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Sanità lametina, De Biase: “Le istituzioni politiche e la classe dirigente intervengano con urgenza”

 

“Dove andrà a finire la sanità di Lamezia”? E’ l’interrogativo che pone Salvatore De Biase, già presidente del Consiglio comunale di Lamezia Terme.

“Quotidianamente – spiega – emergono diverse problematiche che affliggono la sanità lametina. Eppure l’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme può vantare figure professionali di grande respiro, capaci giornalmente di salvare vite umane, seppur con le difficoltà legate all’utilizzo di mezzi tecnologici efficienti, ai servizi che stentano, al personale che manca, e alle istituzioni preposte distanti”.

“Addirittura l’interlocuzione con i vertici dell’Asp non è presa in carico dalle istituzioni come dovrebbe essere; è affidata alle associazioni che, nonostante si adoperino in maniera egregia, non possono assolvere ai compiti della politica”. “Intanto – prosegue De Biase – è drammatico assistere al calvario di pazienti e familiari costretti a lunghe ore di attesa per poter prenotare un qualsiasi esame o una qualsiasi visita. Senza dimenticare le problematiche che investono il 118, relative alle ambulanze senza medici a bordo e alla carenza degli stessi mezzi adoperati per il trasporto dei malati. Le ultime vicende, inoltre, pongono in primo piano il problema della sicurezza dell’ospedale: troppi ingressi sono aperti ed incustoditi. Basterebbe lasciare usufruibile ai cittadini solo quello principale con personale addetto alla vigilanza. E personale addetto alla sorveglianza sarebbe auspicabile anche alla postazione situata all’esterno dell’ospedale in prossimità del cancello di ingresso”.

“In sostanza un calvario sanitario! I tempi – prosegue De Biase – sono infiniti per una qualsiasi prenotazione o intervento in urgenza, tanto da costringere i cittadini a rivolgersi ai privati, spendere danaro, o drammaticamente rinunciare a curarsi. Senza dimenticare le liste d’attesa, uno dei mali storici della nostra sanità. Eppure il diritto ad essere curati è stabilito dalla Costituzione. Esiste una norma, dalle nostre parti “quasi sconosciuta”, che garantirebbe condizioni ai pazienti di “saltare” le code infinite. Però, nessuno ne da comunicazione.

La legge c’è, è scritta in un decreto legislativo 29 aprile 1998 n.124. In particolare l’art 3, comma 10. Siffatta norma stabilisce che le Regioni, attraverso i direttori delle Asp, Aziende Unità Sanitarie locali, ospedali, devono stabilire i tempi massimi che intercorrono tra la prestazione quando viene richiesta e quando viene erogata. Se una prestazione è urgente la stessa deve da effettuarsi entro 72 ore; nel caso sia breve si deve eseguire entro 10 giorni; se differibile è da erogare entro 30 giorni se trattasi di visite, 60 giorni se si discute di accertamenti diagnostici; se una prestazione è programmata deve eseguirsi entro 180 giorni”.

“In estrema sintesi – precisa De Biase – quando le liste d’attesa si protraggono oltre i tempi massimi finora previsti, il D. Lgs. n. 124 del 29 aprile 1998, all’art. 3, comma 13, prevede: ‘qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria’. In definitiva, quando la prestazione richiesta non può essere effettuata entro i tempi previsti per legge, l’assistito – conclude De Biase – può pretendere che l’ospedale assicuri la prestazione medica in intramoenia senza pagare nulla oltre al ticket (se la persona è esente non pagherà nemmeno il ticket). In alternativa, l’assistito potrà recarsi dal medico privato e poi richiedere il rimborso all’azienda sanitaria, con apposita richiesta”.

E da qui l’appello finale del già presidente del Consiglio comunale alle istituzioni: “Le istituzioni politiche e la classe dirigente intervengano con estrema urgenza. Qualcuno farà qualcosa per i diritti dei cittadini? Il generale Battistini riuscirà a imprimere quella svolta tanto attesa?”

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