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Processo Geenna su ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, la Cassazione: “Poco motivata confisca dei beni di Raso”

“L’acquisizione dei beni confiscati non risulta correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato nei confronti di Raso dalla Corte di appello di Torino, occorrendo verificare se tale condizione soggettiva, che si faceva risalire al 2009, si era manifestata al momento dell’acquisto dei beni confiscati”.

Così la Corte di cassazione nella sentenza con cui motiva l’annullamento, deciso ad aprile, della confisca dei beni del ristoratore Antonio Raso, coinvolto nel processo Geenna sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, rinviando alla Corte d’appello di Torino per un nuovo giudizio. Accolti tutti i sei motivi della difesa (avvocato Ascanio Donadio) riguardanti anche la mancata dimostrazione della “sproporzione reddituale” all’origine della confisca.

“Esemplare rappresentazione di quanto si sta affermando si trae dalla confisca delle quote sociali” del ristorante La Rotonda “che erano state acquistate dal ricorrente nel 2002”, quindi ben prima del 2009.

“Discrasie cronologiche” che “si riverberano anche sul saldo attivo del conto corrente, cointestato ad Antonio Raso”, utilizzato per “la gestione dei costi e dei ricavi dell’attività imprenditoriale in esame, sui quali si impone una complessiva rivalutazione”. Ma “considerazioni analoghe valgono anche” per l’appartamento acquistato ad Aosta nel 2014 per circa 300 mila euro, dei quali però 170 mila euro provento della vendita di un immobile comprato da Raso nel 2000 e la parte restante frutto di un mutuo.

“Discrasie cronologiche” che “si riverberano sui depositi bancari di Antonio Raso, giacenti” in un’altra banca e “su cui confluivano le somme provenienti dal contratto di mutuo”. Antonio Raso, scarcerato il 31 marzo scorso dopo oltre quattro anni di custodia cautelare, è in attesa della fissazione dell’appello bis del processo Geenna.

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