Riceviamo e pubblichiamo:
“Supponiamo che io sia un ristoratore e per soddisfare le richieste dei miei clienti utilizzi il così detto canale di acquisto a Km zero o catena corta per la preparazione di tramezzini o piatti freschi (è noto che con le temperature estive un tramezzino o una insalata di riso può ben soddisfare la fame e se poi i prodotti con cui vengono preparati sono a Km zero magari riponiamo ancora più fiducia e tranquillità al nostro pasto.) Mi sveglio di buon’ ora, mi reco al mercato rionale dove ci sono molti produttori locali e acquisto zucchine, pomodori, melanzane, lattuga esclusivamente coltivati sulle colline non molto distanti dalla Città. I miei clienti saranno pur contenti di assaporare ortaggi prettamente locali ma in caso di un controllo degli organi ufficiali quali NAS, Carabinieri Forestali, ASP, come posso fornire loro la rintracciabilità del prodotto? Stiamo attenti perché questo aspetto coinvolge anche e soprattutto il settore ittico dove spesso e volentieri il ristoratore a bassissima voce ci dice che il pescato è fresco e di zona appena pescato, in questo caso, dal sub o dal pescatore amatoriale o sportivo di fiducia. Sicuramente avrò incentivato la così detta economia circolare, avrò soddisfatto le richieste dei mei clienti ma sono sicuro di aver ottemperato ai termini di legge? La risposta è ovviamente no. Perché chi mi ha venduto gli ortaggi o il pesce non ha rilasciato né fattura né scontrino fiscale, né tantomeno il venditore mi ha garantito l’esatta provenienza dei prodotti alimentari se non sulla parola e sulla fiducia. Ricordo che Le Linee guida per la tracciabilità dei prodotti ortofrutticoli recepiscono il Regolamento (CE) n.178/2002, che stabilisce i requisiti della legislazione alimentare in termini di sicurezza e rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi e degli animali. Tengono conto, inoltre, della normativa europea in materia di etichettatura e di informazione al consumatore. Ma cosa dicono i regolamenti? Bè il concetto di tracciabilità dovrebbe già aver trovato una certa dimestichezza nei ristoratori visto che il primo Regolamento fu emanato circa venticinque anni fa con il Reg, (UE) 820/97 e con il Reg. 1760/2000 ma solo dal 2002 con il Reg. 178/02 si è cominciato a far circolare nel settore questa manna fastidiosa e complicata del concetto di tracciabilità e rintracciabilità. Ma qual è la sottile linea che divide il concetto di tracciabilità e rintracciabilità di un prodotto alimentare. Sgomberiamo intanto il campo che investe la qualità e diciamo che la tracciabilità e la rintracciabilità dei prodotti alimentari non hanno nulla a che vedere con l’aspetto legato al concetto di qualità del prodotto alimentare. La tracciabilità e la rintracciabilità sono stati istituiti solo per rendere più facili le operazioni di controllo agli organi ufficiali. Torniamo all’esempio del rosticciere o del servizio di gastronomia che ci offre l’imprenditore. Ricordate l’esempio del nostro ristoratore scrupoloso del Km zero? Ebbene quando io preparo il mio tramezzino o il mio piatto posso in autonomia designarne e indicarne il numero di lotto e data di produzione e/o scadenza.
“A questo punto il mio prodotto finito è tracciato avendo soddisfatto le richieste di lottizzazione e data di scadenza. Ma se mi si dovesse chiedere la rintracciabilità dei prodotti, come la mettiamo? La rintracciabilità viene definita dal Regolamento (CE) n. 178/2002 come: “La possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione” (art. 3, comma 15). Per soddisfare questa indicazione è bene che l’ OSA (operatore del settore alimentare è la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo.) richieda quantomeno un documento fiscale ai venditori e che questi documenti vengano registrati e implementati nel manuale di autocontrollo (che è cosa ben diversa del manuale HACCP). I consumatori possono sempre richiedere informazioni sui prodotti alimentari ma la cosa importante per loro (tutti noi) è saper leggere bene i menù e gli ingredienti. Attenzione quando leggiamo che tra la composizione di un alimento figurino alimenti DOP o IGP che sono marchi che hanno una strettissima relazione con il concetto di qualità a differenza della tracciabilità e che ci fanno anche spendere qualche soldino in più. Naturalmente la tracciabilità è rintracciabilità per i prodotti a marchio di garanzia di qualità come appunto le DOP e le IGP diviene più scrupolosa e certosina. Una nota in chiusura sull’igiene dei prodotti che consumiamo fuori casa, che siano DOP o convenzionali, di agricoltura biologica o a Km zero le condizioni igienico sanitarie devono essere sempre garantite e rispettate per la garanzia e la tutela della salute pubblica e dai consumatori come da Reg. 852/04.”
Antonio Paolillo, Tecnologo Alimentare