di Roberta Mazzuca – Una cultura misteriosa e governata in penombra, un sistema di prenotazioni poco chiaro e trasparente, una programmazione di cui non si ha contezza, così come non la si ha di pagamenti e concessioni. Una gestione abbastanza patinata, in cui si insinuano anche denunce di illeciti significativi, come quella mossa dall’ex delegato all’Ecosistema Digitale della Cultura del Comune di Cosenza, Fabio Gallo, in una conferenza stampa convocata il 29 ottobre 2022, in cui parlò di prenotazioni cancellate per “esigenze” dell’amministrazione (LEGGI QUI >>> Il Teatro Rendano e quelle prenotazioni cancellate per “esigenze” del Comune. Fabio Gallo denuncia: “Se non prendi questo service, niente teatro. Questa è estorsione”). Una patina di imprecisioni, inesattezze, e perplessità nascoste dietro la gestione del principale teatro di tradizione della città di Cosenza, che hanno dato vita a un vero e proprio caso, denominato da questo stesso quotidiano appunto “Caso Rendano” o “Teatro dell’Assurdo”. Nonostante la ricaduta dell’argomento nell’oblio dopo la revoca a Fabio Gallo della delega che, è bene ricordare, comprendeva anche il ruolo di consulente alla programmazione e al rilancio del teatro, il caso prosegue e le questioni su cui fare chiarezza rimangono, arricchendosi di nuovi contenuti.
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Dall’analisi dei documenti pervenuti a questa redazione, in seguito alla richiesta di accesso agli atti avanzata dai consiglieri di opposizione Bianca Rende e Francesco Luberto il 3 giugno 2022 che pareva non aver avuto seguito, difatti, quella patina di dubbio e scarsa comprensione “emerge” in superficie, dando vita a un quadro poco rassicurante. La concessione degli spazi del Teatro Rendano, avvenuta quasi esclusivamente a titolo gratuito, rivela, nelle rare occasioni di richiesta di un ticket, una disparità di trattamento nelle richieste di pagamento, così come un’incapacità da parte dell’amministrazione di trarre profitto da un bene culturale comunale che dovrebbe garantire servizi efficienti e di indubbia chiarezza alla collettività.
“Trovavamo poco chiare e poco trasparenti le informazioni sul sito e, d’altra parte, riscontravamo un utilizzo quasi quotidiano del teatro e del ridotto. Questo ci ha indotto a verificare come venisse utilizzata la struttura giorno per giorno, e se ciò avvenisse a titolo oneroso o gratuito perché, com’è noto, per finanziare i servizi ai cittadini è necessario trarre dagli immobili comunali il massimo introito” – spiega al Dispaccio la consigliera Bianca Rende insieme al vicepresidente della Commissione Cultura Francesco Luberto. “L’accesso ci ha rivelato che effettivamente, molto spesso, il teatro era stato concesso in via gratuita, però nella maggior parte dei casi si trattava di dar seguito a convenzioni già stipulate dalla precedente amministrazione, per cui abbiamo ritenuto la questione risolta con le elezioni e il cambio di guardia”.
Analizzando nello specifico i documenti, tre sono gli elementi rilevanti che saltano immediatamente all’occhio: innanzitutto, come evidenziato dai due consiglieri, la quasi totalità della concessione gratuita degli spazi; in secondo luogo, una mancanza di uniformità e di coerenza nella richiesta delle quote; e, infine, la penuria delle richieste stesse di utilizzo degli spazi pervenute all’amministrazione, che si riducono a 14 (di cui 6 a titolo oneroso) tra il 30 novembre 2021 e il 27 maggio 2022, già periodo di amministrazione dell’epoca Caruso.
L’abbondanza del “non oneroso” nell’unico Teatro di Tradizione della Calabria
Così come scritto nel regolamento per l’utilizzo delle strutture comunali, all’Art.8, “l’amministrazione […] si riserva il diritto di concedere gli spazi in uso gratuito o con riduzioni tariffarie da valutare singolarmente qualora la richiesta provenisse da enti benefattori, associazioni, fondazioni, istituzioni, altri soggetti pubblici o privati con cui vi siano in essere convenzioni, forme di collaborazioni o partnership, organi istituzionali, comunali, gruppi consiliari, singoli consiglieri nell’espletamento dell’attività consiliare ed inoltre in caso di patrocinio concesso dall’amministrazione stessa alla manifestazione”. Nulla di strano, quindi, nella non onerosità della concessione degli spazi alla stagione concertistica dell’Associazione Quintieri, a quella del Conservatorio “S. Giacomantonio”, al progetto “Let’s sing” dell’Accademia Musicale Europea, o alla stagione musicale dell’Associazone “Polimnia”, tutte legate all’amministrazione da convenzioni, protocolli d’intesa, o partneriati stipulati prevalentemente dall’ex sindaco Occhiuto. Né si potrebbe avere da ridire sulle tante concessioni gratuite alle associazioni della città che, a più riprese, hanno promosso eventi di valenza sociale, didattica, o di carattere benefico.
Qualcosa, però, proprio in riferimento all’abbondanza della gratuità e delle iniziative di beneficenza di cui la città spopola, anche nella gestione della cosa pubblica, si potrebbe forse evidenziare. La concessione giustamente dovuta a titolo gratuito a tali associazioni, difatti, evidenzia una carenza di notevole importanza: la mancanza di una linea culturale decisa e incisiva, che sappia concretamente fare buon uso del mezzo culturale per portare profitti alle casse comunali e, dunque, a quelle dell’intera collettività, che ne beneficerebbe in termini di servizi oggi mancanti. L’abbondanza del “non oneroso” evidenzia la totale inattività dell’unico teatro di tradizione dell’intera regione, che senza l’operosità delle associazioni e la stipula di convenzioni sarebbe completamente privo di una qualsivoglia programmazione, arido di contenuti, inconsistente di opportunità. Ma può un grande teatro storico di tradizione, il principale della città dei Bruzi, reggersi sulla buona volontà della comunità?
Un piccolo passo è stato compiuto proprio negli ultimi giorni da parte dell’amministrazione Caruso, che ha annunciato l’impossibilità di concedere l’utilizzo gratuito degli spazi comunali, a partire proprio dal Teatro Rendano, a causa della condizione di dissesto in cui versa il Comune. Un passo forzato e obbligato, chiaro, e che ancora una volta tocca associazioni e cittadini che di questa situazione non hanno mai avuto colpe. Molto, infatti, si sarebbe potuto evitare, richiedendo, solo per fare un esempio, i giusti fondi FUS, che avrebbero permesso al Teatro Rendano di ottenere un’ingente somma per dotarsi di una programmazione originale e di spessore, alleggerendo la pressione e permettendo alle associazioni che ne hanno diritto di continuarne ad usufruire gratuitamente.
Una questione già sollevata dallo stesso Fabio Gallo, e sulla quale i consiglieri Rende e Luberto non sembrano discordarsi: “La questione dei fondi FUS sollevata da Gallo è fondata, – spiega Rende – perché si è scelto di percorrere una strada piuttosto che un’altra. Si è dato il compito ad un’associazione, quella di Orfeo Stillo, di promuovere la stagione lirica del teatro, non chiedendo ad altre, senza nessuna manifestazione d’interesse, e non utilizzando il canale tipico delle amministrazioni titolari. Ed effettivamente il teatro Rendano come teatro di tradizione poteva attingere ad altri fondi molto più ingenti”. Somme che arriverebbero a toccare anche centinaia di migliaia di euro, come mostrano gli esempi qui sotto riportati.
Chi deve pagare e chi no? Manca un regolamento preciso, chiaro e dettagliato
Ma l’accesso agli atti ha rivelato, oltre alla stipula di convenzioni e collaborazioni non onerose, la riscossione di ticket sempre differenti e, inoltre, riferiti soltanto all’utilizzo degli spazi per la rappresentazione teatrale, mai a quelli per le prove, che si suppone siano sempre stati concessi a titolo gratuito. Esentata dal ticket per 5 recite di recupero della stagione teatrale 2019/2020, e per 3 matinée riservati alle scuole, all’associazione “L’Altro Teatro” è stato richiesto per la rassegna 2021/2022 un contributo rideterminato in 600 euro per lo spettacolo del 28 dicembre e di 2.500 per le ulteriori 11 recite. Causa, si legge, “le condizioni di dissesto finanziario dell’Ente che non consentono di privare lo stesso di un’entrata importante”. All’associazione “Tersicore” per l’evento “BlackOut in Danza XI edizione” del 22 maggio 2022, è stata invece richiesta la somma di 1.500 euro, che corrisponderebbe alla riduzione del 50% sul prezzo totale. All’associazione culturale “Cosenza Autentica”, per la concessione della Sala Quintieri, un ticket di 1.200 euro (prezzo pieno) per la quarta edizione del “Festival Antonio Vivaldi”. All’associazione “Movimento Difesa Disabili”, per l’evento “San Remo di Calabria” dell’11 giugno 2022, il ticket ridotto è pari a 1.250 euro. E ancora, all’associazione musicale “Europa Incanto onlus” per la rappresentazione di “La Cenerentola di G. Rossini” del 3 giugno 2022 un contributo di 600 euro. Infine, per l’evento “Omnia Energia e Green Awards” dell’1 giugno 2022, si torna a chiedere il prezzo pieno di 2.500 euro. La frase che ricorre quasi come un mantra in ogni carta che descrive la concessione del Teatro Rendano, sia esso oneroso o non oneroso, è “vista la valenza didattica e sociale dell’evento”. A cambiare, però, è il proseguo, che determina la gratuità o meno sulla base di non si comprende bene quale criterio.
Per l’evento “San Remo di Calabria” sopra citato, ad esempio, che ha una valenza sociale, così come scritto negli stessi documenti, si richiede un ticket di 1.250 euro; stessa cosa, non accade, per il progetto regionale CIAK, che “considerata la valenza didattica e sociale” viene concesso a titolo gratuito, così come per il convegno scientifico “Tumori e Covid-19: l’emergenza nell’emergenza”, concesso a titolo gratuito “per il valore scientifico e sociale dell’iniziativa”, per citarne solo alcuni.
Appare evidente, dunque, come a mancare sia essenzialmente un regolamento chiaro, preciso, dettagliato, che possa definire senza alcun margine di dubbio e di errore chi deve pagare e chi no, sulla base di comprovati criteri, facilmente definibili dai cittadini stessi. “A seguito dell’accesso agli atti c’è stata una delibera di giunta comunale che ha ridotto i ticket per il teatro Rendano”,– precisa però la consigliera Rende – stabilendo l’onerosità per tutti, tranne che per alcune categorie molto specifiche che sono quelle rientranti nell’art. 8 del regolamento comunale sull’uso delle strutture culturali. Oggi ci pare che effettivamente i casi di gratuità sono ridotti all’osso, e anche le associazioni che perseguono scopi benefici pagano la metà del ticket”.
“Noi per primi come gruppo consiliare – prosegue – abbiamo effettuato un’iniziativa e ci è stato chiesto il ticket al Museo dei Brettii e degli Enotri che abbiamo regolarmente pagato. Ovviamente non abbiamo posto questioni e ci aspettiamo che tutti i gruppi consiliari vengano trattati allo stesso modo”. Qualcosa, però, ancora una volta non torna. Nell’Art.8 a cui la stessa consigliera fa riferimento, difatti, i gruppi consiliari rientrano nelle categorie a cui gli spazi sono concessi a titolo gratuito. Strano, dunque, la richiesta di un pagamento che, in questo caso, non era presumibilmente dovuto.
“Una gratuità che si giustifica agli occhi della Corte dei Conti, ma che deve essere leggibile anche alla cittadinanza”
“Dov’è che secondo noi ci sono ancora margini per lavorare? Sulla trasparenza del sito, sia rispetto alla disponibilità dello spazio culturale, sia rispetto all’onerosità o meno, perché ci sono ancora esigui casi in cui è applicata la gratuità, magari perché lo sponsor dell’iniziativa è il Comune. Quindi è una gratuità che si giustifica agli occhi della Corte dei Conti, ma che vorremmo fosse leggibile anche alla cittadinanza”. I consiglieri toccano un altro punto dolente nella gestione di concessioni e prenotazioni del Rendano, ossia la trasparenza del sito che, al contrario di quanto più volte ribadito dal sindaco Caruso, che lo ha definito di fronte ai microfoni del Dispaccio “un luogo in cui si trova tutto”, appare spoglio e privo di ogni utile e trasparente informazione. Una semplice ricerca su Internet può fugare ogni dubbio a riguardo.
“Per noi la questione è sempre politica, cioè che il regolamento e la trasparenza deve essere deliberata dalla Giunta, non diamo la colpa alla funzionaria Callari. Mentre altri gruppi politici dicono che la funzionaria ha troppi poteri, come Fabio Gallo, noi diciamo invece che è la politica che deve avviare delle procedure intellegibili attraverso il sito, che poi la funzionaria si limiterà ad applicare.
“Sicuramente – continua Luberto – il ruolo che aveva Fabio Gallo era differente, nel senso che aveva ricevuto questa delega dal Sindaco, non erano riusciti a trovare una quadra, ma ha certamente rappresentato cose che noi prima di lui avevamo rappresentato in Commissione, quali la trasparenza e il pagamento del ticket. Mi piace sottolineare, però, che è un atteggiamento che il nostro gruppo consiliare ha su tutti gli ambiti, non solo circoscritto al Rendano. Io e Bianca stiamo chiedendo in continuazione la trasparenza, procedure e regolamenti efficienti, certi, chiari, dove chiunque vi si approccia può ottenere di sapere in modo intelligibile in quale sentiero incamminarsi. Noi non abbiamo avuto nessuna difficoltà a pagare, è giusto pagare, ma devono pagare tutti. Non ci meraviglia che ci possa essere la previsione che per eventi umanitari eccezionali venga concesso anche a titolo gratuito, ma è chiaro che anche lì deve esserci una discrezionalità regolamentata, nel senso che altrimenti chiunque può dire ‘io faccio un evento a carattere umanitario e non pago’. Più si regolamentano queste materie e meno problemi si hanno”.
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“La piattaforma non è chiara, perché se io impegno il mese di maggio il teatro Rendano, pagando regolarmente il ticket anche per fare delle prove che recano rumore al ridotto, e un’altra associazione prenota il ridotto non sapendolo, viene compromessa l’iniziativa di quest’ultima. Quindi la piattaforma deve essere fatta in maniera molto chiara, dove chi entra sa bene le date disponibili, cosa è stato prenotato, come è stato prenotato, a quale attività. Oggi con tutti i mezzi che ci sono è abbastanza agevole creare una piattaforma telematica che sia efficiente, snella, veloce e chiara. Stessa cosa dicasi per il regolamento” – conclude il consigliere.
La mancanza di una rete culturale funzionante ed efficiente
Infine, la disamina dei documenti riguardanti concessioni e ticket, evidenzia la totale mancanza di una rete culturale funzionante ed efficiente, che consenta di avere un equilibrio tra vere e proprie programmazioni ed eventi di carattere sociale o didattico. “La cultura consente di essere programmata e di organizzare tante manifestazioni che riporterebbero vivacità culturale nella nostra città a costo zero” – afferma ancora Luberto. “Credo che sia uno dei pochi settori dove è possibile anche a costo zero, con l’impegno e la passione di tutti, organizzare alcuni eventi senza necessariamente prevedere dei costi. Quindi è necessaria una programmazione a 360 gradi”.
“A questo proposito – interviene Rende – vorrei sottolineare l’attività del presidente della Commissione Cultura Domenico Frammartino, che sta dando voce ad una serie di espressioni culturali che ci sono in città, pittori, artisti, attori, associazioni, gruppi teatrali, compagnie, fotografi, giovani musicisti. Una politica culturale è quella che dà voce soprattutto a quel sommerso che c’è in cultura, quei fermenti che non hanno i mezzi per emergere e che hanno bisogno di essere valorizzati. Perchè a mettere in campo Carofiglio e fare il pienone con quello non ci vuole molto. Per esempio la Casa delle Culture che è nata proprio con questa idea, è chiusa da anni”.
“E la risposta non può essere sempre il CIS Agenda Urbana: i cantieri chiuderanno fra 3 anni, nel frattempo le compagnie muoiono. Dobbiamo porci il problema oggi di avere anche un solo spazio che venga offerto alla città”.
Rende e Luberto: “Sul Cinema Italia chiediamo spiegazioni da mesi”
Non ancora chiara, oltre a quella del Rendano, neanche la situazione degli altri teatri cittadini, di cui ancora questo quotidiano si è ampiamente è occupato. E sono proprio gli stessi consiglieri a sollevarne una nuova, riguardante il Teatro-Cinema Italia: “Uno degli ultimi atti dell’amministrazione Occhiuto è stato l’affidamento del Cinema Italia ad un privato, che non ha mai avuto la consegna del bene, e la sua ristrutturazione rientra nelle spese del CIS Agenda Urbana. A questo punto ci chiediamo il precedente affidamento è stato risolto? Non riusciamo a venire a capo di questa vicenda. Perchè a quella gara partecipò il privato vincendola legittimamente, però alle condizioni in cui era. Ora invece il Comune lo sta ristrutturando, sembrerebbe anzi, perché non è iniziato niente. Addirittura al Centro RAT è stato promesso pubblicamente dall’amministrazione di offrire come spazio il Teatro Italia, concordandolo con il privato. Ma adesso verranno spesi soldi per ristrutturarlo, e comunque verrà dato a quel privato? Verrà fatto un bando? Verrà revocato il decreto di assegnazione? Sul cinema Italia stiamo chiedendo spiegazioni da mesi, perché quello sarebbe un bello sfogo per tante compagnie teatrali e libereremmo il Rendano che rimarrebbe per le grandi rappresentazioni”.
E proprio sul centro RAT, trasferito nel complesso di San Domenico, la domanda sorge spontanea: è moralmente ed eticamente corretto salvare una realtà culturale, concedendogli uno spazio pubblico, ignorando tutte le altre anch’esse prossime alla morte? Banalmente, perché ad uno si e agli altri no? Le conoscenze aiutano forse a restare in vita?
E ai microfoni del Dispaccio i due rispondono: “E’ stata una situazione di emergenza che noi abbiamo anche condiviso perché chi si rivolge all’amministrazione lo fa comunque per sopravvivere, anche altri possono farlo e penso che riceveranno comunque risposta”. Non sarebbe, forse, dello stesso avviso Eduardo Tarsia, che da tempo chiede aiuto alle amministrazioni passate e presenti senza, a suo dire, aver ricevuto mai alcun tipo di aiuto concreto (LEGGI ANCHE >>> Torna a risplendere a Cosenza l’Officina delle Arti, il gioiello di Eduardo Tarsia: “La nostra riapertura non è merito del sindaco Franz Caruso. Non ci ha dato soldi, né sostegno. Basta esser preso per i fondelli”).
“La questione – proseguono i due – è mettere in campo una politica culturale che totalmente manca. Manca innanzitutto un assessore, perché ci sono singoli eventi sganciati l’uno dall’altro. Ci sono persone volenterose che si danno da fare, come la delegata alla Cultura Antonietta Cozza, la direttrice del Museo dei Brettii, la realtà dell’Orchestra Sinfonica. Però sono situazioni scollegate, si capisce che non c’è una visione unitaria che possa essere definita politica culturale. Allora, noi siamo perché si risolvano le emergenze, però siamo anche chiaramente per una visione d’insieme che consenta di capire quante altre emergenze ci sono”.
Che tutte le questioni finora citate abbiano dovuto essere rese note tramite un’accesso agli atti, parla da sé. Scriveva Fabio Gallo in una delle tante richieste di trasparenza indirizzate all’amministrazione nella sua breve esperienza di consulente al rilancio del Rendano: “Tutti i Comuni che dispongono di un Teatro di Tradizione pubblicano la relativa programmazione anche nell’ottica della trasparenza, della buona amministrazione e della prevenzione dei fenomeni della corruzione. Perché, tutto questo, a Cosenza non avviene?”.
“Con la cultura non si mangia”, disse una volta un noto ministro. E nel “Teatro dell’Assurdo” parrebbe proprio esser così.