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“Premio dei Due Mari”: il 23 agosto a Decollatura (CZ) l’evento finale

Il Comitato organizzatore del “Premio dei Due Mari” comunica che il giorno 23 agosto alle ore 17.30, presso il Liceo Scientifico “Luigi Costanzo” di Decollatura (CZ), avrà luogo l’evento che culminerà con la premiazione delle Eccellenze Calabresi nel mondo, con la partecipazione straordinaria dell’Avvocato Emma Staine, Assessore regionale alle politiche sociali e ai trasporti, che presiederà la serata.

Introdurrà il Prof. Vincenzo Viterbo, promotore del “Premio dei Due Mari”, seguito dai saluti dell’Ing. Raffaella Perri, sindaco di Decollatura, del Prof. Vincenzo Villella, storico, e del Dott. Francesco Esposito, presidente Gal dei Due Mari. L’evento sarà moderato dal giornalista Prof. Raffaele Spada.

Interverranno il Prof. Pierluigi Grandinetti, docente Università Iuav Venezia, su “I borghi della Calabria: dall’abbandono alla rinascita”; Rosa Pulerà, vicepresidente Fidapa sezione di Soveria Mannelli, su “La donna nell’imprenditoria”; il Prof. Elia Fiorenza, docente Università della Calabria, su “Decollatura: L’evoluzione storica delle attività produttive e l’economia attraverso i secoli”.

Riceveranno il Premio dei Due Mari i seguenti imprenditori:

  • Prof. Pina Amarelli Mengano, Presidente Fabbrica di Liquirizia Amarelli
  • Prof. Florindo Rubbettino, Amministratore Rubbettino Editore
  • Ing. Piero Federico, Amministratore Delegato del Gruppo Mangiatorella

MOTIVAZIONI STORICHE DEL PREMIO DUE MARI: IONIO E TIRRENO

A cura del Prof. Vincenzo Villella, storico

Il territorio dell’istmo fra i golfi di Sant’Eufemia e Squillace, secondo la teoria di Armin Wolf, era la mitica SCHERIA, la terra dei Feaci con la capitale del re Alcinoo a Tiriolo. I Feaci erano un popolo pacifico che non conosceva la guerra. Un popolo di marinai che si procurava pacificamente da vivere e dove la donna, a cominciare dalla regina Arete, non era subalterna all’uomo. Omero presenta i Feaci quasi come una razza superiore. E manifesta questo sentimento in vari modi. Dice, infatti, che i Feaci sono felici al pari degli dèi; le loro navi volano sul mare rapide come il pensiero; i loro marinai sono i primi navigatori al mondo; i loro danzatori e acrobati sono artisti straordinari, anzi di più, sono i migliori. Essi amano ascoltare il canto degli aedi. Si tratta di ammirazione e di lodi a getto continuo e fino all’iperbole.

Di fronte all’importanza così manifesta di questo popolo agli occhi di Omero, di fronte all’atteggiamento di meraviglia che il poeta assume nei loro riguardi, si è portati a credere che i Feaci abbiano occupato un posto importante nella storia antecedente la colonizzazione greca. Ma questo popolo, invece, è del tutto ignorato dagli storici e il loro paese è sconosciuto anche ai geografi. Non ha lasciato alcuna traccia di sé. Il suo ricordo vive solo nell’Odissea.

Nello stesso territorio dell’istmo, come tramandato dagli antichi storici Antioco Siracusano, Strabone, Dionigi di Alicarnasso, Tucidide oltre che da Aristotele e Virgilio, nacque, tra mito e leggenda, la prima Italia, dal nome del mitico Italo, re degli Enotri, un popolo che da nomade era diventato, grazie a lui, stanziale.

Leggende e miti assai intriganti ci narrano di lui, di un uomo antesignano e lungimirante, dai valori e dall’umanità che ne fanno una figura di grande modernità, pacifista, uomo giusto e vocato al bene comune, ai valori democratici, all’accoglienza dello straniero. La prima affermazione sociale, politica, legislativa ed economica della democrazia.

Questo è stato il re Italo per la sua gente.  Per noi deve essere vanto e orgoglio per il suo profilo di saggezza, giustizia e democrazia.

Si tratta di miti, è vero. Ma nei miti si riflettono le credenze e i valori della civiltà che li ha elaborati e rappresentano perciò un mezzo utilissimo a noi per conoscerli e comprenderli meglio. Il mito insegna la vita, è conoscenza, trasmette principi morali e comportamentali, ha fornito risposte agli uomini che si interrogavano sui problemi della vita, ed è stato il primo fondante passaggio al logos.

L’istmo però non racchiude solo miti e leggende, ma è stato attraversato da tutta la storia. E nessun altro territorio in Calabria è un vero e proprio museo all’aria aperta come l’area più stretta della Calabria tra lo Jonio e il Tirreno. Ne sono conferma i siti preistorici, le testimonianze pregreche, poi magnogreche, romane, arabe, ebraiche, arbëreshë, normanno-sveve, angioine, aragonesi, francesi, spagnole.

Ma un altro aspetto va sottolineato per evidenziare il significato di questo Premio dei Due Mari: Ionio e Tirreno. Il 6 ottobre del 2001 il cardinale Martini, inviato in Calabria da papa Giovanni Poalo II per il nono centenario della morte di San Bruno (6 ottobre 1101), riferendosi al quadrilatero della 4 abbazie di Santa Maria del Bosco, Santa Maria del Carrà, Santa Maria di Sant’Eufemia, Santa Maria di Corazzo, affermò che qui proprio nella parte centrale della Calabria, sul finire del primo secolo del primo millennio, è cominciata a nascere culturalmente l’Europa grazie all’irradiazione di una nuova cultura maturata fra mondo benedettino e mondo mediterraneo. Affermava anche che San Bruno poteva essere, come i santi Benedetto, Cirillo e Metodio, il patrono d’Europa e dell’unità europea. L’Istmo, quindi, non solo fu la Prima Italia, ma anche una prima manifestazione della futura Europa.

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