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Dal convegno di Calabria Condivisa a Roma sull’Autonomia differenziata un monito: prima risolviamo la questione meridionale

Si è svolto dalla sede dell’Università Link Campus University, a Roma, sabato 13 maggio, il convegno dal tema “Autonomia Differenziata. Criticità giuridico-costituzionali e socio-economiche

 

Il Convegno, organizzato dall’associazione Calabria Condivisa, è stato suddiviso in due parti, “criticità giuridico-costituzionali” dell’autonomia differenziata e “criticità socio economiche”, cercando di fornire un contributo informativo su una tematica centrale per lo sviluppo ed il futuro dell’Italia.

 

Questo è stato il fulcro di tutti gli interventi, ragionare sugli effetti che il disegno di legge sul tema, così come programmato, potrà avere su regioni che già hanno difficoltà a gestire settori che si rivelano particolarmente problematici, come in Calabria la Sanità.

 

Le parole degli studiosi intervenuti non lasciano dubbi alle interpretazioni. E’ lo stesso Gaetano Azzariti che gela la sala prospettando gli scenari futuri.

O prendiamo la Costituzione sul serio o andiamo a casa”. Si riferisce all’obbligo del compito che tuti riceviamo, in primis le istituzioni, di garantire l’eguaglianza di tutti su tutto il territorio nazionale. “Non è solo una secessione dei ricchi ma una secessione dalla Costituzione, uno stravolgimento e separazione di quello che è la Costituzione”.

 

Ci troviamo alla vigilia di importanti cambiamenti costituzionali e istituzionali…si vuole cambiare forma di Stato e forma di governo, i due pilastri istituzionali che reggono la democrazia costituzionale. Se a questi due cambiamenti si affianca l’autonomia differenziata, certamente noi avremo un’altra costituzione, vivremo in un altro Paese. I riflessi sociali saranno altrettanto rilevanti…dovremmo capire che organizzazione del potere e diritti sono strettamente collegati. Come si può pensare che se si esclude uno dei due soggetti (Stato) e si attribuisce tutto alle regioni, non ci possa essere impatto diretto e immediato sui diritti?”.

Approfondisce poi il percorso normativo sotto il profilo costituzionale. Pone infine la questione fulcro dell’incontro, prima di pensare all’Autonomia differenziata dobbiamo risolvere la questione meridionale.

Sulla scia degli studi costituzionali continua l’intervento di Anna Falcone. “Da tempo si chiede l’attuazione della Costituzione, si cerca di disarticolarla insieme al modello sociale fondato sulla solidarietà e sul vincolo dello Stato di garantire a tutti uguali diritti e partecipazione. Quello che sta accadendo sull’Autonomia differenziata non è un caso che accada all’esito di una serie di modifiche costituzionali che hanno riguardato prima l’introduzione di una legge di bilancio quindi di una clausola in base alla quale l’economia ha una prevalenza sulla garanzia dei diritti…questa non è solo la secessione dalla Costituzione è la resa della democrazia all’economia e all’oligarchia. Il contrario della democrazia.

 

Nella parte dedicata allo scenario degli economisti sono intervenuti Emanuele Tarantino e Michele Pigliucci; il primo spiega come “è in aumento la richiesta di autonomia differenziata da parte delle regioni, tre, del nord Italia, con la caratteristica che avvengono maggiormente dove la capacità contributiva e il valore aggiunto prodotto dall’industria è maggiore. A sostegno di queste manifestazioni di interesse sulla AD, cui hanno fatto seguito procedure negoziali, esiste un consenso nelle comunità delle regioni. Di base di natura economica, ponendo il problema della redistribuzione”. Infine conclude con il passaggio al tema della spesa storica che, secondo i dati che espone, sarebbe paradossalmente a discapito delle regioni più ricche in termini individuali. Dati sottolineati da Falcone in antitesi con quanto emerge invece dalle analisi Svimez. Insomma, la base per un altro approfondimento, per un’altra giornata di studi.

Per Pigliucci, sempre in una lettura di economia pubblica in un contesto di politiche di coesione, quindi europeo: “Le politiche di coesione territoriale hanno lo scopo di ridurre il divario di sviluppo tra le regioni del sistema europeo. Se evitiamo di guardare al contesto più ampio e lo guardiamo addirittura in un contesto locale, guardiamo in modo differente. Il ritardo del mezzogiorno è un problema europeo, non è solo nazionale. Oggetto di politiche specifiche non è l’unico, anche nell’est e sud Europa. Regioni a basso reddito e a bassa crescita, con la caratteristica della distanza geografica dalla parte centrale e ricca dell’Europa. Un divario di infrastrutture soprattutto. Il ritardo del mezzogiorno secondo tutti gli indicatori, ha diverse caratteristiche e all’interno di queste regioni d’Europa il nostro mezzogiorno è quello che cresce meno. Per recuperare questa differenza è necessario che le regioni in ritardo siano messe in condizione di andare più veloce delle regioni più ricche”.

 

Una prospettiva ancora più preoccupante e complessa di quanto si possa immaginare, insomma. Approfondita nel convegno romano dove l’Università LINK si è dimostrata attenta e coinvolta al tema e che Calabria Condivisa ha voluto con forza in un sistema di analisi del problema e di coinvolgimento della popolazione su questioni che la riguardano direttamente e che possono portare ad u grande cambiamento nella vita di tutti.

Lo hanno posto con risolutezza entrambi i rappresentanti dell’organizzazione calabrese, Francesco Maria Spanò ed Ernesto Mancini, il primo redattore di una legge sia regionale che nazionale a supporto della valorizzazione dei borghi d’Italia con lo strumento dello smart working e che attende il passaggio formale della sua approvazione e il secondo animatore di un percorso di condivisione dei sistemi pubblici con i bisogni della popolazione attarverso la forma delel consulte, soprattutto in ambito sanitario, dove già sono stati toccati gli effetti della autonomia.

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