di Simone Carullo – Laura Cirella – fuoriuscita di Sel (nonostante ne sia stata per una certa fase Segretario Provinciale), perché non ha inteso sottomettere i suoi ideali alla disciplina di partito – è una giovane con la passione per la politica, che scaturisce da un profondo senso di appartenenza e dall’amore viscerale per Reggio Calabria. E’ tra le protagoniste del progetto “Reaction City”, una bella novità che Reggio ha tardato a recepire. Tuttavia il successo del docu-film – straordinario ed ironico resoconto delle attività “visionarie” svolte di sul territorio dagli urban e social makers – proiettato al Siracusa venerdì 17 ottobre, ha dimostrato che Reggio può ancora sognare gettando così un germe di speranza. Per per lei la militanza politica è “fare delle scelte”, schierarsi, e subito il pensiero va al vile male del “trasformismo” che infesta anche Reggio esacerbandosi proprio in periodo di campagna elettorale; subito il pensiero va a Gramsci, al suo odio per gli “indifferenti”, quelli che esercitano il voto come merce di scambio, quelli che vivono la propria città con passivo distacco, con noncuranza appunto.
Questo è il periodo in cui sembrano andare molto di moda i giovani in politica più che le politiche giovanili. Tu, con la tua personale vicenda hai dimostrato che i giovani possono far politica anche fuori dalle sedi di partito, che la militanza è altro rispetto alle facili candidature, le quali spesso non sono altro che raccoglitori di voti. Cosa rappresenta per te la militanza politica e come possono i giovani confrontarsi con un contesto che tende ad escludere più che ad includere, nonostante il principio democratico?
Per me la militanza politica rappresenta l’esperienza più totalizzante della mia vita. E’ idealità, è avere una visione del mondo, è pensiero lungo e profondo. E’ anche essere di parte, fare delle scelte. In un’epoca di grandi coalizioni, di cambi casacca, di miscellanea tra destra e sinistra, di propaganda che nasconde vuoto di idee e, soprattutto, di partiti inadeguati, prendere altre strade di impegno politico, fuori da essi, può diventare una scelta obbligata. Il rischio altrimenti è di tradire te stesso e ciò in cui credi. Per me, l’abbandono dei partiti e di certa politica, che per molto tempo ho provato a praticare e influenzare (e mi fa effetto parlarne al passato), è stata una scelta obbligata. Dagli eventi, da pratiche politiche incapaci e cattive, dalla prepotenza, dall’arroganza del potere (potere detenuto o agognato), dalla superficialità, dalla meschinità contro le quali mi sono dovuta scontrare. Ma io ho sempre desiderato essere utile alla mia terra, alla mia città, prima che a un partito. Ai miei coetanei consiglierei questo, di sforzarsi di sentirsi sempre utili alla collettività, giammai a gruppi di potere.
Tanto a livello nazionale quanto a livello locale vengono abusati slogan come “cambiamento, svolta”, ecc., ma secondo te cosa serve di concreto alla città per procedere ad un nuovo corso e quali sono – se ci sono – i presupposti affinché ciò accada?
Concretamente è necessario ricostruire un tessuto culturale e sociale che ci consenta di non dovercene scappare a gambe levate dalla Calabria. Reggio ha bisogno di fermento culturale e sociale, rifuggendo la mediocrità. Ha bisogno anche di sano merito, di qualità, di riconoscenza verso l’impegno sincero. L’epoca delle vacche grasse, dell’aggiustiamoci, del tanto oggi tocca a te perché domani tocca a me, è finito. E’ finito per Reggio e per l’Italia. Reggio avrebbe bisogno di una classe politica illuminata e acculturata che rifiuta logiche politichesi della vecchia era. Ma qua siamo ancora alla fase dove anche nella composizione delle liste c’è chi si sente in dovere di portare in dote nomi di candidati. Veniamo dal quindicennio di “scopellitismo”, che è come il ventennio berlusconiano per l’Italia, prima di uscirne del tutto temo servirà ancora del tempo e di tanto impegno da parte di tutti.
Con il progetto di Reaction City – proposto da Consuelo Nava e Fabio Mollo, al quale hanno partecipato decine di giovani volenterosi ed entusiasti – avete proposto una nuova visione di città dove al degrado urbano si sostituisce la riqualificazione del territorio, dove i progetti visionari degli urban makers non si fondano su una nuova cementificazione, ma sul recupero di quello che già c’è. Tutto questo è intriso di un sano e cosciente principio ecologico. Puoi parlarmene?
Avendo partecipato a Reaction City come giovane social maker, posso dire che è stata un’esperienza meravigliosa e innovativa per ridisegnare un’idea di città, dove la riqualificazione del territorio è compiuta non soltanto con un recupero architettonico o la sottrazione di un luogo al degrado, ma nel momento in cui quel luogo viene riempito di nuovo umanesimo, di persone, di vita. “Nuovo urbanesimo per un nuovo umanesimo” è quasi un mantra per tutti i maker, una specie di policy della bellezza estetica e funzionale, di estrema connessione al territorio e ai cittadini, e tra territorio e cittadini. E’ un approccio alla città sicuramente molto “ecologico” ma anche molto “sociale”, questo secondo elemento coniugato al primo lo trovo dirompente e innovativo non solo per Reggio. Ci mette al passo con l’Europa.
Sebbene vi siano delle potenzialità (soprattutto nel mondo dell’associazionismo), Reggio oggi è in tutto e per tutto una città decadente, forse è anche per questo che è più facile sognare, immaginare una città diversa, rifiorita. Tu come immagini la tua città, e che posto avrebbe la cultura nella Reggio del futuro?
Il docu-film di Reaction City dice moltissimo della visione che ho io di Reggio. A Reggio esistono sacche di resistenza ammirabili, “gocce di splendore”. Io immagino una città dove la Reggio migliore diventa protagonista, dove la musica, il teatro, la narrazione, diventano linfa vitale per la città, anche creando economie virtuose. Sogno una città che sperimenta. I cittadini che imparano a riconoscersi diventano comunità, una comunità più coesa è in grado di resistere meglio alle intemperie degli eventi, anzi, a trasformare quelle intemperie in occasioni di crescita e di innovazione sociale, per fare qualcosa di buono per sé e per la collettività. E poi la Reggio che sogno è popolata di ragazze e ragazzi, nelle strade, nelle piazze, nei teatri. Utopia? Beh, l’utopia è un progetto pensato al quale la realtà deve tendere.
Restiamo su Reaction City. L’iniziativa sembrava dovesse preparare il campo alla candidatura a sindaco di Consuelo Nava. La stessa eventualità di una sua candidatura era stata resa nota proprio dalla Nava, lo scorso aprile, durante la presentazione di “Un progetto per una Città (in)Differente”. Poi cos’è successo?
Considerate le proposte tradizionali in campo già tracciate (centrodestra, centrosinistra), il progetto per una Città (in)Differente avrebbe potuto tramutarsi in proposta elettorale se il mondo civico, dell’impegno sociale e dell’associazionismo, che vive fuori dai partiti, non si fosse polverizzato in così tante proposte di candidatura a sindaco. Oggi abbiamo 9 candidati sindaco, il progetto per una Città (in)differente rischiava di diventare uno tra tanti. Questa polverizzazione, che dimostra quante lacerazioni vive questa città, avrebbe rischiato di mortificare il grande lavoro che c’è dietro, di studio, di elaborazione, di idee e di proposte. Il progetto per una Città (in)differente va comunque avanti, credo che Reaction City possa considerarsi perfettamente in linea con quella visione.
Come giudichi la lista presentata da Sel alle comunali e più in generale la subalternità politica, ormai conclamata, che dimostra nei confronti del PD?
Non ho letto nemmeno chi sono i candidati e onestamente non me ne importa. Tutte le debolezze dimostrate da Sel non sono altro che il frutto di una totale inadeguatezza di una classe dirigente che ha tenuto e tiene le redini di quel partito e in generale della sinistra oggi in Italia. Sono molto severa, lo so, vorrei non esserlo. Siamo di fronte a una mediocrità spaventosa.
La sinistra radicale ha per sua indole la frammentarietà. La vicenda di Sel mi sembra infatti emblematica del fatto che un vero patito di sinistra fatichi ed esistere, a trovare consenso, ad essere inclusivo; o quanto meno ad essere qualcosa di più di uno spettatore non pagante dello spettacolo della politica. Quando finirà – secondo te – questa “degenza/marginalità” del pensiero di sinistra? Oppure credi che ormai sia destinato ad essere definitivamente schiacciato tra le tendenze inglobatrici del Pd ed il voto di protesta?
Premessa: senza partiti la democrazia non esiste. Secondo punto: i partiti devono cambiare. Io non so se siamo all’anno zero, ma so che è possibile anche scavare il fondo. Le ultime esperienze a sinistra ci dicono che la situazione non è per nulla entusiasmante. Nessuna delle esperienze alla sinistra del Partito Democratico, oggi, in Italia, riesce ad essere convincente. Anche qui, fa male dirlo, ma è così. La sinistra italiana potrà ritornare ad avere dignità se mai si libererà di una classe dirigente vetusta, arroccata al potere e inadeguata, se rimetterà in discussione il rapporto stesso con il potere, se riuscirà ad aggiornare le sue categorie alle contraddizioni contemporanee senza annacquarsi. Sintetizzato: persone e idee, senza giovanilismo o nuovismo. Succederà? Non ho la palla di cristallo, ad oggi sono molto pessimista in tal senso.
Hai seguito la campagna elettorale? Cosa ne pensi? C’è qualche candidato che ha suscitato in te fiducia, qualche programma che trovi condivisibile?
Non sono mai stata, né mai mi sono sentita, coinvolta in questa campagna elettorale, ed è la prima volta che accade da quando ho diritto di voto. Me ne faccio una ragione, credo che esistano delle fasi, in politica e nella vita delle persone. Per anni ho sognato il momento in cui avremmo mandato a casa quella destra che ci ha gettato nel baratro ridando quell’ossigeno, quell’afflato, quell’entusiasmo e quella freschezza che già avevamo provato a far vincere alle scorse elezioni pur non riuscendoci. Francamente non percepisco quell’aria questa volta. Ma può essere che io mi sbagli. Anzi, dirò di più, spero che tutte le mie perplessità e i miei dubbi vengano smentiti categoricamente. A differenza di altri, che sono stati a destra, a sinistra e con nessuno se non con loro stessi, ho abitato politicamente sempre il medesimo schieramento, sempre. Mi piace ricordarlo con orgoglio. Odio il minoritarismo e l’autoreferenzialità, due cose che ho sempre rifuggito. Facciamo così…non tifo per nessuno, tifo per la mia città.
Reggio al Bivio: credi che questa tornata elettorale possa davvero segnare la svolta per la nostra città? Il ritorno della politica a Palazzo San Giorgio può essere un bene? E se sì, in che modo?
Non lo so. Credo che le svolte abbiano bisogno della compartecipazione di tutti, della politica, dei rappresentanti istituzionali, degli amministratori, della cittadinanza. Se tutti faranno la propria parte è ragionevole pensare che le cose possano cambiare. E’ sempre un bene quando i luoghi della democrazia tornano a riempirsi della politica, l’importante è che questa sia sufficientemente all’altezza e autorevole. Non posso che augurarmi che ciò accada.