Questa mattina, nelle province di Reggio Calabria, Pavia, Udine, Terni e Catanzaro i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dall’ Ufficio del G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, nei confronti di 29 soggetti, con l’accusa di aver fatto parte, a vario titolo, di un’ articolata associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanza stupefacente, detenzione di armi e munizioni, danneggiamento, estorsione pluriaggravata, traffico e spaccio di banconote false.
L’operazione compendia i risultati investigativi emersi nel corso di due attività d’indagine complementari, convenzionalmente denominate “New Generation” e “Riscatto II”, condotte dai militari del Gruppo Carabinieri di Locri, finalizzate alla disarticolazione della giovani leve della cosca Cordì, operante principalmente nel territorio di Locri, e alla rilevazione giudiziaria delle richieste estorsive avanzate da esponenti della locale consorteria nei confronti di imprenditori della Locride.
Gli esiti emersi dalle indagini hanno permesso di raccogliere gravi indizi di reità nei confronti degli odierni indagati e, sulla base anche dell’ipotesi d’accusa accolta dal GIP, di accertare l’esistenza:
- del vincolo associativo tra le “nuove leve” della consorteria Cordì, desumibile dall’analisi delle attività delittuose da questi poste in essere (danneggiamenti, minacce ed estorsioni) al fine di assicurare il controllo del territorio e di scalare le gerarchie interne del sodalizio;
- di un’associazione dedita alla detenzione e cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana che costituiva la principale e più remunerativa attività illecita svolta dalla cosca;
- il protrarsi dell’attività estorsiva sul territorio svolta da alcuni affiliati nei confronti di noti imprenditori locali, determinatisi a segnalare alle Istituzioni le condotte delittuose patite.
L’odierno provvedimento cautelare dimostrerebbe l’attuale struttura e operosità del sodalizio criminale che, nel corso del tempo, a causa dei pregressi provvedimenti restrittivi che hanno investito i principali esponenti della consorteria, avrebbe visto mutare il proprio assetto gerarchico, lasciando maggiore spazio proprio alle nuove generazioni.
L’attualità della pericolosità della consorteria, infatti, emerge dalla gravità delle attività delittuose, dall’elevatissimo numero dei reati fine commessi nel periodo di monitoraggio tecnico e dall’escalation in termini di progressiva gravità, dall’ambito associativo in cui gli stessi sono stati commessi e dalla perduranza dei rapporti, dalla riconducibilità delle attività illecite alle storiche cosche della locale di ‘ndrangheta, e, più in generale, dalla personalità degli indagati, desumibile, oltre che dalle modalità della condotte, anche dai precedenti penali. In relazione all’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, va evidenziato come l’organizzazione sia tuttora esistente e operante, circostanza che può agevolmente evincersi dalla struttura della stessa, dai profili criminali dei promotori, degli organizzatori e dei partecipi, nonché dai legami che ancora oggi risultano solidi, risultando del resto poco verosimile, se non impossibile, che organizzazioni di questo tipo vengano meno da un giorno all’altro, liberando spontaneamente il territorio dalla loro presenza e capacità di intimidazione e controllo.
Dall’attività d’indagine, è stato altresì possibile constatare che i componenti dell’organizzazione non si limitano a trafficare in stupefacenti, svolgendo una vera e propria attività di controllo del territorio senza dimenticare che il suddetto sodalizio, composto da più di dieci persone, ha nella sua disponibilità un numero indeterminato di armi comuni da sparo e, circostanza di non poco momento, non si è fatta scrupoli ad avvalersi della collaborazione di soggetti minorenni, verosimilmente affascinati dalle carismatiche figure che rappresentano la cosca.
Tra i reati accertati alcuni destano particolare allarme sociale: reati connessi alla detenzione, porto, vendita e utilizzo di armi da fuoco trattandosi di armi mai rinvenute che gli indagati, quindi, potrebbero ancora utilizzare per la commissione di più gravi reati; e le cessioni di stupefacenti a soggetti minori o, comunque, commessi in concorso con gli stessi.
In tale contesto, il traffico di sostanza stupefacente è risultata essere l’attività delittuosa preminente perseguita dalle “giovani leve” poiché funzionale agli interessi della cosca di appartenenza in quanto principale fonte di proventi nonché strumentale all’espressione dell’egemonia e del dominio del territorio.
Altra espressione tipica di mafiosità del gruppo criminale colpito dall’odierna ordinanza cautelare è rappresentata dagli episodi in cui gli indagati avrebbero svolto degli interventi in favore di presunte vittime di reato o di altre ingiustizie, rilevate nei territori controllati dalla cosca in ciò tentando di sostituirsi alle Istituzioni. É infatti, ormai un dato notorio e preoccupante che in taluni casi il cittadino piuttosto che denunciare i fatti di cui è vittima alle competenti Autorità, si rivolga agli esponenti dei clan per ottenere “una giustizia privata”, ritenuta più immediata, senza però rendersi conto di rimanere così coinvolto in dinamiche criminale da cui sarà poi difficile affrancarsi.
A sostenere e impreziosire l’attività d’indagine complessivamente considerata, sono stati sicuramente la fiducia e lo spunto investigativo offerto dalle coraggiose denunce sporte da alcuni imprenditori locali che, riponendo la massima aspettativa nelle Istituzioni, hanno deciso di segnalare le plurime richieste estorsive avanzate da alcuni degli odierni destinatari di misura restrittiva. Proprio tali richieste, costringevano le vittime a vivere in un perdurante stato di oppressione, timore e ansia che si ripercuoteva inevitabilmente su tutto il nucleo familiare. Attraverso questo atteggiamento, gli indagati avrebbero mantenuto attiva la propria rete di controllo su diversi settori economici e sociali, operando mirate estorsioni i cui ricavi erano da dividere in base a precisi accordi e sulla base dello spessore della famiglia destinataria.