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Reggio al bivio. Massimo Canale: “Si può cambiare, ma sul carro del vincitore…”

canalemassimoildispaccio23ottdi Walter Alberio – Il vento è cambiato. Ne è sicuro Massimo Canale, avvocato penalista, dirigente del Partito Democratico calabrese e già candidato a sindaco del centrosinistra alle scorse elezioni comunali. Effettivamente, in riva allo Stretto, le cose sono mutate velocemente. Dopo il dominio targato Scopelliti, durato più o meno un decennio, al Comune di Reggio e alla Regione Calabria, oggi il centrodestra – dilaniato dalle scissioni e dalle faide interne – ha subito, per tante ragioni, un indebolimento clamoroso. Il centrosinistra sembra, dunque, in procinto di calciare il suo rigore in movimento e, archiviate le primarie, il Partito Democratico pare “condannato”, alle imminenti comunali come – forse – alle vicine elezioni regionali, alla vittoria. Almeno sul piano elettorale.

Già, perché, il risultato delle urne, l’alternanza e la discontinuità non sempre e non necessariamente coincidono con il vero “cambiamento” prospettato (un po’ da tutti) in campagna elettorale. La vittoria è il “cambiamento” e il “cambiamento” (o “la svolta”, per dirla alla Falcomatà) è reale se arriva da lontano ed è figlio di un percorso che non ammette trasversalismi.

Lo sa bene Canale, una vita in Consiglio comunale, a battagliare tra i banchi (prevalentemente) dell’opposizione, eletto nella lista del Psdi (nel ’97) con Italo Falcomatà sindaco, poi nelle file del PdCI per due volte e, solo qualche anno fa, protagonista di una campagna elettorale costruita giorno dopo giorno in strada, nei quartieri della città ed in particolare nelle periferie, a bordo di un pulmino. Quelle elezioni, nel 2011, le vincerà il centrodestra con Demi Arena, nonostante i 10 mila voti in più raccolti da Canale rispetto alle liste a suo sostegno.

Oggi, però, quella sconfitta ha un sapore meno amaro. Secondo Canale, infatti, al di là delle analisi statistiche e del riscontro elettorale, quella fase segnò l’inizio del cambiamento per il centrosinistra reggino. Quel percorso, quel metodo e quel progetto di città – ne è certo l’ex consigliere comunale – è stato portato avanti in questi mesi da Falcomatà, e si concretizzerà, questa volta, a Palazzo San Giorgio, a partire dal 26 ottobre.

“Candidato a nulla”, ma “impegnato a cambiare il Partito Democratico”, Canale, in questa intervista, segnala tuttavia il ‘pericolo’ del “riposizionamento generale” di “pezzi importanti della città”, “centri di potere e di interesse” : un “fenomeno che, in qualche modo, dovremo – evidenzia – controllare”.

Lo stesso, non nega che quelli davanti a Falcomatà, se eletto, saranno (almeno i primi due) anni difficili, “lacrime e sangue”. I tanti ostacoli di diversa natura, comunque, secondo Canale, non impediranno alla città di “guardare con ottimismo al futuro”.

Poco meno di un anno e mezzo fa lei scriveva: “Ritengo che il centrosinistra debba assumere come primo impegno quello di lanciare la costruzione del progetto di città, avviando un dialogo con tutte le categorie sociali di Reggio (…). Il centrosinistra, anziché chiudersi in se stesso, dovrà essere capace di mettere in moto meccanismi di partecipazione”. E ancora: serve “una nuova classe dirigente che abbia voglia e sappia cimentarsi alle prossime elezioni, anche attraverso liste civiche in grado di esprimere la dimensione della voglia di rinascere di Reggio”. E’ accaduto tutto questo negli ultimi sedici mesi?

Ritengo di sì. Abbiamo diverse liste civiche, una tendenza marcata a votare il centrosinistra in città ed è una cosa che personalmente ritengo non si verificasse da anni. Anche le liste più politiche, come quella del Partito Democratico, hanno all’interno dei candidati che provengono dalla società civile, dal mondo delle professioni e dell’impresa, dall’associazionismo: questa è una vittoria del centrosinistra. Quello che dicevo un anno fa, credo si sia ampiamente realizzato. Questo, ovviamente, mi inorgoglisce tanto come persona impegnata nel centrosinistra che ha iniziato a tracciare una strada nel 2011, quando tutto era molto più complicato.

Oggi abbiamo un centrodestra lacerato a tutti i livelli. A Reggio, il centrosinistra si compatta attorno a Falcomatà. Ci troviamo in uno scenario, possiamo dire, ribaltato rispetto alle comunali del 2011. Ha qualche rimpianto rispetto a quella esperienza ? Il rimpianto, magari, di non essere riuscito ad arrivare al ballottaggio, alla luce di quel consenso attorno alla sua candidatura, con un +10% di voto disgiunto, ottenuto oltre le liste a suo sostegno.

Non ho nessun rimpianto. Proprio perché ritengo che quella campagna elettorale segnò un metodo che, poi, è stato anche ripreso da Falcomatà. Avevamo per tempo intuito che c’era lo spazio di un cambiamento che oggi con Falcomatà sembra essere a portata di mano. Non mi rimprovero nulla, anzi sono orgoglioso di avere dato un contributo rispetto a questo. Va anche detto che, rispetto al 2011, quando il centrodestra era in grande spolvero e poteva addirittura permettersi il lusso di schierare un generale di seconda fila come Arena e farlo diventare sindaco, pur prendendo un 10% di voto in meno rispetto alle sue liste, oggi lo scenario è totalmente capovolto: abbiamo un centrodestra litigioso e in confusione che candida, diciamo in maniera poco convinta, il proprio cavallo di punta; viceversa, abbiamo un centrosinistra che è avanti, corre come una lepre e tutti devono rincorrerlo. Qualcosa di inimmaginabile solo qualche anno fa.

C’entra qualcosa la débâcle elettorale di Scopelliti…?

Bisogna fare molta attenzione in questi ragionamenti. Non si può ricondurre questo scenario soltanto ad un fattore. Sarebbe ingeneroso nei confronti di coloro che oggi si stanno cimentando in questa campagna elettorale, Falcomatà per primo, dire che questo vantaggio è dovuto alla caduta di Scopelliti. Si percepisce il cambiamento e l’innovazione in quello che il nostro candidato sindaco sta facendo e ha fatto. Allo stesso tempo, bisogna anche dire che un altro dei fattori, inequivocabilmente, è proprio la caduta del “sistema Reggio”. Un test elettorale importante come quello delle Europee ha sancito la fine d Scopelliti a Reggio Calabria, sul piano elettorale: quei 6 mila voti bruciano. Se non si fosse cimentato in quelle elezioni, tutti avremmo avuto il dubbio che potesse contare molto di più. Questo non è avvenuto. Un altro aspetto che, secondo me, va considerato e con il quale Falcomatà dovrà fare in conti, da qui in avanti, è che su questo carro, che è quello del cambiamento, stanno salendo un po’ in tanti, pensando si tratti del carro del vincitore. Quindi bisognerà sgomitare da un lato e stare molto attenti dall’altro. Sono sicuro che Giuseppe saprà farlo in maniera egregia: ha già dimostrato di saperlo fare. Quindi il successo delle adesioni alle liste del centrosinistra è anche figlio di un riposizionamento di alcuni centri di interesse e di potere della città che in qualche modo hanno capito, volenti o nolenti, che vinceremo le elezioni.

A proposito di “riposizionamenti”, recentemente lei ha pubblicato un post su un popolare social network, scrivendo, in relazione al contesto regionale: “Non basterà dire semplicemente un ipocrita no all’alleanza con Ncd, per essere credibili agli occhi dei calabresi sarà indispensabile non candidare nelle nostre liste i fuoriusciti in cerca di ricollocamento, al netto delle sigle. Altrimenti ci prendiamo in giro”. Da questo punto di vista, guardando alla competizione comunale, Falcomatà ha chiuso la porta ad alcuni personaggi legati, in qualche modo, al Modello Reggio e ad alcuni partiti, come l’Udc. Tuttavia, rimangono in campo, nelle liste a sostegno della candidatura a sindaco di Falcomatà, alcuni nomi “scomodi”. Dall’ex vicepresidente del Consiglio comunale della giunta Arena, Emiliano Imbalzano, il quale ha anche votato il bilancio, a Nicola Paris fino ai parenti di alcuni ex consiglieri incandidabili, quali Martorano ed Eraclini. Difficile arginare il “trasformismo” o si poteva fare qualcosa di più?

Intanto credo che, sul piano delle alleanze politiche, bene abbia fatto Giuseppe Falcomatà a dire un secco no. E vi garantisco che quelli furono giorni di grande dibattito in seno al Partito Democratico reggino su questo tema. Poi Falcomatà ha definitivamente chiarito la questione in una conferenza stampa. E’ stata una operazione di grande acume politico. Ovviamente, vale il discorso di quelli che hanno cambiato casacca ed è uno dei temi grandi della politica, a tutti i livelli. Non credo che si potesse fare di più rispetto, comunque, a persone che, comunque, avevano preso degli impegni già all’epoca delle primarie, da quello che mi dicono, al fianco del nostro candidato sindaco. Quindi, egli assume questa responsabilità e anche questa forma di garanzia nei loro confronti. D’altra parte, faccio anche un’altra riflessione: ci sono tanti, tra coloro che oggi partecipano alle liste del centrosinistra, persone che hanno vissuto all’interno del sistema di Scopelliti, pur non essendo ‘famosi’ come quelli che lei ha citato. In realtà, è un fenomeno più esteso rispetto a quello dei singoli che cambiano partito, schierandosi al fianco del centrosinistra: riguarda i professionisti, molti miei colleghi che oggi animano, per così dire, le liste del centrosinistra e che, viceversa, tre anni fa non ci pensavano nemmeno a venire in quest’area, perché noi predicavamo il cambiamento in un contesto complicato, quale quello in cui ci muovevamo. Oggi, invece, il centrosinistra rappresenta una opzione di governo alternativa, tangibile e sotto gli occhi di tutti. Oggi nessuno scommette contro la vittoria del centrosinistra e di Falcomatà al Comune di Reggio Calabria. Dunque, c’è un riposizionamento generale che non riguarda soltanto i singoli, ma anche dei pezzi importanti della città. E questo sarà il fenomeno che, in qualche modo, dovremo controllare.

Ha mai pensato di partecipare alle primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra?

Sì. Voglio dire anche di più ed è la prima volta che lo dico: io ritenevo che fosse un mio diritto, acquisito sul territorio e sul terreno di battaglia, quello di poter essere ricandidato alla carica di sindaco a Reggio Calabria. In politica, però, è uno stupido chi non capisce che le cose cambiano molto più velocemente di quanto si pensi. Nel momento in cui ho preso atto che non vi erano le condizioni di poter esser candidato a sindaco, perché c’erano le legittime ambizioni di altri due candidati, ho capito che la mia candidatura poteva essere utile ad altri. Ho capito, per esempio, che se Falcomatà fosse stato in concorrenza con me saremmo arrivati ad una condizione in cui né io né lui avremmo vinto le primarie, perché abbiamo un bacino di elettori in comune che proviene dal centrosinistra e dalla sinistra. In effetti, i fatti mi hanno dato ragione: Falcomatà la spunta per soli 200 voti sull’altro candidato. Ho ritenuto saggio, dal momento che Giuseppe era molto motivato a voler intraprendere questo percorso, di farmi da parte. Mi sono affacciato ad un panorama diverso che è quello della Regione. Mi sono candidato alla segreteria regionale sfiorando quasi la vittoria e non ho rimpianti neanche in questo caso. Credo di aver fatto la cosa giusta, anche se, chiaramente, dentro di me porto i segni, i postumi di quindici anni di impegno in Consiglio comunale e, soprattutto, di un progetto che non ho potuto portare a termine perché i tempi non erano maturi. Ora mi piace pensare che, su quella strada, altri possano farlo, insieme a me e oltre e dopo di me. Questa è una riflessione molto personale, ma ripeto: non ho alcun tipo di rimpianto.

Ci sarà un suo impegno in vista delle regionali o sta pensando a qualcos’altro…?

Io non sono candidato a nulla. Al momento, continuo a fare politica: dico sempre di voler portare, all’interno del Partito Democratico, il metodo che guidò quella campagna fantastica del 2011, secondo me la prima e ultima forma di democrazia partecipata fatta in città e sulla quale sono state scritte tre tesi di laurea: una cosa che mi inorgoglisce tantissimo. Vorrei che il Partito Democratico fosse diverso da quello che oggi noi presentiamo. A Reggio Calabria sono convinto che ci siano in essere i germi veri del cambiamento, perché, finanche nostro malgrado, c’è una città che prende coscienza, si schiera a fianco del nostro candidato sindaco e vuole intimamente cambiare la città in uno schema che, se è possibile, definirei del tutto diverso rispetto alla politica tradizionale, ed anche l’impostazione della campagna di Falcomatà esula dai canoni classici. Al contrario di quello che sta avvenendo a Reggio, in Calabria, purtroppo, arriveremo alla vittoria del centrosinistra senza riuscire, però, ad affermare il cambiamento, se le avvisaglie sono quelle che sono: parlo ovviamente dei trasversalismi, dell’imbarco di tutta una serie di fuoriusciti, da Ncd a Forza Italia; c’è gente che ha avuto delle responsabilità di governo anche importanti nel periodo di Scopelliti. Ecco, già solo soltanto per un fatto generazionale, traccio una differenza molto sostanziale tra quello che sta facendo Falcomatà a Reggio e quanto avverrà alla Regione Calabria: se i cicli della politica ed elettorali sono quello che sono, la mia generazione, quella dei quarantenni, salterà un turno, perché i sessantenni, e oltre, continueranno a governare la Regione Calabria in nome e per conto del centrosinistra per i prossimi dieci anni. Questo non vuol dire che noi non saremo impegnati al fianco di Mario Oliverio, che io stimo, e a fianco del Partito Democratico, ma rimane la sfida più importante in piedi che è quella di cambiare il Pd. Dentro a questo partito ci si sta per cambiarlo, non per arraffare qualcosa e ritenersi anche soddisfatti di averlo fatto.

Da cittadino, prima ancora che da uomo politico, come giudica questa campagna elettorale a livello di contenuti?

Ho assistito ad un faccia a faccia tra i candidati a Confindustria la settimana scorsa. Ho trovato, devo dire, in tutti i candidati un discreto livello di conoscenza dei temi. Cambia completamente il metodo… io ritengo che Falcomatà abbia una marcia in più, intanto per la conoscenza dei problemi. Si vede che è una persona che ha approfondito diversi temi: mi riferisco alla Città Metropolitana, ai fondi Pisu e ad una serie di altre questioni. In generale, c’è un buon livello in tutti i candidati. Ho apprezzato, ad esempio, quanto diceva qualcuno sulla corresponsabilità, rispetto alla politica del centrodestra, della classe imprenditoriale che si è nutrita del sistema di potere che ha governato con Scopelliti, in quel famoso decennio che ha segnato e fiaccato Reggio Calabria. Falcomatà è riuscito a parlare alla gente vera, probabilmente anche aiutato dal proprio cognome e dalla storia personale e della sua famiglia, è riuscito a raggiungere credo le periferie e nell’immaginario collettivo è lui che incarna il vero e unico reale cambiamento.

La componente scopellitiana del centrodestra urla al “Grande Imbroglio”. Nell’ultima pubblicazione invitano Falcomatà addirittura a ritirare la candidatura per via del suo rapporto di parentela con il cognato Naccari, interessato da una vicenda giudiziaria.

Una operazione risibile. Il centrodestra di Reggio Calabria, con improbabili tesi giuridiche, ritiene che siano stati adottati due pesi e due misure. Rimangono, però, i fatti: quanto viene contestato a Falcomatà ‘non riguarda la ‘ndrangheta’, ma riguarda ben altre cose. Per quello che riguarda me in particolare e il fuor d’opera che, a partire dal caso Tuccio in avanti è stato effettuato dal centrodestra, ho chiarito ampiamente in tempi non sospetti (vicenda relativa alla società Habitat, ndr). Il centrodestra è una sorta di cane bastonato in un angolo che è pronto ad azzannare chiunque, ma sul piano della proposta alternativa, rispetto a Falcomatà e al centrosinistra, c’è ben poco. Non capisco nemmeno strategicamente a cosa possa servire, oggi, schierarsi contro lo Stato e contro il Ministro degli Interni, lo stesso Ministero che ha perorato e confermato la validità di quell’assunto secondo cui il Comune di Reggio Calabria andava sciolto. E’ in atto una reazione di stomaco che in politica, alla fine, non paga mai. Non credo che avranno guadagnato un solo voto in più con le cose che hanno detto nelle ultime settimane. Ecco, rimane grottesco anche che personaggi che in passato hanno avuto coinvolgimenti in fatti importanti di ‘ndrangheta e ne sono usciti puliti oggi arrivino a sostenere l’incandidabilità di altri. Guardassero un po’ in caso loro e in se stessi prima di prendere la parola. Pochi o molti, quella dei consiglieri del centrodestra sarà una opposizione avvelenata e toccherà a Falcomatà, alla sua giunta e alla sua maggioranza consiliare, in qualche modo, fare i conti con una destra rabbiosa, primitiva, disposta a tutto proprio perché le viene a mancare quel sistema di potere di cui si è nutrita.

E Dattola… ?

Loro schierano un settantenne contro un trentenne. Questo la dice lunga. Non credo che essere giovani sia un merito, però in qualche contesto, come quello reggino, in cui si sentiva forte la voglia di cambiamento, può essere un vantaggio. Dattola è candidato in contraddizione con parti importanti del centrodestra che ha governato la città negli ultimi anni. E’ una scelta che appare a tutti come una scelta di ripiego, sofferta. D’altra parte credo che Dattola si volesse candidare a sindaco già in precedenza, ma fu superato da Arena e Scopelliti, difatti non mi pare che corra buon sangue da quelle latitudini. Credo che il centrodestra, con Scopelliti in testa, debba essere capace di superare se stesso e il Modello Reggio. Non serve ai reggini e nemmeno a loro continuare a rincorrere un metodo per cui tutti i cittadini stanno pagando tasse e tributi sempre più elevati. E’ una cosa da masochisti. Se non avessimo avuto quello sfacelo di bilancio, oggi le cose per i reggini sarebbero diverse.

Come giudica l’operato della terna commissariale in questi due anni?

I commissari fanno i burocrati. Sbaglia chi pensa che i commissari vengano in una città come la nostra a diffondere simpatia e popolarità. Sono funzionari dello Stato che dovranno ritornare alle loro rispettive occupazioni tra qualche giorno, rivendicando di aver ottenuto qualche piccolo risultato, come quello di aver fatto delle economie e, spero, di aver stabilito delle ‘griglie’ regolamentari per impedire l’accesso alla ‘ndrangheta nelle maglie del Comune, come successo, ne prendo atto, in passato. E’ chiaro che, però, governano la città senza ascoltare la città. D’altra parte, non è il loro compito. Il commissario non è un sindaco, ma un funzionario dello Stato che deve accompagnare la città alle prossime elezioni.

In questi giorni c’è un grande dibattito sul tema delle unioni civili. Lei, insieme a quel centrosinistra, presentò una proposta di deliberazione per l’istituzione del registro delle unioni civili, bocciata però dalla maggioranza di centrodestra. Si può ripartire da questa battaglia di civiltà, anche a Reggio, per ristabilire una condizione di “normalità” in riva allo Stretto?

Nella passata consiliatura abbiamo avanzato quella proposta, consapevoli anche che sarebbe stata bocciata. I processi culturali di una società, di un Paese come l’Italia, e di una città come Reggio, che è posta un po’ ai margini e, quindi, fatica ad affermare progresso e cambiamento, si concretizzano nel corso degli anni. Era anche normale che quella proposta fosse bocciata, una o due volte nel corso delle precedenti consiliature. Ritengo che oggi i tempi siano maturi affinché il registro delle unioni civili sia, finalmente, istituito. Abbiamo un candidato sindaco giovane che condivide questa impostazione. Non farlo significherebbe vivere ai margini della collettività nazionale e mondiale. Noi non proponiamo solo dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, noi proponiamo che vengano riconosciuti alcuni diritti minimi, a partire da quelli che vengono riconosciuti a ciascun cittadino di Reggio Calabria, anche a delle coppie che decidono di vivere insieme e di condividere una parte importante della loro vita insieme. Mi sembra assurdo che nel nostro Paese, attualmente, non vi sia ricondotto alcun diritto di successione o di abitazione finanche ad una unione civile. In attesa di una legge dello Stato, credo che i Comuni possano e debbano fare molto.

“Reggio città turistica” è stato il tormentone degli ultimi dieci anni, lo slogan del centrodestra, la principale opportunità di sviluppo prospettata. Reggio, oggi, è una città senza identità in una realtà disastrata. Da dove ripartire?

Bisogna ripartire dalla fiducia. Noi ricostruiremo un rapporto con la città se riusciremo a convincere i reggini che esiste una politica che gli sta vicino. Il reggino può ritornare a sentirsi parte di un contesto sociale e cominciare ad avere maggiore affetto e amore nei confronti degli spazi della nostra città, dalle piazze alle strade del proprio quartiere. Questo fu il vero miracolo che fece Italo Falcomatà negli anni in cui ero suo consigliere comunale. Mi auguro che il centrosinistra, con il figlio, riesca a fare altrettanto. Stabilito questo rapporto affettivo tra il reggino e la città, i tempi saranno maturi affinché la città possa ritrovare la propria identità. Adesso, è una città sgranata, dove non esiste quel comune senso di appartenenza che si recupera solo se si comprende che c’è una classe dirigente che non dispensa favori e prebende, ma chiede agli altri di rimboccarsi le maniche. In un certo senso, ci siamo già riusciti, merito di Falcomatà, attraverso le nostre liste.

Capitolo società miste. Per anni hanno avuto un ruolo particolare nelle competizioni elettorali. Oggi, l’obiettivo comune è salvaguardare i livelli occupazionali. Da dove si comincia?

Non bisogna confondere cause ed effetti o anteporre degli obiettivi rispetto ad altri. Noi abbiamo ritenuto sempre sacrosanta la tutela del lavoro, in senso ampio. Al contempo, però, la società mista deve essere un modello di organizzazione dei servizi pubblici efficiente ed economicamente vantaggiosa per il Comune di Reggio Calabria. La società in house che dovrebbe subentrare nei disegni dei commissari a Multiservizi, occupandosi di diversi settori, dovrà da un lato tener conto di quei lavoratori che hanno avuto nel corso del Modello Scopelliti l’illusione di un posto di lavoro definitivo a tempo indeterminato; dall’altra lato, però, dovrà fare in conti con la necessità di essere una società assolutamente efficiente, mettendo al riparo qualunque forma di partecipazione pubblica o privata dalle grinfie della ‘ndrangheta. Mi auguro che i commissari abbiano fatto qualcosa in questo senso, ma toccherà alla maggioranza fare qualcosa in questa direzione e prima di tutto al sindaco. Voglio essere chiaro sulla tutela dei posti di lavoro: io non credo che ci siano dei diritti acquisiti una volta per tutte solo perché si è entrati in un sistema di potere in cui è stata data un’assunzione a discapito anche, magari, di altri che ne avevano almeno altrettanto diritto. Credo che, però, delle forme di premialità o di tutela, rispetto a chi ha maturato una conoscenza dei processi lavorativi comunali, possano essere un parametro su cui basare la selezione dei lavoratori di queste nuove società che si andranno a costituire, abbandonando una volta per tutte l’utopia della re-internalizzazione, cosa secondo me inattuabile. Anche a me piacerebbe, ma non è possibile.

Molti dei candidati segnalano la necessità della rinegoziazione del piano di rientro. Si ricomincia a parlare anche di dissesto: ci sono i margini per valutare questa possibilità?

Non credo proprio che esistano i parametri per dichiarare il dissesto ora. Probabilmente vi erano in passato. Oggi il Comune ha avviato, grazie al lavoro dei Commissari che sono l’effetto e non la causa dell’innalzamento dei tributi e di quello che sta succedendo a Reggio, una strada diversa, cioè quella del contenimento della spesa. Ci sono dei responsabili e sono coloro che hanno governato la città prima della terna prefettizia. Stiamo pagando un costo in termini di mancati investimenti: per questo, predico da sempre, che sarebbe necessario sul terreno delle opere pubbliche, ad esempio, immaginare un percorso alternativo di investimento in città. A partire dal Decreto Reggio e dalla sua rimodulazione. Essendo una fonte di finanziamento di provenienza diversa, che non passa attraverso il Bilancio del Comune di Reggio Calabria, non è sottoposta a quelle strettissime e vincolanti maglie, a differenza di ogni singolo investimento che verrà effettuato in futuro. Per come ci hanno consegnato la città non potremo investire in nuove opere, dopo un decennio da ‘mangiare e da bere’. Dovremo, però, trovare delle forme alternative di finanziamento: penso alle forme di partecipazione pubblico-private, al project financing: è di queste ore la notizia che i nostri depuratori cittadini saranno migliorati, alcuni di essi delocalizzati, ed efficientati grazie ad una compartecipazione pubblico-privata.

“Reggio è al bivio”. Come immagina la città nei prossimi cinque anni? Tre priorità…

Immagino i primi due anni di lacrime e sangue per il nostro sindaco. Avremo una coscienza civica e un rapporto fiduciario con i nostri cittadini da ricostruire, la difficoltà di reperire fondi e di trovare soluzione ai tanti problemi dei reggini, una opposizione avvelenata ed incapace anche con se stessa di ammettere effettivamente come quel Modello abbia rivelato tutta la sua pochezza. La immagino anche dopo il primo scorcio di consiliatura e del mandato del sindaco Falcomatà, come una città capace di guardare con ottimismo al proprio futuro. Tra le priorità, senza un ordine preciso, segnalo una maggiore efficienza dei nostri uffici. Al di là della solita scusa, francamente insopportabile, dal mio punto di vista, secondo cui la colpa sarebbe tutta dei dipendenti e dei funzionari del Comune, è doveroso mettere mano alla dotazione organica del Comune, riorganizzare i servizi, fissare una seria ‘procedimentalizzazione’ delle cose che succedono al Comune: una buca in mezzo ad una strada, in qualche modo, possa essere l’inizio di un procedimento virtuoso che porta alla risoluzione del problema e, step by step, sia chiaro chi è responsabile di quella risposta che i cittadini richiedono ed esigono. Tutto ciò non è sempre avvenuto al Comune di Reggio. E poi, il nostro sindaco dovrà essere sicuramente, ripeto, bravo a trovare quelle forme di finanziamento alternative per dotare la città di quei servizi che oggi mancano: penso alla raccolta dei rifiuti. Con enorme dispiacere ho preso atto che l’organico non viene smaltito a Reggio da diverso tempo. Mi piacerebbe che ci fosse un sistema di premialità per i cittadini che effettuano correttamente la raccolta differenziata e che, quindi, in bolletta ci si possa trovare un beneficio o, al contrario, un aggravio nel caso in cui si dimostra di non essere dei ‘cittadini modello’. Tra l’altro, lo stesso dirigente della società Leonia, Rossi, nella fase commissariale, aveva investito del tempo e delle energie in questa direzione.

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