Conosceva più o meno a memoria tutte le formule ed i riti da seguire per chi fosse affiliato all'”onorata società” o volesse entrare a far parte della ‘Ndrangheta, Salvatore Giacobbe, tra le 14 persone arrestate per essere stato alla guida e aver ricostituito un gruppo criminale con legami con il clan dei Piromalli di Gioia Tauro, ma operativo a Milano e nell’hinterland, che ha esteso il suo raggio di azione in Lombardia e anche in Piemonte. E’ quanto testimonia una lunga intercettazione del 16 febbraio 2020 tra Giacobbe e Giovanni Caridi, anche lui in carcere, riportata nell’ordinanza firmata dal gip Sonia Mancini e ritenuta centrale “perché non solo contiene dichiarazioni autoaccusatorie (…) ma soprattutto perché è valida (…) a delineare (…) quella che potrebbe essere definita la stessa ‘essenza’ mafiosa del gruppo”. Gruppo che ha interloquito con altre mafie, come la camorra, e con altri clan a seconda del settore dell’attività criminale con cui fare affari.
“Non siamo, infatti, dinanzi ad una compagine di calabresi trasferiti al nord che, nel delinquere, – prosegue il giudice – vogliono semplicemente emulare o scimmiottare atteggiamenti e metodi dei boss della propria terra di origine, ma siamo innanzi a soggetti che hanno culturalmente interiorizzato e condiviso tutto quel nucleo di regole e rituali della Ndrangheta più profonda e tradizionale”.
Come scrive il giudice Mancini, le regole e i rituali tradizionali della ‘Ndrangheta “costituisce la base stessa su cui i Giacobbe hanno solidamente costruito – e soprattutto mantenuto – sia le gerarchie interne della propria compagine criminale che, e non secondariamente, i rapporti e le gerarchie ‘esterne’ con altri gruppi criminali omogenei ma distinti, con i quali è, infatti, essenziale spartirsi – coordinandosi – i settori illeciti di competenza”. E così, nel corso della conversazione, Giacobbe, che aveva la “dote di Vangelo”, impartisce al suo fedelissimo una lezione sui rituali “delle iniziazioni” che appartengono ai secoli scorsi. Spiega, per esempio, le modalità del “battesimo” o “rimpiazzo” (‘…a voi… sì! Quando hanno fatto… tagliato la coda’), cui dovevano essere presenti cinque persone (…) ed occorreva pronunciare alcune formule rituali (‘…il cuore mi taglierei non so parlare, dei nostri sogni lontani [inc.le]…e [inc.le]… tu lo sai [inc.le]… il nostro compagno di sangue’). Inoltre fa riferimento all’esistenza di una sorta di organo giurisdizionale all’interno di ogni locale a cui era demandato il compito di giudicare eventuali colpe degli associati, il “Tribunale di Omertà”, e parla di quando formano “i stiddi” (…) …quando formano i capi della Ndrangheta”. E poi recita una formula: “una zampa di cavallo alla romana, dove si forma la società si deve sedere con cinque ramoscelli nella mano destra e con cinque nella mano sinistra con parole d’omertà è formata ‘sta onorata società!!!”.