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Altro che 5 maggio: Fenice sconfitta a Trapani, a marzo è già aritmeticamente out dal discorso promozione

di Paolo Ficara – “La nostra intenzione è di andare in Serie C. Vediamo dove ci troviamo il 5 maggio, mi auguro al primo posto. Penso e spero di fare grandi cose a Reggio Calabria”. Così parlava Nino Ballarino, dg e proprietario de La Fenice Amaranto, lo scorso 8 ottobre 2023. Dopo una vittoria sul Licata, la prima ottenuta tra le mura amiche.

Oggi è il 10 marzo 2024. E perdendo in casa della capolista incontrastata Trapani, la formazione di Ballarino e degni consoci e dirigenti è già aritmeticamente impossibilitata a raggiungere il primo posto. L’unico valido per la promozione diretta, nel girone I della Serie D. Al Provinciale finisce 3-1 per i granata. Nel primo tempo la sblocca Acquadro. Nella ripresa segnano Cocco su rigore, e Convitto grazie ad una topica difensiva. Il gol della bandiera lo segna il solito stoico Nino Barillà, smarcato dopo una devastante accelerazione dell’altro reggino Alessandro Provazza.

Anche con un pareggio, per i calabresi sarebbe scaturito il medesimo verdetto.

Non che sia mai stata in discussione da un lato la supremazia del Trapani, dall’altro la disarmante pochezza de La Fenice Amaranto. Entrambe le caratteristiche, le si erano intuite per l’appunto da ottobre se non prima. A distanza di qualche mese, per i beneficiari del bando settembrino del Comune di Reggio Calabria, è più corretto parlare di totale inadeguatezza.

Palermo, Bari, Catania, Venezia, Perugia, Reggio Emilia, Modena, Salerno. Tutte piazze che vantano partecipazioni recenti in massima serie. Tutte piazze che hanno vissuto l’onta del fallimento, o della mancata iscrizione ad un campionato professionistico. Tutte piazze che al primo colpo, ripartendo dalla Serie D, hanno centrato la promozione. E non abbiamo messo Parma, Napoli e Firenze nel calderone, proprio per offrire il paragone più o meno a parità di dimensione calcistica.

A Reggio Calabria per due volte si è ripartiti dai dilettanti negli ultimi otto anni, e per due volte si è fatta brutta figura. Peraltro con le stesse facce e gli stessi atteggiamenti in dirigenza. Per quanto pessimisti potessimo essere a settembre – Il Dispaccio, anche stavolta da solo, è stato l’unico giornale ad aver consigliato un anno di stop – era impensabile trovarsi di fronte ad una tale Waterloo. Con ben 29 punti di ritardo dalla capolista ad 8 turni dal termine, quindi con un verdetto matematico che giunge vergognosamente con due mesi d’anticipo.

Non sappiamo se i gestori de La Fenice Amaranto siano poveri di tasca. Le 26 gare di campionato, unitamente alla voglia di rispondere e quindi di alimentare qualsiasi polemica, ci consegnano l’inequivocabile idea di una società povera di contenuti oltre che di polso. E ci sorprendiamo di quante volte, proprio noi, abbiamo evitato di cavalcare determinate situazioni.

Una su tutte, la smentita ufficiale che La Fenice Amaranto aveva emanato verso Paolo Campolo, ds della Gioiese, quando dichiarava che i suoi datori di lavoro avevano tentato l’approccio per rilevare la squadra a Reggio. Poi però, verso identiche esternazioni di Filippo Martino ossia il presidente della Gioiese – con aggiunta di particolari e di qualche provocazione – non si sono più azzardati a replicare. Proprio loro, quelli che avevano stabilito una tempistica di cinque giorni per manifestazioni d’interesse. A cui non avevano nemmeno risposto.

Per la seconda volta in otto anni, questa amministrazione comunale ha messo il calcio nelle mani sbagliate. Nel 2015 non c’era scelta, e almeno per la prima settimana c’eravamo cascati persino noi. Ma stavolta di scelte ce n’erano tre: e la più corretta, sarebbe stata quella di non emanare alcun bando. Dato che a distanza di un anno, al massimo, ci sarebbe stato da togliere la polvere dai seggiolini del Granillo e dalle scrivanie del Sant’Agata. Ora forse c’è qualcosa o qualcun altro, da rimuovere alla svelta. A meno che non vogliamo respirare polvere calcistica a vita.

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