La Calabria, terra di antiche memorie e paesaggi incantevoli, ha recentemente visto emergere un tesoro storico di inestimabile valore che si è subito imposto all’attenzione degli addetti ai lavori e del grande pubblico: il «Muro di Spartaco». Se ne sta iniziando a parlare diffusamente, in questi giorni, sulla stampa specialistica, e ci è sembrato giusto aggiungere questo contributo, da parte di chi ha avuto parte nella vicenda sin dall’inizio.
Cosa c’è dietro questa straordinaria scoperta? Una storia che intreccia la passione, la curiosità e la dedizione di alcuni volontari del FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) di Reggio Calabria e del GEA (Gruppo Escursionisti d’Aspromonte) con la competenza e l’ostinazione del professor Paolo Visonà, archeologo di fama internazionale.
Durante un sopralluogo nei boschi della dorsale aspromontana, in preparazione delle “Camminate nella Biodiversità” (evento a carattere nazionale organizzato a maggio dalla Delegazione reggina del FAI ), alcuni affioramenti di pietre coperte di muschio, di chiara origine antropica, hanno attirato l’attenzione degli esploratori, fra i quali il prof. Domenico Vespia del GEA, ex ufficiale topografo dell’esercito, il prof. Franco Prampolini, docente di Rilievo dei Monumenti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria e gli architetti Rocco Gangemi, Delegato regionale all’ambiente del FAI e Dina Porpiglia, Capodelegazione FAI Reggio Calabria.
Non si trattava di un episodio sporadico, ma di una vera e propria muraglia, lunga e imponente. Qualcosa nella sua struttura e nella sua posizione ha catturato immediatamente l’attenzione dei presenti: “Abbiamo iniziato a seguirne il tracciato, che già a prima vista si estendeva per oltre 600 metri – raccontano i protagonisti – e ci siamo resi conto subito del fatto che, per posizionamento, consistenza e modalità costruttive, il manufatto era certamente antico e poteva essere collegato all’architettura militare”.
“Per tanti anni – aggiungono – abbiamo seguito gli studi che avevano riguardato i ritrovamenti archeologici in questa parte dell’Aspromonte, ma non ricordavamo di aver mai sentito parlare di questa struttura. Così, abbiamo immediatamente scattato delle fotografie e, nei giorni seguenti, ripercorso con attenzione gli studi che nel tempo erano stati fatti sulla zona, senza trovare tuttavia nessun riscontro”.
È stato quello il momento in cui ci si è resi conto che questa scoperta avrebbe potuto davvero cambiare la storia.
La notizia, quindi, è stata condivisa – in occasione di un convegno che si è svolto in quelle stesse giornate a Cittanova – col professor Paolo Visonà, un archeologo veneto che da trent’anni esplora l’Aspromonte su concessione della Soprintendenza Archeologica con il suo team della University of Kentucky (USA), dove insegna.
Alla vista delle immagini, ed approfondita la descrizione del luogo, il prof. Visonà è sembrato molto impressionato, tanto da richiedere un immediato sopralluogo. Nei giorni seguenti, è stato accompagnato sui luoghi interessati insieme ai componenti del suo team, appena giunti dagli Stati Uniti con tutte le attrezzature per le ricerche che stavano svolgendo nella zona della Limina.
Visonà ha raccontato ai volontari FAI e GEA – che lo avevano accompagnato sul luogo della scoperta – che da anni inseguiva il sogno di trovare il luogo dell’epica battaglia tra Spartaco e i Romani, avendone trattato in pubblicazioni scientifiche già dal 1999, ma che la segnalazione di quel muro rappresentava una novità assoluta.
L’interesse per il manufatto è poi divenuto talmente forte, da portare alla decisione di spostare immediatamente l’intero gruppo di lavoro con tutte le attrezzature in quei luoghi per verificare sul campo l’importanza del ritrovamento, dopo averne informato la Soprintendenza ABAP di Reggio Calabria e VV, ed in particolare il dott. Andrea Maria Gennaro che si è mostrato molto interessato assicurando una fattiva collaborazione.
“Il nostro incontro con il team di Visonà è stato carico di adrenalina e ovviamente di grandissima gioia. Non è usuale fare scoperte di questa portata e non dimenticheremo mai quell’emozione”, il commento dei volontari FAI e GEA.
Le prime analisi sul sito hanno confermato ciò che tutti speravano: il muro, esteso per oltre 2,7 km, era con grande probabilità parte delle strutture difensive costruite dal generale romano Marco Licinio Crasso per contenere Spartaco e le sue forze. Le conferme ufficiali stanno arrivando e la notizia si sta diffondendo rapidamente, gratificando ulteriormente il gruppo dei protagonisti dell’individuazione di un sito di enorme rilevanza storica non segnalato su alcuna mappa.
Il professor Visonà, con cui vengono mantenuti costanti contatti e che intende riprendere al più presto le ricerche, ha potuto approfondire le indagini grazie al supporto delle tecnologie più avanzate e delle competenze multidisciplinari del gruppo di esperti presenti – tra cui il professor George M. Crothers antropologo e geofisico presso l’Università del Kentucky, James R. Janson, tra i fondatori dell’Archeological Institute of America e la ricercatrice Margo T. Crothers.
La scoperta del Muro di Spartaco non solo arricchisce il patrimonio storico e culturale della Calabria, ma rappresenta anche un simbolo di come con la dedizione e la passione si possano raggiunger obiettivi inimmaginabili: un esempio luminoso di come la collaborazione tra associazioni, istituzioni e mondo accademico possa portare a risultati straordinari.
I volontari del FAI e del GEA e il team di archeologi hanno dimostrato che, con le giuste competenze, un occhio attento e un cuore aperto, anche i segreti più antichi si possono disvelare.