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Resoconto sull’Ambiente a Luce Polarizzata di Bruno Munari all’ABARC (Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria)

In questi giorni, all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, è possibile assistere alla meraviglia delle Proiezioni a Luce Polarizzata dell’artista Bruno Munari, che resteranno visitabili fino al 27 ottobre 2022, negli orari di apertura dell’Istituto regino di Alta Formazione Artistica.

Progetto unico per la nostra regione, fortemente voluto dal Direttore Prof. Piero Sacchetti, nato all’interno dell’organizzazione dell’Open Day dello scorso 7 ottobre, è stato proposto dalla cattedra di Storia dell’arte del Prof. Marcello Francolini ed è a cura di Miroslava Hajek, storica e critica d’arte di nazionalità ceca di Fama Internazionale.

Che cosa significa avere, all’interno dell’Accademia, un’installazione per un ambiente a luce polarizzata di Bruno Munari? Innanzitutto la possibilità di costruire narrazioni su una delle storie dell’arte contemporanea di fondamentale importanza per la nascita dell’ultima grande tendenza europea che fu l’Arte Programmata inaugurata nel 1962 al Negozio Olivetti di Milano, con la presentazione di Umberto Eco e dello stesso Munari che sancirono una nuova tipologia di opera, l’opera aperta: l’obiettivo è quello di produrre non una sola immagine definita, ma tutta una moltitudine di immagini in continua variazione.

In effetti, ripercorrendo il percorso di Munari, così come ha fatto Miroslava Hajek davanti ad un pubblico variegato all’interno dell’Aula Magna dell’ABARC, l’artista, esplorando la nozione del dipingere con la luce, giunge nel 1950 a creare composizioni con materiali poveri o anche con frammenti di vetro colorato e plastica trasparente, fermati fra due superfici di vetro. Nascono così le proiezioni di diapositive contenenti composizioni intitolate Proiezioni a luce fissa. In quel periodo la luce diviene indagine di studio come testimoniato anche dalla serie delle opere pittoriche della fine degli anni quaranta, tra le quali Punto di Luce che rappresenta il punto di contatto più liminale con la pittura proiettata sui vetrini. Ma questa prima serie doveva risultare ancora statica all’artista arrivando a sperimentare un modo ulteriore di come utilizzare tutto lo spettro dei colori che la luce già possiede naturalmente per la sua incidenza sugli oggetti che osserviamo. È così che Munari scopre il filtro polaroid, che è una materia plastica prodotta in lastre. Se tra due dischi polaroid s’inserisce un pezzetto di cellophane e lo si guarda in controluce, si vede che il cellophane, incolore, ha assunto una varietà di colori. Attraverso questo procedimento, l’artista giunge a utilizzare i colori allo stato naturale, colori estratti dalla luce bianca, e poi la variazione dei colori stessi. Nascono così le Proiezioni a luce polarizzata. Nelle Proiezioni polarizzate la plastica è il mezzo per estrarre colore dalla luce. E cosi, Munari, fonde materia e luce producendo delle opere la cui stessa contingenza vive tra reale e percepito. La problematica di un’arte che diventa ambiente, in cui il fruitore è sollecitato non solo mentalmente, ma in modo totale, è ormai matura. Solo qualche anno più tardi Munari declinerà, durante il periodo di attività con il gruppo del M.A.C. (Movimento Arte Concreta), l’installazione delle proiezioni luminose (proiezioni dirette 1950, proiezioni polarizzate 1953), chiedendo allo spettatore una partecipazione emotiva completa.

Al dato storico si lega inevitabilmente quello didattico e divulgativo legato al tema fondamentale della conservazione dell’opera d’arte contemporanea. In effetti le Proiezioni a Luce Polarizzata, facenti parte della collezione Hajek, frutto di un serio lavoro scientifico condotto nel tempo insieme all’artista, sono oggi rivedibili grazie ad un lavoro di digitalizzazione dei vetrini, realizzata dagli stessi Hajek-Francolini in occasione della mostra Bruno Munari, i Colori della Luce organizzata alla Fondazione Plart di Napoli nel 2018.

Questo lavoro di ampliamento delle possibilità didattiche e divulgative permette, oggi a Reggio Calabria, di portare a conoscenza del pubblico un lavoro che ha profondamente inciso sugli sviluppi delle più attuali video-installazioni, l’arte interattiva, il Mapping, la Kinetic-Art e l’opera ambientale.

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