella sua misteriosa scomparsa c’è dell’altro. Un’ulteriore congettura può essere legata secondo Gangemi al fatto che pur essendo innegabile il suo amore per la scienza, Majorana rifiuta di rendere pubblico ciò che intuisce prima degli altri.
“Vuole penetrare le tenebre dell’ignoto, ma non vuole pubblicare le risultanze dei suoi studi”, tanto è vero che, a fronte delle innumerevoli intuizioni, Majorana pubblicò solo 10 studi scientifici. Nelle sette vite del fisico c’è posto anche per un’altra ipotesi che lo vuole malato di tubercolosi, in un sanatorio localizzato probabilmente dalle parti di Chiaravalle centrale. Altre identità lo indicano in Argentina e poi in Venezuela. Il libro ricorda anche la fuga in Alto Adige dove ripara quando, dopo che nel 1938 iniziò la campagna antisemita in Italia con la pubblicazione delle leggi razziali,tutti gli scienzati, caduto Hitler, sono fatti prigionieri in Inghilterra. Gangemi racconta ancora che Majorana conosce, nel trasporto per una ricercatrice, l’amore e, finalmente , una sua dimensione più umana. Il libro, dopo questo lungo e vorticoso giro, torna all’inizio e si ricongiunge al clochard dalla cui storia era partito. Se il bel volume, intriso, come ha fatto notare Antonietta Cozza, di “attimi di lirismo che strappano l’anima” non dà un contributo risolutivo a decrittare il mistero di Ettore Majorana, è, però, alquanto appassionante e fa venir senz’altro voglia di continuare ad indagare e ad immergersi nelle sue pagine alla ricerca di una nuova chiave di volta che abbia il crisma della credibilità.