“L’Analisi Tattica e Strategica nel processo d’Intelligence” è il tema della lezione del Generale Nicoló Pollari, Direttore del SISMI dal 2001 al 2006 al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.
Pollari ha introdotto l’intervento definendo l’Italia un Paese meraviglioso che presenta molte e pregevoli positività, spesso invidiate dagli altri Paesi ma che è, purtroppo, afflitto da non pochi problemi e criticità, spesso di livello piuttosto serio ed impegnativo. Basti pensare: alle varie forme di criminalità, virulenti e pervasive, favorite dai processi di internazionalizzazione e di globalizzazione che incidono sul vivere sociale e sul sistema delle catene del valore, alle crisi geopolitiche ed a quelle connesse alla finanziarizzazione dell’economia globale, che sempre più di frequente opacizzano e rendono poco agevole l’immediata comprensione di fenomeni dipendenti o ad esse comunque connessi, ai grandi mutamenti degli ultimi decenni con i nuovi parametri di giudizio che proiettano la realtà verso l’esigenza di risposte immediate, alla dimensione geografica delle iniziative economiche, con l’aumento della delocalizzazione dei centri di produzionedelle idee e della ricchezza e con la smaterializzazione dei patrimoni.
Il docente ha poi proseguito sottolineando l’insidiosopericolo rappresentato dalla possibilità di sfruttamento delle chance offerte dai livelli di civiltà e di democrazia espressi dai sistemi di vita dei Paesi moderni da parte di soggetti “pericolosi” che, talvolta, possono profittarne, trovando la possibilità di operare, di occultarsi o di rifugiarsi.
Secondo il Generale l’esperienza insegna che non si puó,sempre utilmente, operare a posteriori ad intervenuta conoscenza degli eventi, cioè di fronte all’esigenza di misurarsi di fronte a quello che, ormai, è un fatto compiuto. Ma solo attraverso una cultura della conoscenza che valorizzi la possibilità di prevenire eventi indesiderabili, analizzando fenomeni ed interpretando la realtà fattuale, è possibile operare utilmente per la salvaguardia dell’interesse nazionale.
La cultura dell’Intelligence, una sana cultura dell’intelligence, offre concretamente queste possibilità, permettendo di anticipare i fatti prima che questi si verifichino, attraverso una previsione data dalla conoscenza e di creare un prodotto conoscitivo che, pur non essendo finito, spesso puó esprimere grande utilità per orientare nella giusta direzione le decisioni dei decisori, Autorità di vertice, decision makers e simili.
Naturalmente l‘acquisizione del prodotto intelligence ed ogni aspetto inerente la relativa valorizzazione e sviluppo devono pervenire al fruitore nel più breve terminepossibile.
Secondo Pollari oggi le fonti aperte con l’attività di “open source intelligence” restano un ambito di ricerca preminente, al quale negli ultimi anni si è aggiunto, in termini rilevanti, anche la conoscenza acquisita dalla “rete“: entrambe utili per le fasi di sviluppo del prodotto informativo.
Successivamente l’attenzione del docente si è spostata sul profilo della “gestione” della notizia con riferimento alla rilevanza dell’analisi di intelligence e delle sue conseguenze, con la precisazione che l’attività può essere suddivisa in tre differenti “livelli”, secondo le esigenze cui l’attività deve corrispondere: il piano strategico, considerato come il più elevato, in quanto risponde ad esigenze di governo attinenti alla politica nazionale ed internazionale, il piano operativo che focalizza i propri sforzi su una determinata e circoscritta area di interesse e quello tattico che risponde ad esigenze di impiego diretto nei teatri complessi. Ciascuno di questi livelli, poi, può comprendere varie tipologie di intelligence:basic, current ed object.
La basic intelligence è utile nella fase di pianificazione, mentre la current intelligence si riferisce a una determinata operazione in corso rispondendo ad esigenze di adattamento immediate rispetto ad eventi improvvisi e ad alto livello di impatto. La object intelligence
risponde all’esigenza di assicurare l’impiego più efficace dei mezzi e dei sistemi per perseguire il risultato finale.
Naturalmente in queste attività il ruolo fondamentale è assunto dalla sapiente combinazione della qualità dello strumento intelligence adottato. Innanzi tutto dall’impiego della cosiddetta “human intelligence“, che crea reti di relazioni e scambi di informazioni, opportunamente combinata con quella tecnologica, che presenta il duplice vantaggio di pervenire all’acquisizione di dati cognitivi oggettivi ed eliminare gli elementi di rischio connessi all’impiego del fattore umano.
Nessuna delle due prospettive va sottovalutata né compressa in pregiudizio dell’altra. L’esperienza degli anni passati lo dimostra: forse è stata proprio la sottovalutazione o l’eccessiva preoccupazione derivante dal rischio connesso all’utilizzo del fattore umano una delle concause che ha favorito lo sviluppo e l’affermarsi di grandi fenomeni terroristici manifestatisi negli ultimi decenni.
Pollari ha quindi soffermato l’attenzione sul concetto di Geoeconomia, termine introdotto alla fine degli Ottanta dall’analista Edward Lutwak con lo scopo di indicare una scienza che studia e analizza le politiche strategiche per accrescere la competitività degli Stati nei nuovi scenari internazionali.
Gli eventi geopolitici dell’epoca che viviamo inducono a ritenere che la forza militare di un Paese non sia più il parametro principale che determina l’importanza e l’equilibrio dei rapporti di forza fra Paesi o grandi ambiti nello scenario internazionale: alla capacità ed alla forza“bellica“ nel tempo si sono aggiunte e, spesso, si sono sostituite quali parametri di valutazione la capacità e la forza “economica“.
Il Generale, quindi, ha espresso l’avviso che quando si analizza la Geoeconomia non si può trascurare il concetto di “guerra economica”, che si concretizza, appunto, nell’ adozione di politiche volte ad indebolire e a disorganizzare la struttura economica dei competitori e che può essere condotta con vari strumenti, più o meno invasivi e riconoscibili da un punto di vista della responsabilità politica. Obiettivo, quest’ultimo, che si puó conseguire attraverso la conquista o il controllo di risorse, la capacità individuale, le strutture organizzative, la conoscenza dei mercati, la disponibilità di tecnologie avanzate, fonti energetiche e terre rare su cui si fonda la potenza economica e politica.
Uno degli strumenti della guerra economica è, evidentemente, costituito dalle sanzioni economiche che possono essere comminate ad uno Stato, dietro le quali vi è,spesso, una evidente prospettiva politica, al di là degli specifici fatti per i quali esse sono state adottate.
Il Docente ha concluso affermando che nella guerra economica oggi fra le armi più frequentemente adottate ma non per questo meno efficaci, vi sono le manipolazioni dei mercati o l’acquisto e il controllo del debito: operazioni emblematiche in cui la volontà politica può essere più efficacemente dissimulata permettendo di fatto il controllo delle sorti di un determinato Paese e della sua economia.