di Paolo Ficara – Le Frecce Tricolori hanno disegnato più volte, domenica nel cielo di Reggio Calabria, la bandiera dell’Italia. L’origine del nome della nazione, deriva proprio dalla nostra terra ai tempi degli antichi Greci. Noi, italioti nel nome ed amaranto nelle vene, vedremo sventolare il tricolore all’ingresso del Tar del Lazio. Mercoledì 2 agosto, dopodomani.
Più che altro, lo vedranno sventolare gli avvocati incaricati per far ammettere la Reggina al prossimo campionato di Serie B. Noi lo percepiremo a distanza. Si tratterà dell’ennesimo capitolo di quella che somiglia sempre di più ad una grottesca farsa. Opinioni. Di fatto, è un’agonia che si protrae da poche ore dopo la chiusura delle iscrizioni, lo scorso 20 giugno. Da quando cioè, grazie anche al Dispaccio che ha svelato la notizia, si è capito che quei circa 750.000 euro per l’Erario, come da omologa, non erano stati versati per tempo.
Non è questo il momento, il giorno, il contesto, per ribadire la situazione ed il nostro pensiero in merito ad essa.
Sappiamo solo una cosa. E la devono sapere anche i magistrati romani. Un eventuale ennesimo verdetto negativo, anche in sede civilistica e col grado successivo a campionato forse iniziato – o comunque a calciomercato quasi concluso – nonché ad iscrizioni ormai chiuse persino in Eccellenza, condannerebbe eccessivamente Reggio Calabria.
Se non ci farete giocare in Serie B, ammazzerete di fatto una città.
Una città che è già in coma profondo. Mal gestita. Mal tenuta. Con collegamenti tali da far rimpiangere le mulattiere. Senza una prospettiva. Un territorio nel quale la Reggina, per numero di dipendenti, è la seconda o la terza azienda. Al di là dell’indotto creato, e sul quale la categoria incide notevolmente, verrebbe meno il simbolo di una popolazione. Non per un mese. Non per un anno. Ma chissà dopo quanto tempo ci potremmo riprendere da tale botta.
Se il Tar del Lazio non applicherà il buon senso, il danno ricadrà interamente sulla cittadinanza di Reggio Calabria. Sul tifoso di curva così come su quello di tribuna. Sul giardiniere come sul giornalista. Sugli steward. Sugli esercenti. La mazzata, a Reggio, in termini economici si avvertirebbe molto più pesante rispetto al resto d’Italia. E lo sapete.
Così come sapete che se toccasse alla Roma, alla Lazio o a qualsiasi altra squadra per cui fate il tifo, di venire cancellata dal professionismo per un pagamento risibile, sarebbe un abominio. Certo, va anche detto che nessuna istituzione locale si è costituita parte offesa: riconoscendo il torto applicato dalla disastrosa proprietà lametina, e magari scusandosi con la Figc anziché provare goffamente a fare la voce grossa.
Se per i sindaci è solo parzialmente colpa del popolo reggino – trattandosi di due facenti funzioni – ricordatevi soprattutto che Saladini ha preso la Reggina… a causa di altri magistrati romani. Infatti il club gli è stato consegnato gratis dal Tribunale di Roma, il giorno dopo rispetto al fallimento della M&G. Colleghi vostri. Magari frequentate gli stessi circoli, o partecipate alle medesime riunioni.
Non stiamo dicendo che la magistratura romana ha sulla coscienza la Reggina. La colpa è solo di chi l’ha ridotta a relitto del calcio italiano.
Ancora, in termini legali, non è stato forse sollevato un aspetto. Nell’omologa ci sono 5 milioni in buoni del Tesoro, a titolo di pegno. Bastano ed avanzano per coprire quelle 750.000 euro. Quel debito, in teoria, già dal 12 giugno è come se non esistesse. Punite i veri colpevoli. Non uccidete Reggio Calabria. W l’Italia.