Infermieri dall’India: l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Catanzaro (Opi) dice la sua e si allinea alle posizioni della Federazione nazionale (Fnopi).
La questione investe la carenza di personale «le cui soluzioni tampone – evidenziano la presidente Giovanna Cavaliere assieme al Direttivo e le Commissioni Albo Infermieri e Albo Infermieri Pediatrici -, come gli accordi con Paesi extraeuropei, non ci vedono certo sulle barricate, ma anche noi auspichiamo un cambio di paradigma e una programmazione complessiva che tenga conto di una maggiore attrattività della professione e delle nostre proposte operative e concrete già avanzate in tutte le sedi».
Rispetto alla possibilità di stringere accordi con l’India, l’Opi auspica «che si torni ad esercitare la verifica, attraverso gli Ordini territoriali, delle competenze accademiche e relativa certificazione del titolo di studio come accadeva regolarmente in epoca pre Covid per la verifica della competenza dei percorsi di studi, della conoscenza della lingua e della deontologia affinché nel nostro Paese non esistano assistiti di serie A e assistiti di serie B rispetto alle competenze infermieristiche.
È necessario valorizzare innanzitutto gli infermieri che hanno studiato e svolto il tirocinio in Italia, agendo su tutte le leve a disposizione per trattenerli nel nostro Servizio sanitario nazionale, scongiurando le fughe all’estero.
Come preannunciato dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, è arrivato il momento di mettere in campo strumenti ad hoc per favorire il rientro dall’estero dei troppi infermieri che hanno lasciato il nostro Paese».
Secondo i dati della Federazione, gli infermieri stranieri presenti in Italia al 31 dicembre 2022, con regolare procedura di ingresso, erano 25.061.
Ma a questo dato bisogna aggiungere circa undicimila infermieri immessi durante la pandemia da Covid-19, e altri 1.800 per gli effetti del decreto Ucraina, per un totale di circa 38 mila unità.
Pur continuando a battere sul “chiodo” della carenza di personale, l’Opi Catanzaro conclude ritenendo ponendo l’accento sulla necessità di «lavorare sulle radici profonde della disaffezione alla professione.
Vale a dire: l’aspetto economico (gli stipendi degli infermieri italiani sono mediamente il 40% al di sotto della media degli altri Paesi europei) e l’aspetto organizzativo (è una professione che ha scarsi sviluppi di carriera e che soffre di modelli ancorati a logiche vecchie, non più attuabili nell’attuale complessità del sistema)».