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La compagnia “Plauto” porta in scena a Cosenza ‘E=mc²’: follia, menzogna e bramosia nel “manicomio” artistico dell’umanità

di Roberta Mazzuca – Teatro e follia, follia e scienza, scienza e solitudine. Solitudine e amore, amore e omicidio, omicidio e giustizia. Giustizia e verità, verità e finzione, finzione e verità. E si torna al teatro. Tutto si incastra perfettamente e prende forma in una serie di eventi e sentimenti uguali e contrari, in un climax narrativo avvincente e accattivante, che tiene incollati alle poltrone, senza mai annoiare o esasperare.

Accade a Cosenza, nella splendida cornice dell’Officina delle Arti, dove in un travolgente e armonicamente alienato spettacolo dal titolo ‘E=mc²’, il laboratorio di ricerca “Plauto” del Teatro dei Fliaci regala un’interpretazione intensa e straordinariamente penetrante della grottesca commedia di Friedrich Dürrenmatt “I fisici”.

La scenografia è essenziale: un divano, un pouff, e all’interno una bottiglia di “whisky” da usare all’occorrenza. Essenziale è anche l’interpretazione, e certo non in senso negativo. Un’interpretazione non scarna, ma mirata, precisa, semplice. Essenziale perché costituisce l’essenza vera dello spettacolo e della capacità stessa degli attori, così abili nel restituire ogni più piccolo particolare delle emozioni in scena, da non aver bisogno di null’altro, se non del proprio corpo e del proprio talento.

Luogo della rappresentazione è la casa di cura Les Cerisièrs, ciò che più comunemente è detto ‘manicomio’. Il luogo dei “folli”, ma anche dei “teatranti”. Il luogo in cui si dipanano i sentimenti ambigui della vita, le verità non dette, le menzogne più nascoste. Un luogo che diventa esso stesso teatro, in cui ognuno recita una parte nella propria, fingendosi pazzo e raccontando finzione e verità, come le due facce di una stessa medaglia.

Protagonista è Mӧbius, fisico nucleare che si finge pazzo per evitare che i suoi studi e le sue scoperte finiscano in mani sbagliate, e interpretato da Francesco Scornaienghi. Insieme a lui, inscenano la stessa malattia Ernesty, una spia comunista che dice di credersi Einstein, interpretato da Felice Via, e un agente segreto americano che fa finta di credersi Newton, interpretato da Giovan Battista Lillo Odoardi. I tre, che si presentano al pubblico in momenti differenti, si ritrovano insieme nella scena finale a scoprire l’ennesima verità non detta: l’unica persona che riuscirà a impadronirsi della formula segreta di Mӧbius sarà la più folle di tutto il gruppo, la proprietaria della clinica, Mathilde Von Zahnd, magnificamente interpretata dosando perfettamente cattiveria, follia, e disperato fanatismo.

Di sconvolgente bravura i tre fisici, personaggi folli ma estremamente umani, ricchi di sfaccettature e chiaroscuri che i loro interpreti riescono decisamente a restituire: la pazzia, ma anche l’ingenuità. L’ambizione, ma anche la generosità. L’inquietudine, la solitudine, ma anche il bisogno di amore e di amare. Un amore che perfino il pubblico, alla fine, riesce a donargli: perché, seppur folli e omicidi, restano comunque incarnazione disillusa di ogni umana debolezza. Visionari manipolatori di un mondo che credono di avere sotto controllo, finiscono per essere unici veri manipolati, rinchiusi nel loro stesso imbroglio, burattini indifesi di fronte al male più grande, la sete implacabile di potere.

E ancora, ad accompagnare follia, menzogna e bramosia, temi come la solitudine, l’amore, la giustizia. In altrettante convincenti interpretazioni che si intersecano alle vicende dei fisici, l’intero cast non sbaglia un colpo, e permette la riuscita di uno spettacolo da “brividi”: si tratta di Carlo Via, Maria Mandarino, Paola Cuccomarino, Adele Federica Salituro, Chiara Vinci, Livia Di Gaudio, e Cinzia De Leo. Tutti estremamente preparati, persuasivi, perfettamente in linea con i propri personaggi. Una morte che pare vera, ad esempio, quella dell’infermiera Monica, il cui corpo si accascia sul divano con la dolente spontaneità di un ultimo sospiro.

 

Un dramma, quello messo in scena e curato dal Teatro dei Fliaci, che riguarda tutti: non solo la responsabilità dello scienziato di fronte al genere umano, ma la responsabilità del genere umano stesso di fronte alle proprie scelte. Come quella di uccidere per mantenere un segreto, o quella di amare “agli occhi del mondo, un malato di mente”, o ancora quella di rinunciare alla giustizia. Ciò che, allora, Luca Di Pierno e Teresa Nardi, rispettivamente regista e aiuto regista, insieme alla loro compagnia, insegnano, è il coraggio di compiere le proprie scelte, ma anche di affrontarne le conseguenze, di non temere la verità, e neanche la menzogna, ma accogliere la finzione come parte integrante della vita, del teatro, dell’essere umano.

Spettacolo degno di nota anche dal punto di vista tecnico, con luci e audio curati da Giacomo Greco, che ha saputo dar vita ad un’atmosfera perfettamente in linea con il senso della rappresentazione. Di notevole impatto, ad esempio, l’ingresso in scena degli attori che, grazie ad un eccelso gioco di luci e alla conturbante musica, hanno potuto ammaliare il pubblico sin dal principio, restituendo quel senso di inquietudine che aleggerà poi nell’intero spettacolo e si riproporrà al suo termine. Mathilde Von Zahnd tesse le fila da burattinaia illuminata dall’alto di un palchetto, per poi scendere tra i suoi folli e ignari automi, e manifestarsi già come vera unica artefice di ogni malefica azione.

Una scelta azzardata, quasi folle, quella di mettere in scena “I fisici” di Dürrenmatt. Ma, come recita Mӧbius, “Non c’è niente di meglio che fingersi pazzi, d’altronde siamo in un manicomio”. Quello della vita, quello del teatro, quello della meravigliosa arte del laboratorio “Plauto”.

Luca Di Pierno e Teresa Nardi (Teatro dei Fliaci)
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