“Non è una inezia accettare che la menzogna e l'imbroglio ci vengano presentati come unica forma di governo: la democrazia è imperfetta, ed è bene sapere che solo la nostra decisione può migliorarla” - Luis Sepúlveda
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Reggio al bivio. Giuseppe Raffa: “Non vedo alcun risveglio sociale”

raffagiuseppeildispacciodi Anna Zaffino – E’ stato vicesindaco di Reggio dal 2002 fino al 2010, quando è diventato Sindaco facente funzioni subentrando a Giuseppe Scopelliti, eletto Presidente della Regione Calabria. Per Giuseppe Raffa, medico e attualmente Presidente della Provincia, in città ci sarebbe bisogno di “una rivoluzione culturale di impronta gandhiana, di una rete sociale capace di ribellarsi”. Ma ammette che Reggio da quel risveglio sociale è ancora molto lontana. Non idilliaci i suoi rapporti con Scopelliti, Raffa va a ritroso quando parla del famoso “documento dei trenta”. Trenta fedelissimi dell’ex Governatore della Calabria, fra assessori e consiglieri comunali, che con quel documento lo avevano sfiduciato (quando era Sindaco f.f), a causa di alcune scelte operate in netta discontinuità rispetto alla gestione Scopelliti. “Un errore politico di una gravità assoluta – lo considera Raffa – perché ci sarebbero stati altri strumenti e occasioni per poter dialogare e per trovare una sintesi con gli amici del centrodestra”.Uno scontro, quello di allora tutto interno al Pdl, che ha lasciato evidentemente strascichi perché fino a poco tempo fa il suo partito, Forza Italia, e il Nuovo Centrodestra, non se le mandavano di certo a dire. Ma, in vista delle comunali, i due partiti si sono ricompattati (in apparenza), stringendosi attorno alla candidatura di Lucio Dattola. In più passaggi durante l’intervista, Raffa rimarca la necessità di un cambiamento all’interno del suo stesso partito sui metodi di scelta dei candidati, ammette la diaspora che sta avvenendo in Ncd e affonda sul renziano Callipo. Ma non nasconde nemmeno le sue preoccupazioni per un “voto che non sempre è stato libero”, riflettendo sull’appello lanciato alcune settimane fa dal procuratore capo, Federico Cafiero De Raho, chiedendosi se a Reggio tornerà davvero la democrazia.

Presidente, il 26 ottobre si torna a votare dopo lo scioglimento del Comune che ha portato i Commissari alla guida di Palazzo San Giorgio.

L’aspetto positivo è che al di là della condotta dei commissari, sui quali ci sono molti punti di ombra e alcuni riflessi di luce, ritorna la democrazia. Per l’esperienza che ho maturato sul territorio della Provincia, in cui i Comuni commissariati sono tantissimi, ho potuto constatare che purtroppo – e questo lo avevamo invocato nel pretendere che venisse modificata la legge sullo scioglimento dei consigli comunali – si crea oltre all’interruzione della democrazia, un diaframma spesso insuperabile tra il territorio e la gestione di un Comune che, invece, deve essere a contatto quotidiano con i cittadini. A Reggio è successo questo. I commissari si sono un po’ irrigiditi sulle loro posizioni. Ci saremmo aspettati da un commissariamento, peraltro dopo le espressioni del ministro Cancellieri, una sorta di risarcimento dopo che per la prima volta nella storia si è sciolto un Comune capoluogo. Per fortuna adesso ritorna la democrazia. I segnali di questa campagna elettorale, però, non sono molto incoraggianti.

Perché?

Perché è una campagna elettorale improntata sul conflitto personale tra i candidati. Io mi sarei aspettato, e lo avevo auspicato, una condivisione con tutte le forze politiche di un preciso percorso amministrativo. Il che non significa inciucio o, come spesso viene definito dalle parti di Catanzaro, ‘accordone’. Chiunque sarà il Sindaco avrà una strada sicuramente in salita che diventerà impercorribile nel momento in cui non ci sarà la capacità di creare sinergia tra maggioranza e opposizione per guardare finalmente all’interesse della comunità.

Dattola ha dato numerose stoccate a Falcomatà.

Ma è una cosa reciproca, anche Falcomatà non si è risparmiato nell’attaccare Dattola su tanti temi. Al cittadino non interessano queste cose. Questo è un segno di immaturità. Io avevo detto ‘Mettiamoci insieme e individuiamo dieci priorità per la città poi chiunque vinca le porterà avanti’, ma non sono stato ascoltato. Ho visto, però, che poi qualcuno riprende questo tema. A volte mi sento un marziano. Spero che si ritorni all’interno dei ranghi di una dialettica politica che guardi soprattutto ai programmi. Spero che in questi ultimi giorni ci sia la possibilità di portare avanti questo tipo di confronto.

Vi sentite di partire con un gap considerando che il Partito Democratico vi ha battuto sul tempo sulla campagna elettorale?

Lo strumento delle primarie che ha adottato il Pd, sia a livello regionale sia a livello comunale – e che non è contemplato dallo statuto del nostro partito e che auspico venga utilizzato quanto prima – dà uno strumento in più perché la campagna elettorale è già iniziata con le primarie. Tuttavia noi non ci sentiamo in difficoltà.

Perché la scelta del candidato è ricaduta su Dattola e che aria tira all’interno del centrodestra, fino a poco tempo fa i rapporti con il Nuovo Centrodestra non erano proprio idilliaci…

La scelta di puntare su Dattola è stata fortemente voluta e condivisa da tutto il centrodestra, per cui ritengo che se saremo compatti, non dovremmo avere grosse difficoltà nel misurarci a pari livello con il centrosinistra.

Scopelliti che fine ha fatto, vi siete incontrati?

Ci siamo incontrati all’aeroporto ma ancor prima di queste decisioni. Ci siamo solo salutati, è stato un incontro molto fugace perché prendevamo voli diversi.

Scopelliti sembra agire dietro le quinte. Per quanto riguarda le liste che sostengono Dattola, in Ncd mancano nomi importanti, come Daniele Romeo, e in Reggio Futura troviamo molti ‘scopellitiani’. Che aria tira?

C’è una diaspora all’interno Nuovo Centrodestra e lo si è plasticamente dimostrato in questa competizione. E’ chiaro che dietro Reggio Futura c’è Scopelliti che ha organizzato la sua lista con gli uomini che aveva a diposizione. Non so perché Daniele Romeo non si sia candidato o se ambisca a candidarsi alle Regionali, ma sono scelte che appartengono a lui e al suo partito. Questa divisione che si è creata all’interno di quella fetta di elettorato che è Ncd e Reggio Futura, comunque, potrebbe essere un valore aggiunto per l’intera coalizione.

Li ha visti gli opuscoli del “Grande imbroglio” a difesa del Modello Reggio?

Difendono il loro percorso politico, è anche comprensibile dal loro punto di vista. Non so come lo accoglieranno i cittadini, lo dimostreranno anche con il voto. Mi auguro che sia un voto libero. Prima parlavo del ritorno della democrazia, ma tornerà davvero la democrazia?

Ha dei dubbi?

Che il voto non sia stato sempre libero è stato dimostrato dalle molte inchieste messe in campo. Peraltro il grido d’allarme lanciato da De Raho mi fa riflettere ancora di più. Il voto è libero quando il cittadino è libero dai bisogni, e ancor di più quando il cittadino, all’interno di una rivoluzione culturale, si sente libero di esprimere la propria idea. Penso che sia un momento di esaltazione, un fatto spirituale, all’interno di una cabina si può votare per chi si vuole, soprattutto se si è liberi mentalmente di poterlo fare.

Facciamo un passo indietro. Lei ha deposto nell’ambito del Caso Fallara, e quando è stato sindaco f.f. ha posto una certa discontinuità rispetto al Modello Reggio. Aveva detto ‘volevano che facessi solo il traghettatore’. Cosa ricorda di quegli anni, che situazione aveva trovato?

Ho un ricordo molto nitido. Rispetto a quelli che erano i presupposti del dopo Scopelliti, quanto da vicesindaco ho continuato a traghettare il Comune per ulteriori mesi, mi sarei aspettato (da consiglieri e assessori, ndr) la stessa condivisione con la quale avevamo convissuto fino a quella data. Ho agito non per dare problemi a qualcuno ma per dare dignità al mio ruolo, che è la cosa per la quale faccio politica. Io non sono mai sceso in campo per interessi personali, né perché devo trovare un lavoro, ma perché per me fare politica è uno spirito di servizio. E questo spirito di servizio mi ha portato ad assumere (da sindaco f.f., ndr) alcune decisioni che sono state lette male. Il ‘documento dei 30’, che è stato un documento che spesso viene dimenticato, è stata la genesi della diaspora perché i trenta, tra cui 10 assessori, avevano firmato un documento di sfiducia nei miei confronti. In quell’occasione mi sono dimesso, e non avrei assolutamente fatto un passo indietro rispetto a quella decisione se non avessi avuto stimoli positivi da parte dei cittadini e da altre istituzioni che mi hanno incoraggiato ad andare avanti. Quello è stato un errore politico di una gravità assoluta, perché ci sarebbero stati altri strumenti e occasioni per poter dialogare e per trovare una sintesi con gli amici del centrodestra. Mi sono trovato veramente solo. Tuttavia è stato per me un orgoglio aver condotto da solo una battaglia di dignità anche personale e aver voluto riposizionare quelli che sono gli equilibri amministrativi. A dispetto di quanto qualcuno possa pensare, il rapporto tra maggioranza e opposizione non è di contrasto, non l’ho mai inteso così. Per me significa essere a disposizione e soprattutto vuol dire creare i presupposti indispensabili per poter governare insieme. Questi sono concetti che, purtroppo, non vengono recepiti alle nostre latitudini, perché si pensa “io ho vinto e io devo governare”.

Ammettiamo vinca Dattola. Il Pd sarà in grado di fare opposizione costruttivamente?

Io apprezzo molto il coordinatore provinciale Sebi Romeo, che è una persona equilibrata. Peraltro, anche all’interno dell’amministrazione provinciale spesso ci siamo confrontati e lo abbiamo fatto sempre nell’interesse della collettività. Molte delle delibere approvate in Consiglio sono passate anche con il voto dell’opposizione. E ripeto, non è né inciucio, né ‘accordone’, ma si tratta esclusivamente della voglia di porre un problema rispetto al quale non ci sono differenze. Come facciamo a dividerci su alcuni temi come per esempio il Porto di Gioia Tauro, che è oltretutto uno dei tanti temi sul quale io mi sto battendo? E’ così chiara la situazione, è così chiaro il disinteresse da parte del Governo che non ci possono essere divisioni. E su questo vorrei muovere una contestazione Callipo quando è andato a Gioia Tauro a lamentarsi contro il Governo. Quando Renzi è venuto a Reggio, quale migliore occasione di pretendere delle risposte invece di venire in Prefettura e scimmiottare rispetto al Presidente del Consiglio. E’ facile in campagna elettorale assumere posizioni di comodo rispetto alle aspettative del territorio per recuperare qualche consenso. Non si fa così la politica. Se siamo da 30 anni in queste condizioni drammatiche qualche errore è stato commesso. Cominciamo a valutare gli errori e a riposizionare le nostre strategie.

Oliverio alle primarie regionali ha battuto Callipo, la rottamazione, in questo caso, non ha funzionato. Se alle comunali vincesse Falcomatà si fiderebbe? Gli viene contestata la poca esperienza. E’ così?

Se dicessi che Falcomatà non va bene perché è giovane e inesperto, farei l’errore che è stato commesso fino ad ora. Io giudicherò Falcomatà nel momento in cui metterà in piedi la sua squadra e avrà modo di spiegare il suo programma.

Gli altri candidati possono erodere i voti a Dattola e a Falcomatà?

Forse un po’ sì. Non sento molto il voto sui Cinquestelle.

Anche grazie a lei si è aperta l’indagine ‘Torno Subito’ che ha fatto emergere una macchina burocratica del Comune che, stando alla magistratura, farebbe acqua da tutte le parti. Il prossimo sindaco come riuscirà ad arginare tale situazione?

Sull’indagine devo dire che c’erano state parecchie segnalazioni. La Guardia di Finanza si è interfacciata con me su come affrontare questo problema. Poi hanno avviato le loro indagini e dalle quali è emerso un quadro preoccupante. E’ una difficoltà che si troveranno tutte le amministrazioni. Non perché la macchina amministrativa abbia interesse a remare contro questa o quell’amministrazione di centrodestra o centrosinistra. Peraltro dai dati dell’indagine Cgia di Mestre è emerso che la Calabria è la prima regione nella quale i certificati medici vengono presentati il lunedì mattina. Sono dati veramente inquietanti. E depongono male per il territorio e soprattutto per i tanti disoccupati che ci sono. Chi ha un posto di lavoro ha il dovere di saperlo tutelare.

E cosa si può fare rispetto a questo?

Serve una rivoluzione culturale di impronta gandhiana. Ma non la può fare solo la politica. La politica deve dare il primo esempio, subito dopo ci deve essere il cittadino, una rete sociale capace di ribellarsi. La politica spesso si adagia, i politici si risvegliano quando c’è qualche manifestazione di protesta, quando esplode il problema in sé, quando il problema può essere interpretato come un’opportunità di ritorno in termini elettorali. Ma qua bisogna programmare ancora prima, bisogna fare in modo che il cittadino non si senta ogni giorno penalizzato da una gestione sbagliata, per stimolare chi amministra in modo che questa macchina si raddrizzi. Questo risveglio sociale, che è stato più volte richiamato da tanti attori, come per esempio dal procuratore De Raho e dal Vescovo, ancora non lo intravedo. E questo sarà un problema per chi andrà ad amministrare il Comune.

Le emergenze in città sono tante. Basti pensare al caso Sogas o al Piano di Rientro. Il nuovo Sindaco avrà molto da fare.

Il Piano di Rientro sicuramente sarà una palla al piede per qualunque volo pindarico volesse fare qualsiasi sindaco. E’ un peso che ci porteremo dietro, però spesso basta ottenere piccole cose. Io ho molto apprezzato che qualche aiuola sia stata abbellita a costo zero. Sono segnali positivi di una città che vuole risvegliarsi, che vuole ricominciare a vivere. Per aggiustare la fontanella di una piazza non ci vogliono più di 800 euro. Sarebbero necessari anche piccoli segnali.

Lei è anche un medico. Tra i tanti problemi della sanità c’è anche il caso cardiochirurgia.

La volontà di aprire cardiochirurgia, che credo sia di tutta la politica, cozza con la politica regionale che è andata in un’altra direzione. E’ normale che quando mi trovo al Tavolo Massicci mi dicono: qual è il bacino di utenza della Calabria quando avete due cardiochirurgie a Catanzaro e una a Messina? Allora cominciamo a balbettare e vuol dire che in passato abbiamo commesso degli errori. Sarebbe stato più logico averne una a Catanzaro e una a Reggio. Adesso, da almeno 5 anni, stiamo pagando 100 mila euro al mese di leasing per pagare i macchinari. Macchinari che, oltretutto, tra qualche anno saranno già inutilizzabili e potremo ritrovarci a dover reinvestire denari. Cardiochirurgia è un centro di grandissima specializzazione in cui si potrebbero fare anche i trapianti di cuore. Però sono passati 4 anni da quando parlavamo di aprire la struttura.

Sulla Sogas che prospettive ci sono?

Noi ci sentiamo molto impegnati sulla Sogas perché siamo soci di maggioranza, e lo siamo diventati non perché soffriamo di egoismo, ma perché l’aeroporto è un patrimonio della città e dell’area dello Stretto, e deve essere un patrimonio di tutte le istituzioni territoriali. Tutti i Comuni, quello di Reggio in particolare, Camera di Commercio, Assindustria, Provincia, Regione avrebbero dovuto fare quadrato attorno alla struttura. Mio malgrado adesso siamo soci quasi al 70% perché ci siamo dovuti sostituire ai vari soci che spesso non hanno pagato. Nel caso specifico, abbiamo dovuto anticipare le quote societarie di Regione e provincia di Messina perché non hanno versato. Noi non abbiamo versato perché volevamo le quote, ma per superare un momento molto critico: non ci avrebbero dato la concessione per la gestione dell’aeroporto se le quote societarie non fossero state in equilibrio. Ci siamo dovuti sovraccaricare quest’ulteriore spesa. Io credo molto nell’aeroporto, è l’unica struttura che ci consente di avere un’apertura verso il mondo. Poi, in cinque minuti si arriva in centro, io di cose così ne ho viste davvero poche. Perché non valorizzare questa potenzialità?

Un’altra potenzialità potrebbe essere l’integrazione con Messina, la Città Metropolitana…

Oggi la Città metropolitana è la provincia di Reggio. Chi meglio di me la conosce che ho girato tutti i comuni? E’ da costruire, dobbiamo mettere insieme quattro macrorealtà ognuna delle quali ha una propria vocazione: l’area della Locride, l’area Grecanica, la Piana e lo Stretto. Ecco, devono essere ricucite in un unico territorio. Sul percorso legislativo della Città Metropolitana ho grossi dubbi che ho esposto anche a Delrio, tra cui il fatto che il sindaco si troverà a gestire troppi Comuni. I provvedimenti di Renzi, poi, sulle province non hanno fatto risparmiare nulla, e l’elezione di secondo livello fa perdere la concretezza della volontà politica.

Accorinti sostiene fortemente una vera integrazione con Messina.

La visione di Accorinti è ormai idilliaca. Io andrei più sul pragmatico. Ci siamo confrontati sui trasporti. Il porto di Reggio dalle 20 in poi è isolato, la Metromare ogni settimana balbetta…

Si era parlato di una sua discesa in campo alle Regionali, la scelta del centrodestra poi è ricaduta su Wanda Ferro. Cosa è successo?

Una parte del partito ha deciso di candidare Wanda Ferro, con una logica che io ho contestato, con metodi che io ho considerato non condivisibili. Le primarie seppure con tutti i limiti, sono uno dei possibili metri di valutazione. Noi avremmo gradito che ci fosse stato un criterio di valutazione il più oggettivo possibile e non c’è stato. Se io chiedo per quale motivo e con quale criterio si è deciso di candidare la Ferro, che è una persona che io stimo rispetto e ha anche un bel bagaglio culturale, non so cosa mi possano dire. Il cittadino questo lo vuole capire. Mi sento fortemente motivato a sostenere Ferro, ma contesto al mio partito il metodo con il quale sono arrivati a questa soluzione. Peraltro ci siamo visti solo una volta, avremmo gradito che a conclusione di questo percorso di valutazione ci saremmo rivisti, così come ci eravamo impegnati a fare con Matteoli, per fare una sintesi all’interno della quale mi avrebbero potuto fornire delle spiegazioni, una motivazione, il che avrebbe creato anche meno frizioni. Saremmo usciti ancora di più rafforzati, non tanto al nostro interno perché siamo coesi, ma verso l’esterno.

Reggio al bivio. Per sperare in un cambiamento da cosa partire?

Reggio deve cambiare. Per far cambiare Reggio bisogna partire da quello che già abbiamo, non dobbiamo inventarci niente. Abbiamo un rapporto città-mare che è il punto di partenza di qualsiasi politica di sviluppo del territorio, che io quando ho avuto l’opportunità di amministrare la città ho cercato di valorizzare. Per esempio il nostro waterfornt, i lidi. Prima il Lungomare di Reggio era solo una bella passeggiata, adesso è diventato, anche grazie a un’intuizione di pianificare l’utilizzo delle aree demaniali, una grossa opportunità di crescita economica. Qualcuno potrà contestare che i lidi fanno rumore la notte, ma ci sono degli imprenditori che hanno potuto creare sviluppo e lavoro. Immaginiamo di valorizzare tutto il Lungomare attrezzandolo per come abbiamo predisposto con il piano spiagge sul quale ho creduto e lavorato molto. Altro punto: la valorizzazione culturale del territorio. Per investire in questo settore bisogna crederci. Abbiamo i nostri giacimenti culturali, partiamo da là, puntando – e noi come provincia lo stiamo facendo – sul senso di appartenenza al territorio. Il nostro territorio non è quello di oggi, pieno di buche e spazzatura. Siamo stati la culla della civiltà nel periodo nel periodo Magno Greco. Ripartiamo dall’appartenenza, rispolveriamo quel modello. E facciamoci carico oggi dell’orgoglio di essere stati qualcosa. Le condizioni ci sono. Non ho mai sentito nessuno che arrivando da fuori abbia mai detto che la città è brutta. La città è bellissima, il primo impatto è sempre molto positivo. Altra questione: occorre rendere migliore la vita quotidiana del cittadino. Tappando le buche, per esempio, o dando ordine al parcheggio selvaggio e all’utilizzo improprio di tutti gli spazi pubblici, dando un decoro ambientale. Per abbellire una piazza non ci vuole molto. Basta un minimo di buona volontà e metterlo al centro dei propri programmi di sviluppo. La cosa che mi preoccupa però è che non vedo un programma, noto solo questa conflittualità mediatica. Il cittadino è anche stanco, perciò c’è la disaffezione della politica.

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