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“Accanto alle madri coraggio”: il centro comunitario reggino Agape chiede un piano d’interventi del Comune per le donne vittime di violenza

 

Avviato dal Centro Agape un progetto rivolto a dare un aiuto a donne con figli minori che vivono una condizione difficile. Sono le cosiddette madri coraggio, donne di età e situazioni personali diverse, accomunate dal fatto di dovere crescere i figli senza avere un compagno accanto. Donne vittime di violenza in uscita dai centri di accoglienza, vedove, separate, oppure divorziate o nubili, ragazze madri, donne appartenenti a famiglie di ndrangheta che vorrebbero rompere con il clan di appartenenza, donne che hanno detto no all’aborto accettando coraggiosamente una maternità difficile.

Sono volti che raccontano storie di una di una povertà ancora nascosta, invisibile. Un pianeta della donna in difficoltà complesso poco conosciuto quello che si rivolge ai servizi sociali o alle associazioni,  solo la punta di un iceberg che ha dimensioni ben più vistose. Un numero in crescita anche in Calabria, dove secondo i dati ISTAT sono circa 30.000 il numero delle madri sole. Ma al di là dei numeri, che contano relativamente quando si è di fronte a persone, chi sono queste donne?  Per Giusi Nuri responsabile del progetto e presidente della Coop Soleinsieme, sono delle donne coraggiose, perché in contesti difficili scelgono di portare avanti il ruolo genitoriale senza avere alcuna rete parentale su cui potere contare  e senza alcuna sicurezza.

Con il problema del lavoro, quando, con fatica, decidono di avviare un percorso di autonomia, qualsiasi sia il loro titolo di studio, (comunque solitamente basso), spesso senza avere avuto una formazione professionale, non trovano altro che attività di badanti, cameriere, di donne delle pulizie, al meglio di commesse, ma quasi tutte soggette ad uno sfruttamento incredibile, senza alcuna assicurazione sociale né antinfortunistica. Un caso a parte è quello delle donne straniere extracomunitarie, ad eccezione del  gruppo delle orientali, solitamente integrato all’interno di famiglie come colf, resta la drammaticità delle condizioni delle tante donne di origine africana: normalmente si tratta di persone con cultura medio-superiore, talvolta laureate e con conoscenza di numerose lingue, attirate dal miraggio di una vita migliore, e costrette nel migliore dei casi a lavori umilianti, non di rado in forma clandestina, e senza alcuna garanzia assicurativa ed infortunistica. Ancora la situazione di donne che vivono in contesti di ndrangheta, spesso con il compagno detenuto, che vorrebbero rompere con il clan per assicurare un futuro diverso ai loro figli, donne   ma che hanno bisogno di punti di riferimento, che  vanno avvicinate ed orientate dalle associazioni e dai servizi sociali in collaborazione con il Tribunale per i minorenni

Per Mario Nasone Presidente di Agape, altrettanto drammatica, per tutti, l’esigenza di un alloggio, a parte la difficoltà di trovarlo (il reddito d’inclusione non rappresenta una garanzia per i proprietari), anche in questo settore vi è tanto sfruttamento: per tuguri vengono richiesti fitti esosi e senza alcun contratto, mentre da un giorno all’altro possono trovarsi in mezzo alla strada. Del resto, talvolta è solo la mancanza di una casa che genera la principale difficoltà della donna, anziana o giovane, italiana o straniera, per esempio a denunciare la violenza subita. Essere genitori è un compito impegnativo per la famiglia tradizionale, lo ancora di più per il singolo genitore, costretto a sperimentarsi quotidianamente con le difficoltà inerenti la genitorialità e la sopravvivenza economica. La promozione ed il miglioramento della qualità di vita, delle madri sole, può essere realizzata attraverso il recupero della loro storia di vita e del vissuto emotivo, attraverso un supporto psicologico, attività finalizzate alla promozione di nuove relazioni al loro reinserimento nel tessuto sociale; la formazione personale e professionale per imparare un mestiere e realizzare il proprio riscatto personale e sociale, il loro inserimento nel mondo del lavoro. Attività che mirano a sviluppare competenze educative/genitoriali, per prevenire l’abbandono dei figli, o facilitarle nel compito educativo.

Questa attività può essere svolta attraverso interventi domiciliari, dove Educatori professionali, supportano il singolo genitore nel ritrovare/riconoscere le proprie risorse, comprendere i bisogni di crescita ed autonomia dei figli e sperimentare nuove modalità, più funzionali al loro compito educativo. Per interventi organici ed incisivi servirebbero piani d’intervento promossi dal Comune in collaborazione con altri attori istituzionali e sociali così come previsto dal protocollo predisposto dall’assessorato alla pari opportunità ed in attesa di firma. Per sperimentare un modello d’intervento su queste fasce di povertà il Centro Comunitario Agape ha avviato un progetto denominato Ali della Libertà, percorsi di autonomia per madri sole con il sostegno  della Fondazione per il cambiamento e da ActionAid, attività che prevedono diversi interventi di sostegno e di affiancamento in particolare e per questo Agape ha attivato un cento di ascolto e di accompagnamento con psicologi, assistenti sociali, legali.

Per Daniela Rossi e Alessandra Lo Presti dell’associazione Tra Noi che stanno curando le attività di sensibilizzazione del progetto c/o parrocchie ed associazioni   è fondamentale l’attivazione di una rete di famiglie solidali e di appoggio a questi nuclei monogenitoriali. Una forma di solidarietà tra famiglie, per sostenere il compito educativo della madre, per aiutarla anche con piccoli gesti a fronteggiare i problemi della vita quotidiana e dell’educazione dei figli. Le famiglie, ma anche singoli volontari, che daranno disponibilità frequenteranno degli incontri di preparazione per lo svolgimenti consapevole di questa forma di servizio che sarà coordinato da una equipe di professionisti di Agape.  Sono stati già individuati i primi cinque nuclei madri bambino interessati per i quali sono state già attivati i primi interventi di aiuto.

 

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