Riceviamo e pubblichiamo:
“Perché inibire al traffico, rendendo pedonale un tratto di strada che non necessita di queste restrizioni?”
Questo è il quesito che mi ponevo già un anno fa e, dopo un apparente ritorno alla normalità durato qualche mese, oggi che mi imbatto nuovamente in una delle “incongruenze” più evidenti nella mia Città, mi sento in dovere di rivolgere subito la stessa domanda a chi è in grado di fornirmi prontamente una risposta.
Intanto mi presento, sono una cittadina interessata all’urbanistica e alla logistica della città in cui vivo. Questo interesse nasce esclusivamente dal bisogno di ricevere livelli di qualità della vita adeguati ai bisogni della collettività, che purtroppo non sempre sono fruibili per via di azioni che non trovano riscontro razionale, come nel caso che sto per descrivervi.
Parlo di Piazza Orange e nello specifico nel tratto di strada che la costeggia a monte delle due scalinate, ossia via Orange.
Come tutti ben sanno, piazza Orange occupa un comparto urbanistico ubicato nel centro storico della città, a poca distanza da piazza Castello, in un’area ricca di attività connesse al settore terziario, pertanto servizi commerciali, culturali, bancari, amministrativi e i relativi collegamenti tra gli stessi. Essa è delimitata oltre che da via Orange, anche da via Filippini, via Crisafi e via Firenze.
Ebbene il tratto di strada interessato da via Orange, negli ultimi tempi, viene periodicamente chiuso e reso area pedonale, senza comprenderne la reale esigenza.
Il problema è che chiudere al traffico via Orange comporta la “circumnavigazione” della piazza, con i disagi che ne scaturiscono; infatti, quel tratto di strada, di soli venti metri, è l’unico a collegarsi con via Crisafi per poter procedere verso via Possidonea e raggiungere la parte alta della Città verso via Reggio Campi.
Se andassimo a considerare gli orari di apertura e chiusura che riguardano scuole, uffici e attività commerciali, ne deriva che nelle ore di punta il traffico resta paralizzato, basti rilevare che nelle immediate vicinanze si contano ben cinque istituti scolastici (Classico Campanella, Convitto, Pio X, Principe di Piemonte e Galileo Galilei), tutti gli uffici Amministrativi, le Banche e gli altri uffici ministeriali.
Considerando inoltre che a valle e a monte della piazza, si espande l’area commerciale del centro cittadino, nasce spontaneo chiedersi “Che benefici porta un’area pedonale di soli venti metri?”
Si potrebbe ipotizzare che la scelta sia dovuta dalla necessità di venire incontro alle esigenze delle due attività di ristoro che si affacciano sulla via Orange, ma sembrerebbe inverosimile per diversi motivi, infatti, queste sono dotate all’esterno di dignitosi dehors, e pur volendo, il tratto di strada beneficia di un ampio marciapiede libero e facilmente fruibile; oltre al fatto che la piazza, nella sua ragion d’essere, ha già una funzione esclusivamente pedonale da non giustificare la chiusura al traffico di una delle vie che la costeggiano. A questo aggiungi che, se così fosse essendo i locali aperti solo di sera “Perché non limitare il traffico esclusivamente negli orari di apertura degli stessi?”.
Forse sarebbe opportuno per trasparenza chiarire l’utilità di questa scelta e rendere pubbliche le motivazioni in virtù del disagio creato all’intero comparto storico della città e, soprattutto, perché non è stata attuata alcuna modifica alternativa alla viabilità esistente, tale da poter agevolare il transito dei veicoli principalmente negli orari di punta.
Per non apparire come la solita criticona, che pone tante domande, come è facile pensare quando un cittadino chiede risposte in merito a scelte incongruenti rispetto agli interessi della collettività, mi sento di essere propositiva in merito offrendo alla Città un’ipotesi progettuale alternativa a quella che ci viene proposta.
Quindi: “Perché non concedere, ai due esercenti, l’intero marciapiede adiacente la piazza, per posizionare i dehors a servizio dei locali, e magari parte della stessa piazza, in cambio della relativa manutenzione ordinaria?”. Tale proposta, dovrebbe essere supportata dalla realizzazione di un progetto uniforme, nella scelta di materiali e arredi, con l’intento anche di valorizzare la piazza e le due scalinate, arricchendole con piante e illuminazione, così da restituire alla città un po’ di decoro e dignità, che troppo spesso vengono calpestati per portare avanti personalismi a discapito dell’intera comunità.
Mi sento anche di suggerire un regolamento per la progettazione degli spazi da concedere ai ristoratori; infatti, troppo spesso in città si vedono “cassettoni” osceni, delimitati con blocchi di cemento, realizzati con materiali e forme che “violentano”, più di quanto già non lo sia, il paesaggio urbano. Fermo restando che in tutte le città del mondo i tavolini dei bar e dei ristoranti all’aperto hanno un loro fascino di connotazione altamente turistica dei luoghi: “Perché non chiedere il deposito di un progetto, firmato da un tecnico abilitato, che rispetti tipologie, materiali e forme deliberate in sede di Consiglio Comunale?”. Ordinariamente per tutti i lavori che modificano lo stato dei luoghi, persino quelli eseguiti in proprietà privata, viene richiesto un progetto “a norma”, proprio per evitare che ognuno si alzi la mattina libero di “interpretare” a proprio piacimento l’estetica di una Città.
Forse chiedo troppo, ma non importa, per ogni cittadino farsi domande deve essere la normalità, così come restituire risposte è un obbligo da parte di chi lo rappresenta.
Una cittadina attenta
Arch. Antonella Postorino