“Nel consiglio comunale dello scorso 15 luglio si è verificato un fatto più unico che raro. Sarebbe interessante sapere quante volte si sia verificato nella storia del Comune di Reggio Calabria.
Lo descriviamo.
Lo scorso 24 febbraio abbiamo presentato una mozione per la modifica del Regolamento per la Toponomastica. La mozione è estremamente semplice e va a sanare una innegabile – numeri e fatti alla mano – disparità nelle intitolazioni di strade e piazze tra donne e uomini. Una situazione che non è un semplice motivo di memoria, ma che costituisce l’espressione di un disvalore culturale da cui discendono tante problematiche nel riconoscimento dei diritti femminili. La toponomastica traduce la visione che una città ha – e intende avere per il futuro – di se stessa e disegna con precisione la qualità e il retropensiero – spesso maschilista e patriarcale – della sua classe dirigente.
La mozione pone due semplici modifiche: “La toponomastica del Comune tiene conto del principio di pari opportunità” e, conseguentemente, “le intitolazioni tengono conto del principio di pari opportunità, reperendo nuovi nomi femminili da assegnare tra: cittadine reggine o calabresi; tra donne italiane o straniere che abbiano avuto un rapporto privilegiato con la città; tra donne di cultura, di scienza, di qualunque arte o di rilevanza politica o sociale locali, nazionali, internazionali”. Cioè, esattamente quanto accade con le intitolazioni maschili.
Una modifica semplice semplice e che pure è passata attraverso: una lunga e dibattuta conferenza dei capigruppo; tre riunioni di commissione Pari Opportunità con audizioni – e pareri favorevoli – del presidente della Commissione Toponomastica comunale e di diverse associazioni interessate al tema. Se andaste a prendere i verbali di queste riunioni vi sorprendereste – ma forse neanche tanto – di quanto le esplicite dichiarazioni critiche di Ripepi (lo citiamo esclusivamente perché ha il merito di rendere chiare ed esplicite le sue riserve) siano simili a quelle, sotterranee e bizantine, di diversi consiglieri di maggioranza. Insomma, la mozione supera diversi passaggi, con una media di tempi di discussione estremamente più significativa di quella di quasi tutte le altre mozioni discusse in quasi due anni di Consiglio comunale. La presidente della commissione Pari Opportunità, responsabilmente, una volta che la mozione è stata sviscerata e approfondita, la mette ai voti: la mozione viene APPROVATA, con il VOTO FAVOREVOLE DI TUTTI I COMMISSARI DELLA MAGGIORANZA CONSILIARE e di quasi tutti i commissari di minoranza.
Insomma: a questo punto siamo certi che la mozione andrà in ratifica al primo Consiglio comunale utile. Occorre solo che passi dal parere della dirigente competente, ma non essendoci onere alcuno per l’Amministrazione, ci sembra che la cosa possa essere celere. Passano invece i mesi e ci viene detto che questo ritardo sarà recuperato: non andremo a votare la mozione, APPROVATA, ma il nuovo regolamento per la Toponomastica già integrato con la modifica. Dopo 5 mesi e dopo tante e tante richieste sul perché di tale ritardo, finalmente troviamo la mozione all’Ordine del Giorno. Non, quindi, il Regolamento già integrato, ma la mozione. Va bene, forse avremo capito male…
La mozione arriva al Consiglio Comunale del 15 luglio, corredata dal PARERE TECNICO POSITIVO della Dirigente competente. Aspettiamo solo la discussione, che riteniamo a questo punto unitaria e collegiale per il bene della città. E invece… Il consigliere Quartuccio chiede, a nome della maggioranza, che la mozione venga rinviata a data da destinarsi.
Chiariamo ulteriormente: una lunga conferenza dei capigruppo + tre lunghe commissioni Pari Opportunità + approvazione della commissione con il voto di approvazione + parere favorevole della Dirigente competente + 5 mesi 5 per leggere e rileggere la mozione, per proporre emendamenti + circa venti riunioni di Commissione Pari Opportunità in cui niente e nessuno ha più richiamato la mozione né eccepito nulla né chiesto che venisse ridiscussa.
Niente e nessuno lasciava immaginare un epilogo così inspiegabile. Alla richiesta di chiarimenti da parte del consigliere Saverio Pazzano non c’è stata alcuna reale risposta: solo il vaghissimo riferimento a delle cose (ma quali??? virgole, punti e virgola, elementi lessicali???) che andrebbero corrette e a un necessario e maggiore coinvolgimento di tutti i consiglieri (dopo tutti i passaggi che abbiamo riferito???).
Abbiamo una grande preoccupazione: se davvero si fosse trattato di qualcosa da correggere nel testo, allora si sarebbe potuta chiedere una sospensione della discussione per degli emendamenti. Da parte nostra ci sarebbe stata, come sempre, la massima apertura e disponibilità. Il rinvio pone invece molte e ingiustificabili problematiche e lascia apertamente immaginare che si tratti della volontà di stravolgere nel merito la mozione o, di uguale gravità, di stopparla per sempre: in entrambi i casi per dare ragione a quella cultura maschilista e patriarcale che non ha avuto neanche il coraggio di farsi esplicita e che forse neanche riconosce se stessa.
Il riconoscimento delle intitolazioni al femminile non può e non deve essere un fatto discrezionale della Commissione Toponomastica né il semplice accoglimento di qualche richiesta: non bisogna dire grazie se viene posta più attenzione alla parità di genere. Non è un fatto di sensibilità personale, in quanto tale ondivago e arbitrario, Occorre un regolamento per modificare radicalmente il modo di pensare, la cultura, del territorio. La classe dirigente o ha questa dignità o non ce l’ha. Semplicemente.
Ci auguriamo di essere smentiti: con la messa in votazione della mozione al primo Consiglio comunale utile”. Lo afferma una nota del Collettivo La Strada con Saverio Pazzano.