L’Ordine dei Geologi della Calabria si unisce al cordoglio per l’ennesima vittima causata dal rischio geo-idrologico in provincia di Reggio di Calabria.
In tempi caratterizzati da scarsità di pioggia, possono bastare i primi scrosci per innescare dissesti sui versanti, e addirittura mietere vittime?
“Evidentemente, il territorio è in condizioni piuttosto critiche per rispondere, così violentemente, alle sollecitazioni esterne, com’è il caso delle piogge. Nelle ultime 24 ore, alla stazione pluviometrica dell’ARPACal di Arasì sono stati registrati circa 100 mm di pioggia. Ma, solo alle 8 di mattina del 25 febbraio sono stati superati (di poco) i 10 mm/h. Forse, bisogna allargare lo sguardo per comprendere a fondo questa ennesima tragedia” – afferma il presidente dell’Ordine dei geologi della Calabria Giulio Iovine.
“Le aree più interne del territorio sono state abbandonate a sé stesse, dopo essere state sfruttate per decenni. Il disastro dell’1 ottobre 2009 nel Messinese testimoniò, in numerosi casi, frane innescate proprio per cattiva regimazione delle acque lungo la viabilità e i tagli sui versanti, per non parlare dei collassi dei muretti a secco – continua Iovine -. Il territorio, ogni estate, continua ad essere violentato con il fuoco, per scopi poco nobili e abbiamo costruito un po’ dovunque, in maniera disordinata, dimenticando di manutenere le infrastrutture (strade, acquedotti, fognature). In zone montuose, caratterizzate da versanti ripidi e coperture detritiche con caratteristiche tecniche non eccezionali, le condizioni di equilibrio sono spesso precarie e, basta poco, per destabilizzare le coltri. In tali aree, la mobilizzazione improvvisa di spessori anche modesti di copertura detritica si può tradurre in flussi rapidi, capaci di propagarsi anche lontano dalle zone di origine, distruggendo ogni cosa e mietendo vittime”.
Secondo il presidente dell’ordine professionale “registriamo una totale assenza di presidi territoriali, che si abbina alla scarsa (è un eufemismo) programmazione per la mitigazione del rischio. Occorrono mappe di suscettibilità (e rischio) aggiornate ed estese a tutto il territorio regionale. Su questo, siamo ancora fermi al PAI 2001 (realizzato soltanto nelle immediate vicinanze dei centri abitati), in attesa dell’agognato aggiornamento. Il monitoraggio delle precipitazioni è ancora basato, essenzialmente, sulla rete dei pluviometri, mentre dovremmo sfruttare maggiormente le innovazioni tecnologiche (satellitari, radar, ecc.). Per non parlare del monitoraggio delle falde idriche sotterranee, o dei deflussi lungo i corsi d’acqua”.
“Le riforme degli ultimi decenni non hanno certamente aiutato l’organizzazione di una gestione efficiente del territorio – conclude Iovine -. Gli enti locali sono stati de-potenziati e de-finanziati, tanto che è difficile perfino trovare i fondi per la manutenzione ordinaria. E non sappiamo ancora l’effetto che produrranno le ultime novità, in tema di decentramento delle competenze. Gli interventi di sistemazione si programmano, ormai, soltanto a disastro avvenuto. La rete stradale versa in condizioni di forte precarietà, con tratti in condizioni prossime al collasso. Non abbiamo notizie migliori per quanto riguarda le reti acquedottistiche e le fognature. Ma, non è nemmeno possibile intervenire preventivamente, per mancanza di fondi e si fa sempre più ricorso all’emergenza e agli eventi eccezionali per veicolare fondi”.