“Abbiamo letto – spiega Gianni Papasso, sindaco di Cassano e consigliere nazionale Anci delegato a traghettare l’Associazione regionale dei comuni in attesa delle nuove elezioni del 10 febbraio nel corso delle quali saranno scelti i nuovi vertici e rappresentanti regionali, i dettagli della riforma varata ieri dal Governo e non possiamo non commentare che quelle preoccupazioni che avevamo, in qualità di sindaci di tante comunità calabresi del Sud Italia, sulle maggiori disparità che potrebbe creare la nuova normativa sull’autonomia differenziata, ora sono diventate una preoccupante certezza”.
Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri, infatti, lascia tanti dubbi e, soprattutto, molte caselle in bianco: dalla definizione dei Lep – che dovrebbero essere finanziati dallo Stato – dai capitoli di spesa, ai diritti civili e sociali sull’intero territorio, alla sicurezza nazionale. Sono troppe le incertezze che, secondo l’iter previsto, dovrebbero essere risolte dalla concertazione tra Governo e poteri locali con scarsa interlocuzione con le istituzioni nazionali e con insidiosi trasferimenti di risorse.
“La questione è molto tecnica – continua Papasso – ma il fine è chiaro: le Regioni con maggiori entrate proprie, ossia quelle del Nord, avranno più risorse a disposizione e saranno, di riflesso, avvantaggiate. Quelle del Sud, invece, saranno molto più svantaggiate visti i gap già in essere. Non lo diciamo noi, lo dicono tanti tecnici, giuristi, esperti – ad esempio – di sanità che stanno ribadendo in queste ore che la riforma, così com’è, spacca l’Italia in due creando un Paese a diverse velocità”.
I problemi sono tanti: partendo dalla stessa definizione dei Lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni, da garantire a tutti i cittadini da Nord a Sud: la riforma viene varata ma non vengono stanziate le risorse adeguate. E se i numeri saranno confermati, per garantire i livelli minimi di assistenza su tutto il territorio nazionale, sarebbero necessari 60 miliardi di euro. Una cifra spropositata che, oggi, le casse dello Stato non possono permettersi. Ma se il testo venisse approvato per com’è scritto, ad essere danneggiate sarebbero quelle regioni del Sud già in difficoltà con la Calabria in testa. Avremmo, infatti, tante regioni a “statuto speciale”: una situazione che aumenterebbe le differenze nel Paese, per esempio, su Scuola e Sanità, materie su cui si rischiano gravi squilibri a causa della differenziazione degli stipendi tra chi lavora al Nord e chi al Sud.
Il Ddl Calderoli, poi, allo stato attuale non chiarisce come si individuino i Lep, non dà al Parlamento la possibilità di intervenire realmente sul merito delle intese e lo spoglia completamente della sua funzione perché questi andrebbero fissati con un Dpcm, un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri. Un atto al limite dell’autoritarismo visti i settori che andrebbe a toccare.
“Non consentiremo – chiudono i sindaci di ANCI Calabria – lo smantellamento della sanità pubblica e della scuola pubblica statale. Non consentiremo, in nessuna forma, la spaccatura dell’Italia. Auspichiamo un intervento forte del Presidente Sergio Mattarella, garante dell’unità nazionale, e auspichiamo la convocazione di un tavolo di confronto nazionale gestito da ANCI per discutere dei termini in cui si farà, ammesso che si faccia realmente, l’autonomia differenziata. Pensavamo che i disagi messi in mostra dal periodo Covid e dalla crisi dovuta alla guerra russo-ucraina avessero insegnato qualcosa ad una certa politica ma, evidentemente, non è così”.