“Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto”. Sono le parole di Giovanni Falcone, colui che “quel qualcosa” lo ha fatto, fino a morire, perché aveva capito che “quel qualcosa” avrebbe dato un senso compiuto alla vita e lo avrebbe reso immortale nei pensieri di chi sarebbe invece restato.
E’ quanto si legge in un comunicato diramato dalla Confraternita Cattolica Cristiana dei Cavalieri Templari Federiciani della Calabria in occasione del Trentennale della morte di Falcone.
Noi oggi siamo qui a commemorarlo, a ricordarlo – afferma in una nota il Gran Priore Filomena Falsetta – , ma alla fine sono pochissimi coloro che riescono ad assumere le sue sembianze, il suo volto di umana giustizia, i suoi lineamenti di amore sociale.
Questo porta inevitabilmente al rischio concreto di una deriva difficilmente reversibile. A meno che l’opinione pubblica e le coscienze civili non facciano il miracolo con un’ondata di indignazione, passione e lotte civili. Noi Templari Federiciani – conclude la nota -, non smetteremo mai di confidare in questo miracolo.