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Il Cinefilo d’Estate, dal 7 giugno all’Unical la rassegna di Entropia e Cinepresi

Una rassegna cinematografica estiva all’aperto nel Campus dell’Unical nel mese di giugno: è “il Cinefilo d’Estate” proposto dall’associazione Entropia APS in collaborazione con il Circolo Culturale Cinepresi di Cosenza. Un ciclo di quattro film a carattere internazionale, per favorire la socialità nel Campus, promuovere la cultura cinematografica e stimolare la riflessione su temi di rilevanza sociale. L’appuntamento è ogni mercoledì sulla terrazza del DAM a partire dal 7 giugno, alle ore 21.00. In caso di cattivo tempo, le proiezioni si terranno nella sala teatro.
Si parte con il film “Tutti pazzi a Tel Aviv”, Lussemburgo-Belgio-Israele-Francia, 2018, 100′, opera terza del regista palestinese Sameh Zoabi, ricalca il tracciato dei suoi film precedenti: un canovaccio da pura commedia che sa scherzare sull’irriducibile conflitto tra due popoli e sulla loro reciproca diffidenza. Usando gli strumenti della farsa – soprattutto nella messa in scena degli eccessi di cattivo gusto del racconto televisivo popolare – Zoabi racconta lo strabismo concettuale di una situazione sotto scacco. Al centro di questo delicato contesto, il protagonista viene stritolato (dolcemente, in fondo siamo in una commedia) dall’incedere degli eventi. Zoabi gioca di accumulo, attinge alla comicità classica citando film e suggerendo ispirazioni, ostenta leggerezza nel trattare temi serissimi restando sempre sul filo di una latente superficialità.
Il secondo appuntamento prevede la proiezione di “A letto con Sartre”, Francia, 2021, 107′,  di  Samuel Benchetrit. Filmato con uno stile alla Kaurismaki, tra personaggi che non si capacitano di ritrovarsi teneri e indifesi, il film ingrana pian piano la marcia di una commedia dell’assurdo in cui l’amore finisce per trionfare dove e come meno te l’aspetti. Samuel Benchetrit si conferma come una delle voci più interessanti del panorama cinematografico francese contemporaneo. Dopo Il condominio dei cuori infranti e Dog, torna con un film apparentemente minuscolo, ma dalla portata simbolica, poetica e narrativa incredibilmente vivida e riflessiva. Forte di un cast sempre fedelissimo al suo autore, da Bouli Lanners a Gustave Kervern – Benchetrit lavora con gli stessi interpreti fin dalle prime opere – e di una scrittura estremamente personale, colta e ferocemente ironica, questo film non può che conquistare anche lo spettatore meno avvezzo al cinema d’autore.
Si prosegue con “Tra due mondi”, Francia, 2021,106′, di Emmanuel Carrère, con Juliette Binoche. Tra due mondi si fa terreno per una riflessione sul ruolo dello scrittore e sul rapporto tra realtà e finzione molto più che mera indagine sociale. È la stessa Juliette Binoche – e il personaggio filmico che rappresenta – l’escamotage finzionale che lavora su piani differenti: la voce fuori campo di Marianne riflette, a più riprese, sulla ragionevolezza del suo stesso agire, sull’integrità del suo lavoro di inchiesta  (“Quello che voglio raccontare è più forte del dubbio”). Ancora, la scelta stessa di utilizzare un’attrice professionista e famosa come Binoche porta con sé una simulazione evidente: la sua esperienza attoriale produce un effetto di dissonanza e maniera, seppur spontanea, rispetto alle altre attrici (non professioniste scelte attraverso un lungo workshop).
Infine, “Un altro giro”, Danimarca, 2020, 116′, di Thomas Vinterberg. Il film ci mostra una propensione non dissimile al rovesciamento di categorie e dogmi. Martin/Mads Mikkelsen e i suoi amici sono tre docenti di liceo annichiliti e senza più animo – animo nel significato latino del termine, ovvero “coraggio”, “tensione” verso la vita – che decidono di imprimere una svolta radicale alle loro vite sperimentando la teoria dello psicologo norvegese Finn Skårderud, mantenendo ogni giorno il medesimo livello di alcol nel sangue. Uno stratagemma che gli avrebbe permesso di uscire temporaneamente dalle rispettive identità e rinascere, proprio nel momento in cui li si credeva, se non morti, quasi dei fantasmi. Fino al momento spartiacque della storia Martin risultava invisibile agli occhi dei suoi studenti e di sua moglie: non c’era possibilità di dialogo né confronto in nessuna delle due dimensioni e la sua vita incedeva lenta e immobile.
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