Nota del consigliere comunale Vincenzo Capellupo
L’8 e 9 giugno gli italiani hanno un’occasione vera per rimettere al centro il lavoro, la sicurezza, i diritti e l’inclusione. Cinque quesiti referendari su cui siamo chiamati a esprimerci, cinque SÌ che possono contribuire a correggere storture ormai evidenti nel nostro ordinamento.
Viviamo in un tempo in cui il lavoro è sempre più precario e meno tutelato ma, invece, di intervenire strutturalmente il Governo nazionale si limita solo ad annunci mediatici. Non si confronta con la difficile realtà della vita quotidiana dei lavoratori e delle loro famiglie in una Italia nella quale si allargano le maglie della precarietà, l’assenza di tutele ed i salari sono sempre più inadeguati a vivere con dignità. Come si fa, in queste condizioni, a pensare di mettere su famiglia, di restare nella propria terra?
Così i giovani italiani vanno via dal nostro paese ed in Calabria questo diventa ancora più grave con la disoccupazione giovanile che supera il 44%, e quasi un giovane su due è costretto a cercare altrove un futuro che qui non riesce a costruire. Chi resta in Italia spesso deve accontentarsi ed accettare di lavorare nell’assenza di diritti ed, infatti, mentre crescono l’insicurezza e le disuguaglianze, anche le vite si continuano a spezzare, in Calabria lo scorso anno sono state 26 le morti sul lavoro, tragedia infame e silenziosa, emergenza, purtroppo, invisibile.
In questo contesto, fa davvero impressione ascoltare le parole della seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Ignazio Larussa, che, dopo aver piazzato i figli in lauti consigli di amministrazione e fondazioni pubblici e para-pubblici come rilevano le recenti inchieste giornalistiche, invita gli italiani a non andare a votare. Tutti vorrebbero le tutele del lavoro che Larussa offre ai suoi figli ma non tutti i lavoratori italiani hanno, purtroppo, lo stesso cognome del Presidente del Senato! È un messaggio vergognoso e pericoloso, che svuota la democrazia e mortifica il diritto dei cittadini a decidere. Per questo il mio invito è opposto: andate a votare, fate sentire la vostra voce.
Votare SÌ significa chiedere il ripristino del reintegro per chi viene licenziato ingiustamente. Significa chiedere tutele e risarcimenti equi anche per chi lavora nelle piccole imprese. Significa dire basta all’abuso dei contratti a termine, e pretendere che chi subappalta risponda anche della sicurezza dei lavoratori. Significa, infine, dare diritti e cittadinanza a chi da anni vive, studia e lavora nel nostro Paese.
Questa è una battaglia per l’Italia intera, ma riguarda in modo particolare il Mezzogiorno, dove il lavoro, i diritti e la dignità devono tornare ad essere centrali.