Sabato 6 luglio a Seminara, alle ore 18:30 presso il Museo delle Ceramiche di Calabria, Arcangelo Badolati e Santo Gioffre’ si confronteranno sul tema della ‘Ndrangheta comunista, combinando il taglio del giornalismo d’inchiesta con la prospettiva della narrativa.
Già considerato da autori come Sharo Gambino ed Enzo Ciconte, uno dei fenomeni che hanno maggiomente segnato una diversità di sviluppo tra la mafia siciliana e la ‘ndrangheta calabrese si rintraccia, tra gli anni ’40 e ’60, nell’assenza di un orientamento politico compatto da parte dei membri dell’onorata società, che, pur essendo in maggioranza, come gli omologhi dell’isola, schierati con la DC, si mostravano tuttavia in alcuni casi talmente sensibili alle idee socialiste da appoggiare più o meno apertamente il Pci.
Questo smacco rispetto alla scelta prevalente ha origini varie ma finisce per dar luogo – in particolare in alcuni centri del Reggino: si ricordino personalità come Nicola D’Agostino di Canolo, Vincenzo Trimboli di Ciminà, Vincenzo Pietropaolo di Sinopoli, Pasquale Cavallaro di Caulonia – all’idea che le azioni della ‘ndrangheta fossero giustificabili in quanto dettate da un anelito di ribellione, rivendicazione, riscatto delle classi popolari a fronte dei soprusi perpetrati dai “padroni”. Una ‘Ndrangheta, quindi, che talvolta riscuoteva il consenso popolare non solo per tramite del terrore e dell’intimidazione ma anche per un senso di protezione verso gli strati più umili e poveri della società. Una ‘Ndrangheta che guardava a sinistra un po’ per l’estrazione sociale di certi suoi membri, un po’ per la persecuzione subita da parte del Regime, un po’ per rivalsa nei confronti di nobilotti ed esponenti dell’alta borghesia che avevano accresciuto il proprio potere attraverso la connivenza con il fascismo.
Per alcuni degli esponenti di questa ‘ndrangheta, la conversione verso gli ideali del Comunismo era avvenuta durante l’esperienza del confino, comminatogli dal regime fascista, quando si erano ritrovati in stretto contatto con dissidenti politici, come appunto i quadri dirigenti e i militanti del Pci.
Fu il caso del seminarese Antonio Chiappalone, detto ‘Ntonazzu, che a Ponza aveva avuto come compagni di prigionia Pertini e Torracini, approfondendo e maturando ideali che già d’istinto covavano dentro di lui.
‘Ntonazzu, in contatto anche con l’on. Fausto Gullo, fu assassinato nel 1950 e non si seppe mai il mandante.
Con la guida di Arcangelo Badolati, che ha affrontato l’argomento in vari saggi, e di Santo Gioffrè che delinea un affresco di queste dinamiche nel suo ultimo libro – Evasioni d’amore, Ed. Castelvecchi – la conferenza propone un’occasione per ripercorrere quegli anni e riflettere su un fenomeno che ha fortemente condizionato – e per molti aspetti ancora condiziona – la storia della Calabria e, soprattutto, la mentalità dei suoi abitanti.