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I familiari di Umberto Mormile: “Finalmente la prima sentenza che riconosce le vere ragioni della sua morte”

“E’ la prima sentenza che in qualche maniera riconosce le vere ragioni dell’uccisione di Umberto a distanza di 34 anni, siamo emozionati e non pensavamo che accadesse, ora aspettiamo le motivazioni del verdetto per capire se si parlerà anche delle responsabilità istituzionali”. Così, con le lacrime agli occhi, Stefano e Nunzia Mormile, fratello e sorella dell’educatore del carcere di Opera ucciso nel ’90, hanno commentato la sentenza del gup milanese Marta Pollicino che ha condannato due collaboratori di giustizia.

I familiari di Mormile, col legale Fabio Repici, hanno sempre sostenuto che l’educatore venne sì ucciso dalla ‘Ndrangheta, ma con una sorta di nulla osta dei servizi segreti deviati. E in questa linea i due collaboratori condannati stamani hanno delineato il contesto dell’omicidio.

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Se ciò venisse messo nero su bianco nelle motivazioni della sentenza (tra 90 giorni), “ciò darebbe un senso alla sua morte – ha spiegato Stefano Mormile – e alla morte di molta gente. Già adesso comunque – ha aggiunto – questa sentenza ci ripaga di tanti anni e vogliamo ringraziare il nostro avvocato”.

Il giudice ha riconosciuto i risarcimenti danni in sede civile per i familiari e ha disposto a carico degli imputati provvisionali da 100mila euro per ognuna delle parti civili, fratello, sorella e figlia dell’educatore. Salvatore Pace, stando all’imputazione, si sarebbe messo a disposizione dei boss Coco Trovato e Papalia “fornendo supporto logistico”, ossia avrebbe fatto consegnare da “appartenenti del suo gruppo” armi “ed una moto per eseguire l’omicidio”.

E Vittorio Foschini, che faceva parte del clan di Coco Trovato, su “ordine di quest’ultimo” avrebbe dato “disposizioni ai sodali di fornire l’auto e una moto”. E tutto ciò per entrambi col fine di favorire la ‘Ndrangheta e il boss Domenico Papalia.

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