In una lettera aperta indirizzata all’Assessore regionale all’Agricoltura, Federconsumatori Calabria ha avanzato nei giorni scorsi la richiesta di un confronto sulla revisione dei criteri d’imposizione tributaria in capo ai Consorzi di Bonifica.
Nel mentre si guarda con attenzione al confronto tra Regione e Parti sociali sulla riforma dei Consorzi che si auspica approdi presto ad un’efficace e sostenibile architettura organizzativa ancorata alle specifiche finalità istituzionali, i Consorzi, quasi tutti in default finanziario, sono chiamati ad affrontare criticità debitorie, emergenze occupazionali che vedono le rappresentanze sindacali impegnate in azioni di lotta per rivendicare il pagamento delle legittime spettanze arretrate dei lavoratori, a rendere esecutivi i Piani Industriali definiti dalla VI° Commissione “inidonei” così come i Piani di Classifica ed il Catasto consortile da “rivedere e aggiornare”, a predisporre i Piani di riparto ed i Bilanci di previsione e ad emettere nuovi ruoli tramite le società a cui affidato il servizio di riscossione.
La disciplina generale dei tributi consortili per le opere di bonifica, irrigazione, presidio e tutela del territorio realizzate dai Consorzi è dettata dal regio decreto 215 del 1933, dall’art. 860 del c.c. e dalle specifiche leggi regionali. Oggi, a fronte delle emergenze sociali, dei complessi mutamenti che trasformano e innovano la domanda collettiva di servizi, dell’articolazione delle competenze che agiscono nei territori, è divenuto urgente ridefinire per quali specifici servizi, costi e precisi standard qualitativi e quantitativi, i residenti del perimetro consortile debbano essere assoggettati a contribuzione atteso che, sono noti i rischi a cui esposta l’intera regione rispetto allo stato manutentivo dei territori non certo risolvibili nel deficit di gestione, programmazione, investimenti, ricerca, capacità progettuale, dotazione di mezzi, risorse umane e finanziarie dell’attuale sistema di funzionamento dei Consorzi e di cui il modello d’imposizione tributaria ne è palese e contraddittoria espressione.
Eppure, un consolidato orientamento giurisprudenziale chiarisce che il contributo consortile è da commisurare ai benefici derivanti sull’immobile agricolo o extra agricolo dalle attività svolte dal Consorzio e che detti benefici debbano essere specifici, diretti, concreti, accertati e non generali o generici, non presunti o desumibili sol perché l’immobile ricade nel perimetro consortile, ma tradursi cioè, nella concreta conservazione e nel reale miglioramento della qualità del fondo posto a contribuzione. Ebbene, per molti contribuenti la realtà è altra cosa poiché è noto che la richiesta del contributo di bonifica arriva anche laddove l’attività consortile non è mai arrivata.
Rielaborando i dati contenuti in alcuni Piani Industriali come ad esempio quello del Consorzio del Tirreno cosentino, sul tributo di beneficio idraulico 1H78, sono state rilevate maggiorazioni sproporzionate al punto che, lo stesso Ente evidenzia l’esigenza di un allineamento alle tariffe dei Consorzi presi a campione nel raffronto per l’anno 2016. Non differenze da poco ma cifre che sovraccaricano le fasce del tributo sino al +488% sulla quota per ettaro dell’idraulico di scolo. Una maggiorazione abnorme a danno dei contribuenti.
Ciò supporta la convinzione che molti contribuenti, da nord a sud della Calabria, vengono vessati con disinvoltura impositiva ma disconosciuti come destinatari di reali servizi. D’altronde, la carenza di mezzi e l’insufficienza di personale dedicato evidenziano, di fatto, i limiti e le incongruenze delle attività consortili poste a contribuzione che rimangono troppe volte intenzioni sulla carta.
Nello specifico, il tributo 1H78 imposto ai proprietari degli immobili extra agricoli (abitazioni), si appalesa in generale, come una vistosa forzatura impositiva di cui il legislatore regionale, per la parte concorrente, deve farsi carico per risolvere palesi criticità e iniquità sino a considerarne l’abolizione per la casistica più stridente.
A ciò si aggiunge che sul calcolo dei tributi consortili hanno ricaduta spropositata le spese generali di funzionamento dei Consorzi e che i contribuenti sono così chiamati a farsi carico di diseconomie legate a pessime gestioni che negli anni hanno accumulato debiti su debiti. Altrettanto grave è la costante violazione della tutela regolamentata del contribuente.
L’evidenza più grottesca sulla inconsapevolezza dello “status di contribuente consortile” è data dalle migliaia di cittadini che hanno appreso di essere dei consorziati solo quando, a fine anno 2021, hanno ricevuto i ruoli 2016/2017 riferiti a beni extra agricoli collocati in aree ad alta urbanizzazione dove dei servizi consortili non hanno alcuna traccia o percezione.
In uno scenario di crescente difficoltà delle famiglie e delle imprese, è evidente che qualsiasi carico tributario percepito come ingiusto alimenti sfiducia verso l’Ente impositore. Così è per i Consorzi di Bonifica diffusamente percepiti come centri di sprechi e clientele, deficitari nei servizi da garantire allo sviluppo ed alla cura dei territori, vessatori rispetto al carico tributario imposto alle famiglie e per di più, con gravi limiti d’informazione e trasparenza.
Dunque, in una logica di riforma performante dei Consorzi e delle loro fonti di finanziamento, occorre ottimizzare quella principale delle entrate tributarie che, per il portato storico regionale, è espressione di un modello impositivo iniquo e distorto anche rispetto alla mappatura del territorio e del catasto consortile, generatore di disservizi, morosità, evasione, contenzioso e crediti che alterano e aggravano la tenuta dei Bilanci.
A ciò si aggiungono le ricadute di scelte che, anziché rimpinguare le fonti di finanziamento, valorizzare le tante risorse professionali interne e del territorio e alleggerire il carico impositivo, seguono incomprensibili vie come ad esempio, il portato di delibere del Consorzio del Tirreno Cosentino che, anziché generare le previste entrate derivanti dall’installazione di impianti per la produzione di energia idroelettrica e l’autosufficienza energetica dello stesso Ente, si stanno rivelando una svendita di opportunità a vantaggio del privato di cui si trovano flebili tracce a Bilancio per importi del tutto irrisori rispetto ai numeri preventivati.
In considerazione di tutto ciò Federconsumatori ritiene ormai inderogabile un confronto regionale aperto anche alla rappresentanza delle Associazioni dei Consumatori e Utenti affinché, alla riforma generale dei Consorzi, si accompagni la revisione dei criteri d’imposizione tributaria da ancorare a principi di equità, sostenibilità e beneficio diretto ed effettivo dei servizi erogati.