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Reggio al bivio. Renato Accorinti: “Ogni cosa può cambiare, ma bisogna crederci”

accorintirenatoildispaccio23ottdi Claudio Cordova – Il “lei” è assolutamente vietato. “Tu”, da pari a pari. E’ lo spirito di quella “rivoluzione dal basso” di cui parla spesso e che gli ha permesso di diventare, contro ogni pronostico, sindaco di Messina: nessuno è invincibile, ogni gruppo di potere, ogni consuetudine, ogni status quo, tutto può essere distrutto. Basta volerlo. E’ così, Renato Accorinti, ha rotto ogni schema. Sotto il profilo comunicativo, ma anche sotto il profilo dell’etichetta, lui che si presenta in Comune e alle cerimonie ufficiali in maglietta e sandali. E’ il sindaco di cui Reggio Calabria avrebbe avuto bisogno. Lui, al posto di figure e figuri, anziani improponibili e giovani impresentabili, che si apprestano ad abitare Palazzo San Giorgio, dopo due anni di commissariamento per contiguità con la ‘ndrangheta. La rubrica del Dispaccio, “Reggio al bivio”, chiude con la tipologia di sindaco che, più di tutti, sarebbe servita alla città: un sindaco di rottura rispetto ai comitati d’affari, rispetto ai partiti che l’hanno spolpata e agli intellettuali che l’hanno tradita. Un sindaco che, ancor prima di vincere le elezioni, ha speso anni della propria vita per degli ideali. Non era presidente di nulla, né cognato di qualcun altro, prima di diventare primo cittadino. Per tutti è sempre stato “Renato”. Ora è sindaco di Messina, città che, in quanto a “salotti” non ha nulla da invidiare a Reggio Calabria. E’ stata una rubrica apprezzata, “Reggio al bivio”. Curata dall’intera Redazione, è stata letta, commentata. Qualcuno si è anche proposto per essere intervistato. Ha tentato di fornire delle tracce da seguire, per far risorgere la città, come l’araba fenice rinasce dalle proprie ceneri. La conclusione con Renato Accorinti è un auspicio. Un augurio alla città, che possa trovare la voglia e la forza di intraprendere quei “percorsi”, di cui Accorinti parla spesso. Magari in futuro accadrà.

Che storia questa di Messina. Chi l’avrebbe mai detto?

Quest’avventura non è mia personale, l’avventura che abbiamo fatto qua parte da lontano, da percorsi che la politica tradizionale non capisce neanche. La politica tradizionale non è la politica: sono spesso gruppi d’affari, di lobby, di caste, di privilegi, di “fare affari”. E’ tutto il contrario della politica, che è la cosa più spirituale dell’uomo, perché è condivisione. I miei ultimi quarant’anni sono stati così, io ho sempre rifiutato di fare politica. Sono i percorsi che contano: e io ho accettato di candidarmi a sindaco perché questa volta il percorso veniva davvero dal basso, dai cittadini. Ma questi discorsi qua a chi li racconti? Non li fa nessuno. Questi percorsi sono troppo spiazzanti.

Hai spezzato le logiche di un tempo. Quelle a cui la politica, in Sicilia come in Calabria, è ancora legata.

Si ragiona sul “cu cu semu”, con chi ci mettiamo, vediamo i numeri così li battiamo. Poi sei sempre tirato dalla giacca e devi fare le cose che ti dice qualcun altro. Qua abbiamo scelto un’altra strada e alla fine io ho esposto un cartello: “Non sapevano che era impossibile e quindi l’hanno fatto”.

Non stiamo parlando di Bolzano. Parliamo di Messina, che è una realtà problematica, proprio come Reggio Calabria. Cosa è scattato?

E’ una delle realtà più difficili d’Italia, perché qui c’è un concentrato di massonerie mostruose e di mafia. L’analisi non è semplice: abbiamo allineato i pianeti. Non è stato solo il rigetto, l’indignazione, la rabbia verso tutto quello che ci hanno fatto fino a ora, perché in fondo tutto quello che ci hanno fatto è dovuto anche ai cittadini che hanno dato il potere a talune persone, che hanno massacrato la città. Perciò c’è una colpa grave dei cittadini che si sono fatti coinvolgere, chiudendo gli occhi e votando per “l’amico dell’amico”.

E ritorniamo alla rivoluzione che parte dal basso…

Io ho dedicato tutta la mia vita alla lotta. La gente riconosceva in me un simbolo di lotte contro le ingiustizie. Anche dieci anni fa c’era la rabbia verso chi ha occupato queste stanze del Comune, che non ha fatto politica, ma ha fatto affari. Questa volta strideva troppo il percorso con cui da decenni le solite massonerie mettevano lì i soliti personaggi, che ogni tanto simulavano un cambiamento, ma che appartenevano sempre ai partiti e a chi controllava i partiti.

Per spartirsi il potere, i comitati d’affari dialogano, anche a dispetto degli apparenti schieramenti politici?

Assolutamente sì. Sull’affare mafia e ‘ndrangheta dialogano: se devono fare un affare con l’eroina e trovano un punto di incontro per un guadagno reciproco non ci pensano due volte. Non si sparano e si fanno gli affari. Ed è lo stesso per tutto il resto.

A tutto ciò hai contrapposto il contatto con la gente.

Di me la gente dice: tu sei uno di noi. Riconoscono evidentemente una vittoria morale. Non è una vittoria politica e numerica, di un’elezione. Chi lotta per i valori e per l’utopia, ha vinto. E’ una riscossa: allora si può! Finalmente abbiamo dato questa botta di defibrillatore alle coscienze ed è una boccata d’ossigeno che non finisce mai e non per Messina. Si è riconosciuto che il percorso intrapreso è chiaro.

Hai messo tutti d’accordo, quindi…

La gente mi dice: “Lo sappiamo che tu non rubi”. Ammettono la nostra onestà anche i nostri più feroci nemici, ma io gli dico: ma voi mettete come una cosa da poco tutto questo? Nella politica? Abbiamo già vinto, perché i peggiori ci riconoscono la lealtà, la purezza. Ma che vuoi di più? Ma questa è una cosa grandiosa! La politica non è stata fatta per gente che ha anche rubato, ma solo per gente che è stata lì esclusivamente per rubare e per fare clientelismo e per avere nuovo potere. E il ciclo continua.

Non mi dirai che siete perfetti…

Siamo degli esseri umani: li abbiamo fatti, li facciamo e li faremo. Ma non con padroni e padrini, con cose sotto banco con raccomandazioni. Tutto questo è rivoltare la politica.

Com’è governare senza alcun tipo di logica clientelare, senza alcun ricatto? La gente sembra non pensare più che si possa amministrare così.

Non c’è ricatto se si va sulla strada dei diritti. E’ possibile, anche nel profondo sud, e lo stiamo facendo. Io ho detto, sono il sindaco di Hiroshima: trovo solo macerie, quindi non devo avere paura di lavorare chiaramente con tanta forza, vedendo tante macerie. Ma devo avere lo sguardo verso il futuro, devo capire che non è importante quante cose farò, ma come le farò: a essere importante è la direzione della strada. Questo è tutto. Poi le cose hanno bisogno di tempi, più o meno lunghi. Io sono sereno su battaglie che si vincono subito, tra un giorno, tra un mese, tra un anno o tra anche centinaia di anni. Se ho dato un apporto alla soluzione che arriverà anche dopo generazioni, io sono felice lo stesso. C’è l’uno e l’altro. Cose che si ottengono subito e cose che sono il presupposto per un cambio culturale. Ma sono felice di fare questo. E’ il massimo: cosa voglio di più? E tanti hanno iniziato a capire che questo è un percorso meraviglioso e che per fare un milione di miglia si comincia col primo passo.

E in tutto questo come entra Reggio Calabria?

Io ho fatto tutto questo percorso con la Calabria, che non era stato mai fatto. Con i miei fratelli dirimpettai, perché ho cambiato il vocabolario: questo è il “Popolo dello Stretto”, che vive in due sponde. Fa bene all’anima e al cuore questa unificazione perché è un processo spirituale e culturale, perché non bisogna odiarsi, né non collaborare. Da una collaborazione avremo beneficio tutti, anche sotto il profilo economico, perché Reggio e Messina diventano come un’unica città e tutto si trasforma in un sistema virtuoso.

Però Reggio Calabria non ha messo in moto quel meccanismo che è nato a Messina. Perché?

Perché bisogna costruire le cose dal basso. Se ci fidiamo solo dei partiti, iscriviamoci. Ma non è per demonizzare i partiti. Certo, come li hanno fatti ridurre c’è poca democrazia, però è chiaro che devono esistere i partiti, ma si devono rinnovare, anzi, devono ritornare al passato, quando avevano le sezioni in ogni quartiere. Lì si discuteva della politica, mentre ora sono poche stanze buie, inquietanti, dove si decide tutto sulla testa di tutti. Se invece facciamo anche percorsi alternativi è diverso: ai cittadini di Reggio Calabria dico che devono ritornare alla politica, costituendosi in comitati, associazioni o altro. Ma ci devono credere veramente, non ci si può demoralizzare alle prime battute. Cosa vuoi? Il successo? La vittoria? Fai un percorso: non bisogna lottare per qualcosa di personale. Facciamo dei processi per capire che c’è una società fatta di gente fuori da ogni logica di avere, che però ama il proprio territorio e comincia dialogare, parlare, discutere per trovare alternative. Non bisogna protestare se non c’è una proposta: la proposta è l’anima della protesta, in maniera matura.

Reggio e la maturità. Sembrano due cose inconciliabili.

Ma guarda che l’80% delle cose che ho chiesto a Renzi, quando l’ho incontrato, erano per Reggio, non per Messina. La richiesta di dichiarazione di Patrimonio dell’Umanità è dell’area dello Stretto. Ogni cosa io la penso in quest’ottica. Non deve esserci alcuna competizione, deve esserci un vocabolario nuovo. Io mi sento un cittadino dello Stretto.

Il futuro sindaco di Reggio Calabria saprà recepire questo messaggio?

Io penso di sì perché questo messaggio finalmente l’hanno capito tutti. Man mano è maturato, perché, come dicevo prima, ci vuole del tempo. Tempo fa ero con numerosi sindaci calabresi dell’area dello Stretto e loro fanno parte dei partiti, proprio come i candidati reggini. Ormai quest’idea è passata: noi abbiamo rotto quei muri della diffidenza e abbiamo fatto capire che l’unione su questa tematica fa bene a tutti e due. Stiamo cercando di far diventare tutta l’area vivibile e credibile, con uno stile che supera tutte le povertà culturali di questa terra.

Di quanto tempo ha bisogno Reggio Calabria per fare tutto ciò?

Dobbiamo investire molto sul credere in quello che facciamo. Fare l’insegnante mi ha fatto capire come cambiano gli esseri umani e cambiano con tre componenti: quella affettiva, quella educativa e quella culturale. Cambia qualunque cittadino, qualunque realtà del pianeta. Ma serve l’impegno di percorrere strade educative e culturalmente sostenibili, con la condivisione, a cominciare dalla scuola e dai bambini, che sono il futuro.

Cosa dici al nuovo sindaco di Reggio Calabria?

Che lo aspetto. Lo aspetto per incontrarlo, per parlarci, come parlo con tutti, per condividere percorsi comuni. Stiamo lavorando per far diventare questa terra e questo mare capaci di riscatto. Noi siciliani e i calabresi abbiamo creato il Nord Italia, la Germania, gli Stati Uniti, il Sud America e l’Australia. Siamo grandi lavoratori, chiediamo le infrastrutture necessarie. Poi ce ne occupiamo noi, perché sappiamo sudare per salvare la nostra terra.

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