Dopo il maxi-blitz che ha interessato il cosentino, esito dell’inchiesta condotta della Dda di Catanzaro guidata dal Procuratore Gratteri, che ha messo in luce una realtà economica e sociale profondamente succube della ndrangheta, una pioggia di critiche ha investito il mondo dell’antimafia colpevole, a dire di qualcuno, di indifferenza.
A queste polemiche le associazioni antiracket calabresi rispondono con una lettera aperta:
“Siamo le associazioni antiracket della Calabria, fatte di uomini e donne che hanno vissuto sulla propria pelle la violenza della ndrangheta.
È da 30 anni che viviamo la nostra vita fatta di paure personali e familiari, scorte, processi e richieste di giustizia a quella magistratura che abbiamo visto come la nostra salvezza. Da 15 anni asciughiamo le lacrime di chi ci è passato dopo e trova in noi l’unico supporto e sostegno: li accompagniamo nelle decisioni difficili, nelle costituzioni di parte civile, nel lunghissimo, a volte troppo, iter per il riconoscimento dei ristori economici e, da qualche tempo, forniamo loro anche un aiuto psicologico.
Entriamo nelle aule di tribunale al loro posto, facciamo la spola verso gli uffici delle Prefetture per seguire le loro pratiche e tutelare i loro interessi, incontriamo i direttori di banca per salvaguardare tutti quelli che, nelle morse dell’usura, si trovano stritolati nel sistema creditizio.
Li prendiamo in mano a volte talmente disperati che vedono come unica via d’uscita il suicidio.
Ora, francamente, se c’è qualcuno che si è fatto carico di un’antimafia sociale fatta della concretezza di vite vissute possiamo dire di essere noi.
Noi che però abbiamo inteso realizzare questa nostra delicata mission in maniera silenziosa, proprio per evitare di esporre le vittime a circhi mediatici pericolosi. All’indomani dell’operazione ci siamo piuttosto preoccupati di capire se ci fossero parti offese che necessitavano di supporto e sostegno, proprio nel momento in cui le loro vicende divenivano pubbliche e comportando conseguenze rispetto alle loro vite. E mentre altri si preoccupavano della campagna elettorale e di scrivere contro tutto e contro tutti, ci siamo adoperati per avviare i primi contatti con le forze dell’ordine e con alcune delle vittime di queste vicende.
Per tutte queste ragioni non riusciamo a comprendere a cosa possa voler mirare la polemica apertasi in questi giorni sui “silenzi” e l'”immobilismo” dopo l’operazione antimafia di Cosenza.
La sintesi secondo cui chi non ha fatto un comunicato stampa di sostegno possa essere ritenuto avverso alla magistratura ci appare assai suggestiva oltre che profondamente inesatta ma, soprattutto poco utile a raggiungere gli obiettivi cui abbiamo sopra fatto cenno.
Pertanto, vorremmo chiarire che non intendiamo aprire contenziosi, né guerre con nessuno, solo, vorremmo poter continuare a lavorare nell’interesse di tutti coloro che si trovano oggi nella stessa situazione in cui ci siamo trovati noi”.