Le indagini confermano ancora una volta che il modello ispiratore delle mafie è “sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria”: una ulteriore conferma della “strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale”. Lo segnala la Dia nella relazione al Parlamento per il II semestre 2021.
Le attività sono quindi orientate a proteggere il tessuto economico del Paese, nel semestre sono stati effettuati sequestrati per 165 milioni, confische per 108 milioni; 373 interdittive antimafia, 69mile segnalazioni per operazioni sospette.
“Le risultanze di analisi sui fenomeni criminali di tipo mafioso – sottolinea la Direzione investigativa Antimafia nella sua Relazione – continuano a presentare il rischio che i sodalizi di varia matrice, senza peraltro a rinunciare a porre in atto tutte le azioni necessarie a consolidare il controllo del territorio, possano perfezionare quella strategia di infiltrazione del tessuto economico in vista dei possibili finanziamenti pubblici connessi al Pnrr”.
L’inquinamento dell’economia sana è aspetto fondamentale per la sopravvivenza delle consorterie, che aumentano la propria ricchezza “invadendo il campo dell’imprenditoria legale, specie quella maggiormente colpita dalle conseguenze dell’attuale crisi economica”.
Le organizzazioni per altro non si limitano più al “saccheggio parassitario” della rete produttiva “ma si fanno impresa sfruttando rapporti di collaborazione con professionisti collusi la cui opera viene finalizzata a massimizzare la capacità di reinvestimento dei proventi illeciti con transazioni economiche a volte concluse anche oltre confine”.
Le operazioni, spiega la Dia, sono tese quindi ad aggredire le organizzazioni sotto il profilo patrimoniale per “arginare il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati per evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico”. Una conferma di quanto oltre 30 anni fa avevano previsto i giudici Falcone e Borsellino “che avevano fortemente voluto ed avviato quell”architettura antimafia’ di cui la Dia è parte integrante finalizzata a colpire i sodalizi anche sotto il profilo patrimoniale arginandone il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati nell’ambito dei mercati economici per evitarne l’inquinamento”.
Le inchieste concluse nel secondo semestre del 2021 restituiscono ancora una volta l’immagine di una ‘ndrangheta “silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché costantemente leader nel narcotraffico”.
La Dia segnala “la preoccupazione legata ad un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidità“, con l’obiettivo “di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance”.