Nell’ambito del ciclo di incontri sul tema “l’arte italiana tra il xv e il xvi secolo: la civiltà delle botteghe” promosso congiuntamente dall’Associazione Culturale Anassilaos, dall’AIParC e dalla Biblioteca Pietro De Nava con il patrocinio del Comune di Reggio Calabria, si terrà giovedì 22 giugno presso la Sala Giuffrè della Nava con inizio alle ore 17,00 il 3^ incontro del ciclo dedicato a Raffaello Sanzio (1483-1520) nel 540° anniversario della nascita.
A trattare dell’artista, dopo l’introduzione di Stefano Iorfida, Presidente di Anassilaos, sarà Salvatore Timpano, Esperto d’Arte e Direttore del Dipartimento Arte e Patrimonio Culturale Materiale ed Immateriale AIParC. Per la circostanza sarà inaugurata una piccola mostra Libraria e Filatelica dedicata all’Urbinate a cura della Biblioteca De Nava e del Circolo Filatelico di Anassilaos. Raffaello Sanzio, pittore dotato di un talento prodigioso e di una capacità tecnica quasi senza eguali, è sempre stato celebrato come l’emblema del classicismo. I suoi primi dipinti sono indubbiamente perugineschi: vi si riscontrano infatti gli stessi gesti e le medesime espressioni languide, persino i particolari anatomici dipinti dal più anziano maestro. L’incontro con Leonardo costituì un momento di svolta per la sua arte. Dal Vinci il giovane artista assorbì immediatamente temi e motivi essenziali: tecnica pittorica, la forma piramidale dei gruppi di figure per le sacre famiglie, l’inquadratura a mezzo busto dei ritratti, la varietà degli atteggiamenti, la vivezza delle espressioni. La ritrattistica rappresentò, qualitativamente, un momento minore dell’opera sconfinata di Raffaello ;eppure i suoi ritratti sono considerati fra i più belli del Rinascimento.
I personaggi sono in genere rappresentati a mezzo busto, di tre quarti, con le mani appoggiate al bordo inferiore del quadro, concepito come fosse il davanzale di un’ideale finestra. I ritratti di Agnolo e Maddalena Doni, ad esempio, eseguiti in occasione delle loro nozze, sarebbero diventati i prototipi della nuova ritrattistica cinquecentesca. Le Madonne di Raffaello, soprattutto quelle realizzate durante il soggiorno a Firenze, si caratterizzano per la straordinaria eleganza formale, per l’equilibrio della composizione, per la profonda e intangibile serenità emanata. La loro bellezza è idealizzata, luminosa e distesa e, di queste, la Madonna del Cardellino forse la più celebre. La produzione artistica del Sanzo non fu sospinta da ideali scientifici, come per Leonardo, né da ideali filosofici, come per Michelangelo, ma si lasciò guidare, sostanzialmente, da un giudizio estetico. L’artista non partì dall’idea del bello ma dall’esperienza del mondo, che reputava bello. Tra Leonardo e Michelangelo Raffaello incarnò, quindi, una “terza via” dell’arte rinascimentale. Nel Cinquecento la pittura aveva assunto un’importante funzione politica, in modo esplicito e dichiarato. Con il ciclo delle Stanze Vaticane, considerate una summa del pensiero rinascimentale, a Raffaello fu affidato il compito di celebrare la grandezza della chiesa di Roma, una delle istituzioni più importanti e potenti del mondo occidentale, e di legittimare storicamente il cattolicesimo, soprattutto in un momento in cui questo veniva contestato.
Ancora una volta, Raffaello seppe affrontare il difficile compito con assoluta sicurezza, rendendo i concetti teologico-religiosi e filosofici di quel messaggio chiari e comprensibili. Se la Disputa del Sacramento è una sorta di monumentale macchina pittorica che ha il compito di tradurre in forme un concetto teologico, la Scuola di Atene intende illustrare il sapere umano e si configura come l’omaggio più alto che il rinascimento abbia offerto all’uomo filosofico, ovvero all’uomo che ha coscienza di sé ed è pienamente consapevole della sua collocazione nel mondo come individuo libero e creativo. Raffaello, nominato nel 1515 conservatore delle antichità romane, divenne in breve tempo uno dei principali artefici del rinnovamento architettonico cinquecentesco.
Egli si interessò all’immagine globale dell’architettura antica, alle sue “belle forme” come agli ornamenti, ossia ai marmi, alle decorazioni pittoriche e musive, agli stucchi, ai rivestimenti lignei. Ne sono un’efficace testimonianza sia la Cappella Chigi, in Santa Maria del Popolo, sia le Logge delle ville e dei palazzi, che egli affrescò “all’antica” . Anche Villa Madama, lasciata incompiuta alla morte del maestro, era la più ambiziosa riproposizione moderna di una villa imperiale romana.