Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza 3844/2022 ha accolto il ricorso in appello presentato dall’Avvocatura dell’ASP di Reggio Calabria (Avv.ti Francesco Creaco, Giuseppe Maria Latella e Magda Santagati) avverso la sentenza n. 101/2022 adottata dal Tar Calabria – sezione di Reggio Calabria che aveva ritenuto di disapplicare l’art. 16 septies, comma 2, lett. g) della legge 17 dicembre 2021 (che prevedeva il blocco delle procedure esecutive sino al 31.12.2025), ravvisando una incompatibilità di detta norma con il diritto dell’Unione europea.
Il Collegio, aderendo alla prospettazione difensiva dell’ASP di Reggio Calabria, ha ritenuto, infatti che la ratio della richiamata previsione normativa è quella di consentire, anzitutto, la esatta determinazione del debito pregresso della sanità calabrese, così da rendere possibile, anche mediante il previsto impiego di una task force di personale specializzato, il pagamento dei debiti scaduti secondo l’ordine cronologico ed autorizzando, nelle more, il blocco di tutte le procedure esecutive in corso sino al 31 dicembre 2025 e, dunque, anche della proponibilità dei giudizi d’ottemperanza.
Secondo il Consiglio di Stato “la tutela dei creditori non può ritenersi ingiustificatamente sacrificata là dove la normativa in questione ha preveduto, da un lato, uno stanziamento di una posta economica, espressamente destinata a soddisfare i creditori e, dall’altro, al richiamato impegno, per vero serio, degli organi pubblici i quali, mediante l’accantonamento delle somme necessarie alla conclusione dell’avviato procedimento, assegnerà loro, entro i termini stabiliti, il pagamento dei debiti pregressi, dopo che sarà quantificata l’entità di detto debito pregresso. Né a conclusioni diverse conduce poi il rilievo circa il possibile conflitto con la normativa comunitaria, tenuto conto che si tratta, in realtà, di un contrasto solo apparente alla stregua di una valutazione complessiva dell’architettura normativa, nonché delle ragioni ad essa sottese – che sono essenzialmente volte, come puntualmente osservato dalla difesa sanitaria, a sovvenire al deficit di bilancio della sanità calabrese e, dunque, pienamente conforme ai principi indicati nel provvedimento censurato”.
Il Supremo Collegio ha anche ritenuto di rigettare le questioni di costituzionalità – prospettate dalla parte appellata anche con riferimenti al principio di uguaglianza e a quello di effettività della tutela giurisdizionale – poichè manifestamente infondate, considerato che la legislazione nazionale – integrando la normativa generale che ha limitato la proponibilità di azioni esecutive nei confronti delle ASL – ha mirato al risanamento delle ASL del territorio della Regione Calabria, senza prevedere sic et simpliciter l’improponibilità di tali azioni, ma disponendo articolate misure di carattere organizzativo e attribuendo specifiche risorse economiche.
Si è ritenuto dunque legittimo il blocco delle procedure esecutive nei confronti delle aziende sanitarie calabresi sino al 2025, ritenendo di doversi dichiarare improcedibile il ricorso di ottemperanza presentato dal creditore.