Storie di scuole aperte “di notte”, con genitori organizzati in forma di associazioni che scelgono di prendersi cura dei luoghi e sottraggono intere aree al degrado, come avvenuto a Tor Bella Monaca, a Roma. Studenti che, al di fuori dell’orario scolastico, utilizzano le strutture scolastiche per studiare e vivere momenti di aggregazione. Apertura, fiducia, responsabilità: sono le tre parole chiave delle “scuole aperte”, nella prospettiva della comunità educante, al centro del convegno formativo promosso dall’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica “Antonio Saffioti” insieme alla rete delle scuole cittadine per l’inclusione, tenutosi nei giorni scorsi al Polo Tecnologico “Carlo Rambaldi” di Lamezia Terme, che ha visto la partecipazione di docenti delle scuole cittadine di ogni ordine e grado.
Focus dell’incontro, aperto dal presidente dell’Osservatorio Alfredo Saladini, le testimonianze di Giovanni Del Bene e Angelo Lucio Rossi, dirigenti scolastici e autori, insieme a Rossella Viaconzi, di due studi approfonditi studi sul tema della comunità educante.
“La scuola o è aperta o è autoreferenziale”, ha affermato Rossi raccontando l’esperienza portata avanti, da dirigente, in una realtà scolastica in un comune dell’hinterland milanese dove un’associazione di genitori ha messo in moto un processo di partecipazione attiva collettiva alla vita della scuola: dall’esperimento della scuola estiva, recentemente tornato in auge nel dibattito politico, alla scuola villaggio realizzata su spinta di don Antonio Mazzi. “Uno dei risultati più sorprendenti – ha affermato Rossi – è stato quello di vedere ragazzi che cominciavano a nutrire passione per l’insegnamento e qualcuno iniziava a pensare di diventare docente. Si comunica solo ciò che si ama”
“Fare in modo che le buone pratiche diventino generative” è stato il monito di Giovanni Del Bene evidenziando come “in Italia abbiamo una scuola primaria che è tra le prime in Europa mentre con la scuola secondaria inizia un crollo dell’autostima nei ragazzi: prevale la logica del libro di testo da seguire, il programma da svolgere rischia di primeggiare rispetto alla persona. Parliamo di educazione, non di strutture burocratiche.”
Per il presidente del Movimento Volontariato Italiano Gianluca Cantisani, “la riforma Berlinguer sull’autonomia scolastica ha anticipato il principio di sussidiarietà introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Già alla fine degli anni ’90, a Roma sono nate le prime associazioni di genitori, i cittadini e le famiglie sono andati oltre ben prima delle previsioni normative. Le scuole rappresentano un fronte avanzato di sperimentazione. La prossima legge della scuola dovrà essere scritta da quanti hanno portato avanti esperienze innovative”. Ha toccato il nodo dei progetti di vita per i bambini con disabilità il commissario straordinario dell’Asp di Catanzaro Antonio Battistini, non nascondendo “la carenza di competenze specifiche sul territorio sul fronte della neuropsichiatria infantile. Mancano figure professionali e aree di degenza dedicate in Calabria e in tutto il Meridione. Occorre sburocratizzare i progetti di vita, valutare il bisogno reale dei bambini, capire il bisogno di fronte a quale ci troviamo che non è da medicalizzare”.
Ha portato la sua testimonianza don Giacomo Panizza, focalizzando il ruolo della comunità educante per diffondere tra i ragazzi la cultura della legalità e del bene comune.
L’incontro, a cui hanno partecipato i dirigenti scolastici Giuseppe De Vita, Daniela Quattrone e Margherita Primavera, si è aperto con i saluti della dirigente del Rambaldi Anna Primavera che ha sollecitato a rilanciare la rete di progetto sull’inclusione intrapresa insieme all’Osservatorio e a diverse scuole cittadine che “ha posto finalmente il tema dell’inclusione non come un fatto delle singole scuole ma come una questione centrale di tutta la scuola lametina e su cui le scuole fanno rete”.