Il Tar del Lazio, come da prassi consolidata, ha ordinato al ministero dell’Interno il deposito delle relazioni integrali (prive di omissis) della Commissione di accesso agli atti e di quella del prefetto di Vibo che hanno portato il 23 aprile allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Tropea (principale localita’ turistica calabrese) guidato dal sindaco Giovanni Macri’ che, insieme all’ex vicesindaco Scalfari e al consigliere Monteleone ha presentato ricorso al Tar che ha ora fissato l’esame nel merito del ricorso per l’udienza di giorno 8 gennaio 2025.
Per il ministro Matteo Piantedosi, per il Municipio di Tropea si e’ in presenza di “rilevanti, univoci e concordanti elementi sul condizionamento mafioso degli organi politici e amministrativi dell’ente, atteso il sostegno elettorale della cosca di ‘ndrangheta dei La Rosa al sindaco e alla sua lista nelle elezioni del 21 ottobre 2018. Sindaco, vicesindaco e un assessore – sostiene la relazione del ministro – hanno inoltre stretti legami parentali e assidue frequentazioni con esponenti della criminalita’ organizzata e cio’ ha condizionato l’attivita’ amministrativa in favore di ambienti controindicati”. Il titolare del Viminale ha poi ricordato che il custode del cimitero e’ stato arrestato per “estumulazioni illecite al fine di riutilizzare i loculi e destinarli ai defunti di appartenenti alla locale cosca, nonche’ degli stessi amministratori e, in particolare, del sindaco”.
Il ministro sottolinea anche “che nel settembre 2020 il custode del cimitero, nonostante una richiesta di rinvio a giudizio per truffa (assenteismo) ai danni del Comune, ha addirittura ricevuto dal sindaco una benemerenza per abnegazione al lavoro”. Rilievo poi a “ben 110 affidamenti diretti in favore della stessa ditta e 61 in favore di altra impresa senza gare d’appalto”, mentre sono emerse pure “cene e compleanni festeggiati tra la moglie del boss di Tropea, la moglie del sindaco, la madre di un assessore e la moglie di un condannato per mafia”.
Infine, il ministro ha ricordato che procuratore di Vibo e Dda di Catanzaro hanno evidenziato “la consapevolezza dei rapporti fra ambienti amministrativi e criminalita’ organizzata, con l’assenza di legalita’ nel Municipio e una preoccupante compromissione dell’amministrazione comunale rimasta inerte persino sugli abusi edilizi del boss in un immobile di edilizia pubblica illecitamente occupato”.