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La comicità del male

di Mariagrazia Costantino* – In queste ore a Tbilisi, capitale della Georgia, migliaia di persone scese in piazza per gridare la loro volontà di entrare in Europa – sinonimo di speranza e legalità – vengono picchiate e arrestate per ordine di un governo fantoccio appena insediato dopo elezioni ben poco trasparenti, come tutto quello che ha a che fare con la Russia. Russia dove nelle stesse ore si è rifugiato Assad, il sanguinario (si spera presto ex) presidente siriano, la cui eleganza e l’aplomb British non traggono in inganno chi è disposto a informarsi. E ad andare oltre le apparenze.

A proposito di inganni, apparenza e (dis)informazione, in Italia spuntano ovunque iniziative pseudo- (o para) culturali volte a raccontare la “vera” Russia. Cioè la versione che fa comodo alla Russia ovvero a Putin, suo incontrastato zar. Per me sono iniziative paranormali, ma forse nemmeno più di tanto. Da anni l’Italia è sotto la lente – “attenzionata” si dice adesso – di vari osservatori internazionali e giornalisti di lunga esperienza come Anne Applebaum, per le sue “affinità elettive” con la propaganda russa nella forma di agenti del FSB, i servizi segreti russi – ovvero quel che resta del KGB. Tra questi spicca Aleksey Stovbun, che negli ultimi mesi si è infiltrato in giunte e province italiane con una sedicente campagna culturale dal piagnucolante titolo “La Russia non è mia nemica” (mo’ me lo segno) per spiegare a ignari cittadini e compiacenti (conniventi?) esponenti delle classi dirigenti locali cosa sia “veramente” la Russia di Putin. È così che funzionano la propaganda e la dezinformatsiya, micidiale arma (geo)politica da sempre utilizzata con successo dalla Russia e da Putin in modo particolare; ora più che mai, dato che abbondano paura e teorie complottiste di ogni tipo, foraggiate dal vero oppio dei popoli: l’ignoranza.

La notizia – di fatto niente di nuovo – è stata rilanciata tra gli altri anche da Stefania Battistini, inviata RAI che ha ricevuto un mandato di cattura spiccato dalle autorità russe e diverse minacce di morte per aver fatto il suo lavoro: aver condotto un’inchiesta nel territorio occupato di Kursk, che si trova in Ucraina, il Paese guidato da Volodymyr Zelensky, ma che i russi considerano loro.

Cosa fosse e cos’è ancora la Russia di Putin lo ha detto molto chiaramente Anna Politkovskaja già nel 2004: due anni dopo era morta, freddata davanti all’ascensore di casa sua con un colpo di pistola alla testa il 7 ottobre, giorno del compleanno di Putin (per quel furbacchione di Limonov noi occidentali siamo così scemi da dare peso a queste “coincidenze”). Uccisa per troppa chiarezza. Chiarezza che è il contrario di opacità.

Un territorio opaco per eccellenza è anche quello reggino, dove è circolata in questi giorni la notizia di un incontro tenutosi ieri presso un noto – a dire il vero uno dei pochi – centro commerciale e moderato dallo stesso proprietario, in un afflato di fervore culturale. Un attacco fulminante di mecenatismo.

Sulla locandina color dissenteria canina (complimenti al grafico) si legge la roboante premessa: ALLE 5 DELLA SERA CON PUTIN e più in basso «Presentazione del libro di Vladimir Putin Le vere cause del conflitto russo-ucraino». Come dire “Hitler spiega la soluzione finale”. La banalità del male 5.0 è Putin ospite virtuale di un centro commerciale, tra una porzione di patatine, una capatina in profumeria e la bancarella dei presepi componibili.

Che in un territorio dove il fascismo non è mai stato veramente rinnegato un autocrate violento come Putin eserciti un fascino irresistibile non sorprende affatto. A inorridire è piuttosto l’apparente incoscienza (o consapevole cinismo?) nel promuovere una campagna di riabilitazione dell’immagine di un dittatore che ordina di bombardare reparti pediatrici di ospedali direttamente dalla tazza del water placcato in oro; a sconcertare, l’incommensurabile arroganza di chi pensa di “spiegare” qualcosa a qualcuno. Il verbo “spiegare”, già respingente di suo, sottintende la presunta superiorità di chi lo usa ed esercita il diritto, evidentemente auto-assegnato, di spiegare. Ma a quale titolo, e dall’alto di quali competenze, questi signori (come al solito tutti maschi) pensano di poterci spiegare qualcosa? Che ne sanno di Russia e Ucraina questi Berluschini di provincia – non a caso Silvio era un grande estimatore di Putin – che non parlano nemmeno l’inglese? Me lo immagino il pubblico del “prestigioso” evento: la solita claque (parenti, amici e adulatori a vario titolo); pensionati in trasferta da qualche cantiere; curiosi che forse speravano di trovare il concerto di un cantante neomelodico. E mentre altrove i loro emuli si fanno pagare profumatamente per fare da megafono alla spazzatura maleodorante del “Putin pensiero”, nel caso di questi “signori” credo si tratti di pura e disinteressata ammirazione: si offrono volontariamente di maneggiare scorie fetide, e sempre gratis le spargono in giro con encomiabile solerzia.

Per restare in tema di rifiuti, questi personaggi tronfi del piccolo potere a loro disposizione, guardano con nostalgico sentimentalismo a un paese che effettivamente ricorda molto l’Italia fascista: un paese fallito dove, a eccezione di qualche grande città, la gente vive senza acqua corrente e bagno in casa, e con le galline nella camera da letto. Ma che importa a loro dei russi “poveri”, coscritti a forza per andare a occupare altre terre e far felice lo zar (solo quello conta); mandati a crepare malamente, senza nessuno che si preoccupi di dar loro degna sepoltura, o anche solo recuperarne il corpo?

Questi lacchè dei potenti di ogni dove, che si atteggiano a illuminati conoscitori del mondo e si prestano a fare da cassa di risonanza alle bugie del regime russo, conoscono e rispondono solo alla legge della giungla, alla sopraffazione “naturale” del più debole per mano del più forte. Cioè del più spietato e disonesto.

E non sono solo i piccoli ammiratori del duce a subire la fascinazione per il male travestito da rigore morale: poiché il fascino discreto della dittatura è trasversale e sempreverde proprio come l’imbecillità, non sorprende il suo giro di 360º per acchiappare i tanti rossobruni che popolano la provincia reggina. Se non è zuppa è pan bagnato diceva mia madre: così, con la patetica scusa del sostegno al bolscevismo, i bimbi di Stalin esaltano con dogmatico sussiego le meraviglie di un paese di cui hanno visto solo la capitale e forse neanche quella, perché, a loro dire, il governo russo fa andare la gente a teatro gratis. Se è per questo a teatro li ammazza anche, ma a pagamento (ricordo quanto successo nel 2002 con la strage di Dubrovka).

E mentre si perde tempo con queste iniziative di infimo spessore, la città e l’intera provincia sono ostaggio di una criminalità sempre più feroce, che non perde occasione di segnalare il proprio dominio incontrastato attraverso gesti di barbarie gratuita, come il recente incendio appiccato alla Torre Nervi del Lido Comunale. Non è dunque strano che in un luogo in cui i criminali marcano il territorio con il dolo come i cani fanno con l’urina, un sicario russo col pedigree abbia così tanti ammiratori. La triste ironia è che molti reggini (molto poco acculturati) si illudono che basti uno come Vlad – reincarnazione slava e slavata del “buonanima” – per riportare la legalità.

Persino gli alieni si terrebbero alla larga da questa sterile distesa di abusi. Figuriamoci uno come Putin.

*Sinologa e docente universitaria. Ha un Master e Dottorato in Cinema e scrive di Global Media e Geopolitica

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