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Ma quanto sono ridicoli il Pd e il centrosinistra?

di Claudio Cordova – Tanto. Anzi, tantissimo. La riflessione potrebbe anche finire qui. Domanda diretta, risposta diretta. Ma quel pizzico di sadismo che ogni tanto riaffiora, impone di dire qualcosa in più sul Partito Democratico e sul centrosinistra reggini e calabresi. Occorre, insomma, non offenderli, ma descriverli.

Nella loro pochezza e cialtroneria, emersa, prepotentemente, in due tra i due casi politico-giudiziari che maggiormente hanno segnato l’attualità nostrana. Il caso dei presunti brogli elettorali nel corso delle ultime consultazioni comunali del settembre 2020 a Reggio Calabria e le pronunce di condanna, di primo e secondo grado, nell’ambito del cosiddetto “Caso Miramare”.

Il primo caso, ancora alla fase dell’udienza preliminare, vede il coinvolgimento del capogruppo del Partito Democratico nel consiglio comunale di Reggio Calabria, Antonino Castorina in quello che, nell’impostazione accusatoria, sarebbe stato un preordinato sistema di alterazione del voto a Reggio Calabria, dove sarebbe risultato anche il voto dei morti. Prima i domiciliari, poi il divieto di dimora, a Castorina è stato consentito di farsi sospendere non una, ma addirittura due volte dal prefetto di Reggio Calabria. Nel mezzo, con la faccia tosta che lo contraddistingue dai tempi del liceo, anche qualche mese in cui ha ricominciato a pontificare, con poche idee, ma tutte molto ben confuse, sui temi più disparati della situazione cittadina. Poco da aggiungere, poi, rispetto a quanto già scritto, circa l’imbarazzante condanna, in primo e in secondo grado, per Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, ritenuto colpevole di abuso d’ufficio per aver assegnato l’ex hotel Miramare (anzi, una parte di esso, così risparmiamo la precisazione di lana caprina agli avvocati) all’amico di mille Moet-Chandon stappati, Paolo Zagarella.

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In entrambe le circostanze, a essere coinvolti due esponenti di primo livello del Partito Democratico calabrese. Che poi, come lo siano diventati, viste le loro evidenti scarse capacità politiche è uno dei misteri a cui, in assenza di rivelazioni in stile Fatima, è difficile rispondere. Ma tant’è. Ognuno ha gli esponenti e i leader politici che si merita.

Perché, vedete, è tutto sommato anche comprensibile e umano (pur nella pochezza) che tanto Antonino Castorina, quanto Giuseppe Falcomatà, rimangano aggrappati, con le unghie e con i denti alle proprie posizioni. Del resto, per tanti la politica è sempre stata molto meglio che lavorare. Quindi loro non fanno eccezione. Ciò che risulta ridicolo e grottesco è l’atteggiamento assunto dal centrosinistra e, in particolare dal Partito Democratico, sulle due vicende.

Nel primo caso, come detto, ha permesso a Castorina di farsi reintegrare a Palazzo San Giorgio, tra un arresto domiciliare e un divieto di dimora, senza muovere un dito. Senza una dichiarazione, senza una presa di distanze, senza una sospensione dal partito. Tutte azioni che avrebbe dovuto porre in essere, anche per salvarlo dalla vergogna (per chi la prova, s’intende) della doppia sospensione. Ma, si dirà, siamo ancora alla fase delle indagini.

E che dire, invece, di una condanna non in primo grado, ma in appello? Sulla nuova pronuncia e nuova sospensione del sindaco Falcomatà è stato un turbine di deliri. Molti, in privato, mi hanno scritto: “Ma davvero ha detto che i reggini devono resistere un altro po’ in attesa del suo ritorno?”. Sì, l’ha detto. E posso assicurarvi che (purtroppo) all’interno del tribunale di Piazza Castello non circolava gin tonic.

Me ne sarei accorto senza dubbio.

In assenza di controprova, non si può invece garantire sulla sobrietà delle dichiarazioni copia/incolla rilasciate, a mitraglia, dal Partito Democratico e dalle altre insignificanti sigle pseudopolitiche che sostengono la sgangherata maggioranza di centrosinistra. “Piena ed incondizionata fiducia nell’operato del Sindaco Falcomatà e degli altri valenti amministratori sospesi per effetti della Legge Severino. La Città sarà purtroppo privata ancora per qualche mese del proprio sindaco e degli altri amministratori” la nota di quel che resta del Pd. Che arriva finanche a usare il magistrato da sempre più inviso (giustamente, peraltro), quel Carlo Nordio neo Ministro della Giustizia, che ha affermato la necessità di abrogare il reato di abuso d’ufficio dal quale discendono gli effetti della Severino. E tutta una serie di strumenti utilissimi alle indagini, aggiungiamo noi.

Ma fin qui, pur nella risibile posizione assunta, tutto nella norma. Ma dove sembra sentirsi, nell’aria, l’odore di gin tonic è qui: “Non accetteremo strumentalizzazioni di sorta finalizzate ad innalzare polveroni politici e ingigantire una vicenda che non può di certo inficiare la correttezza di un’amministrazione che in questi anni si è impegnata in un delicato lavoro di ricostruzione della città”.

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Ciò che è inaccettabile, infatti, non solo è l’allucinante tentativo di stravolgere la realtà di una città che versa in condizioni pietose e non di certo per la gravissima assenza del suo sindaco; e nemmeno la grottesca condanna della Legge Severino, votata convintamente quando c’era da eliminare politicamente i propri avversari. Ciò che davvero indigna è il bieco messaggio che si vuole far passare: che nulla, neanche regalare temporaneamente un bene di pregio cittadino a un amico senza bando di evidenza pubblica possa significare alcunché sotto il profilo politico. Che in questo territorio, ormai, sia tutto consentito, che possa succedere qualsiasi cosa senza alcuna conseguenza.

E, quindi, a farsi strabenedire tutte le battaglie sulla questione morale, sull’opportunità o meno di avere cariche istituzionali, nel periodo in cui si viene coperti da qualsiasi tipo di colpe. Questo, evidentemente, vale solo per gli altri. Mai per sé stessi. Perché un tempo c’è stato Scopelliti. E, allora, se c’è stato lui (e, purtroppo, c’è stato) allora tutto il resto possa passare in cavalleria. Come se un condannato + un condannato faccia zero condannati. E non due condannati.

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