“A volte bisogna rischiar, fare altre cose. Occorre rinunziare ad alcune garanzie perché sono anche delle condizioni” - Tiziano Terzani
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Funaro (Fondazione Lilli): “Immaginare un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica”

“Una legge di civiltà. Esattamente questo. Per garantire ai cittadini un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica.
L’approvazione, all’unanimità, da parte del Senato, di una legge che istituisce il “diritto all’oblio oncologico”, cioè il diritto delle persone che sono guarite da un tumore di non fornire informazioni sulla loro malattia pregressa in determinate circostanze in cui attualmente è richiesto, è una guarigione collettiva.

Ci guarisce dal pregiudizio.
Si stima che in Europa vivano dai 300 ai 500 mila individui guariti da un tumore che li aveva colpiti in età pediatrica, di cui circa 50 mila in Italia, con un’età media di 25-29 anni. Alla guarigione dal loro tumore, però, non sempre è corrisposta, prima di questa proposta normativa, la possibilità di vivere una vita con le stesse opportunità sociali dei loro coetanei.
Il testo unificato sull’oblio oncologico, che si appresta a diventare legge, prevede che, nei casi di procedure per l’adozione, richiesta di mutui e pratiche bancarie e assicurazioni, così come nelle procedure concorsuali, non sia ammessa la richiesta di informazioni concernenti lo stato di salute relativamente a patologie oncologiche il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta (per l’età adulta) e cinque anni per l’età pediatrica.
In questa difficile convivenza con le neoplasie, che si allunga ormai nei tempi e nelle aspettative di vita fortunatamente più importanti grazie ai progressi della ricerca scientifica, è una piccola grande guarigione per la società tutta.

La salute è una possibilità ma la legge deve darne certezza normativa.

Chi ha attraversato la malattia in età pediatrica può finalmente immaginare un futuro e un dopo in cui il tumore non faccia curriculum. Rompendo gli stereotipi che ancora imprigionano la paura del vissuto, si impone alla malattia di farsi da parte e si ritaglia un tempo di vita e di progettualità”. Lo afferma una nota di Maria Pia Funaro (Fondazione Lilli).

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